La voce italiana dell’autore di culto Thomas Ligotti, ispiratore di “True detective”

Parla Luca Fusari, traduttore dei racconti da cui è nato anche lo spettacolo degli Orthographe in scena al Rasi di Ravenna dal 16 al 21 aprile

LucafusariTraduttore dall’inglese di una molteplicità di autori per numerose case editrici, Luca Fusari è stato anche il traduttore, per Il Saggiatore, del testo di Thomas Ligotti Teatro grottesco a cui è ispirato lo spettacolo degli Orthographe in scena al Rasi dal 16 al 21 aprile (info a questo link).

Autore di culto, personalità schiva, i suoi testi sono stati più volte premiati ed è arrivato al grande pubblico per essere stato uno degli autori di riferimento degli sceneggiatori della fortunata serie tv True Detective. Abbiamo chiesto di parlarcene a Fusari, che ci tiene a precisare di non «essere un critico letterario», ma di certo, come traduttore è un lettore a dir poco “speciale”.

Perché questo libro è considerato un capolavoro, secondo te?
«Io l’ho trovato unico, perché racconta cose inaspettate, riesce a portarti in mondi e in ambienti che mai avresti immaginato, senza sfruttare o riproporre i cliché dell’horror. È soprattutto un autore dalle grandissimi atmosfere, dove riesce a immergerti completamente. Un altro elemento che lo distingue molto è che scrive racconti, e riesce quindi a rendere tutto questo sulla media e breve distanza».
Eppure, anche se non ne usa i cliché, è “classificato” come letteratura horror…
«Sì, ma è un horror metafisico: l’orrore è soprattutto psicologico, è l’orrore dell’anima, dell’interiorità, un’atmosfera, come dicevo, in cui ci si trova completamente immersi».
Qual è stato il primo problema che ti sei posto quando hai iniziato il lavoro di traduzione?
«Innanzitutto, la lingua che usa, che è molto piana, con un lessico molto medio e a volte vuole essere addirittura un po’ obsoleta. Non solo, utilizza moltissimo le ripetizioni, un tic sicuramente più accettata in inglese ma che ho ritenuto dovesse passare anche nell’italiano, mi sembrava essenziale per rendere quel ritmo lento e a volte faticoso che lo caratterizza. La difficoltà principale è stata proprio quella di evitare di semplificare e snellire per renderlo più leggibile».
È una scelta che hai fatto per un autore così complesso o che caratterizza il tuo lavoro in generale? Traduci autori molto diversi, per pubblici diversi, come interpreti il tuo ruolo? Credi di doverlo rendere evidente?
«Tutt’altro, se il libro che traduco piace voglio che il merito sia dato tutto all’autore, al suo stile. Il mio compito è renderlo al meglio. Certo, è giusto che anche il lettore sappia che il libro non nasce in italiano, Ma il mio sforzo è quello di non fare scelte invasive, di attenermi anche a scelte che un autore italiano non farebbe».
La scelta del titolo in Italiano di Teatro grottesco?
«In realtà era lo stesso dell’originale, con la differenza che in originale aveva un impatto diverso perché era appunto in un’altra lingua. Si è anche valutato per un titolo in inglese, per mantenere questo effetto, ma poi è rimasto così».
Lo spettacolo degli Orthographe lo hai visto? Come ti è sembrato?
«Mi è piaciuto molto, l’ho trovato molto azzeccato, credo che abbiano restituito quelle atmosfere di cui ti parlavo nella messa in scena minimale con dettagli molto azzeccati e mi è molto piaciuta anche l’intepretazione che rende bene il ritmo».
Ligotti è un personaggio schivo e quasi leggendario per la sua lontananza dai riflettori. Lo hai contattato durante la traduzione?
«In realtà no, è una cosa che mi capita di fare ma non in quel caso. Mi sono confrontato molto con la redazione del Saggiatore. Più tardi, però, mi fu chiesta un’intervista e dovetti fare tutta la trafila attraverso l’agente e l’editore italiano. Va detto però che in realtà, una volta raggiunto, è sempre molto disponibile nelle risposte, ama molto spiegare perché scrive».
Un’ultima domanda più generale al traduttore: siamo in un’epoca di grande cambiamenti nel mondo editoriale italiano. Secondo te, stiamo traducendo le cose giuste?
«Sono solo un traduttore e l’argomento è davvero vasto e complesso. Posso però sicuramente dire che ci sono soprattutto tante medie e piccole case editrici che fanno proposte interessanti e scelte coraggiose. In generale i libri sono tantissimi, quello che mancano sono i lettori».

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