Il romanzo visivo che racconta l’evoluzione temporale della Darsena

Fino al 19 giugno il progetto “Guardare dentro”, in cinque luoghi nel quartiere di Ravenna, con una selezione di fotografie e pellicole raccolte grazie a una chiamata pubblica. Sabato 18 una visita guidata

Mostra Guardare Dentro Darsena Candiano

Allestimento della mostra lungo il muro della Setramar in via Luigi Cavalcoli, sul lungocanale Candiano (già via D’Alaggio)

L’innocenza degli oggetti raccontata da Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, è la teoria che ha sostanziato un suo bel romanzo – un racconto d’amore che si amplia a comprendere la storia di due famiglie e di Istanbul negli anni ’70 – e ha contemporaneamente dato vita a un museo omonimo: il cosiddetto “museo dell’innocenza”, aperto dal 2012 in un quartiere della capitale culturale della Turchia, raccoglie gli oggetti dei protagonisti del romanzo. In modo parallelo al libro, collegato ma anche svincolato da esso, il museo espone mappe, fotografie, mobili e chiavi, oggetti d’arredo e abiti, accessori per donna e tante altre cose in modo da ripercorrere una storia minima, fatta da persone comuni, secondo quella tradizione tanto cara alla scuola storica francese. Nonostante un rapporto dichiarato con la finzione narrativa, il museo dell’innocenza presenta oggetti portatori di un’essenza di vita inalienabile, dispositivi esistenziali veri e verosimili, contestualizzati in una città riconosciuta dalle memorie di persone reali.

Per questi motivi il museo dell’innocenza è uno dei motivi ispiratori di “Guardare dentro”, una mostra fotografica diffusa in cinque luoghi nel quartiere Gulli-Darsena di Ravenna, aperta fino al 19 giugno.
Progettata e realizzata dall’associazione “Sguardi in camera”, all’interno del progetto europeo “Dare” sui temi della transizione digitale e rigenerazione urbana, l’esposizione raccoglie una selezione di fotografie e pellicole provenienti da archivi familiari e realizzate fra inizio ‘900 e la metà degli anni ’80. Raccolte grazie a una chiamata pubblica nel dicembre 2020 a cui hanno risposto 41 famiglie ravennati, le immagini hanno il comune denominatore di riguardare tutte il quartiere Gulli-Darsena, i suoi abitanti, le abitazioni e i rituali di vita, il lavoro e il paesaggio urbano nella sua evoluzione temporale.

Dei cinque luoghi di esposizione solo tre sono sempre aperti al pubblico per cui consigliamo di vedere la mostra in occasione di una visita guidata – in particolare, quella organizzata in bicicletta sabato 18 giugno – o di visitare le sedi aperte dopo aver ascoltato il podcast (sul sito web di darsenaravenna) in 6 brevi puntate che illustra la mostra a partire dalla banchina di via Cavalcoli.
Lungo la Darsena, sui muri della Setramar, sono esposti in formato manifesto una serie di fotografie appartenenti a persone che abitavano o lavoravano in Darsena. Le torri della Sarom, un gruppo di operai al lavoro, alcuni che nel momento di riposo giocano a carte, lo scarico di enormi tronchi e le navi di passaggio lungo il Candiano, restituiscono alcuni momenti della vita lavorativa lungo le banchine di carico e scarico merci, frammenti di un mosaico ricomposto in una spettacolare visione aerea della zona industriale di diversi decenni fa, quando la zona si estendeva solo fino al ponte mobile. Grazie alla voce dei protagonisti – Gianni Montanari, Marco Garoni, Maria Giulia Benini – o delle guide del progetto – Silvia Savorelli e Giuseppe Pazzaglia – le immagini riprendono vita e descrivono luoghi di lavoro diversi, alcuni ormai scomparsi o spostati oggi in altre zone, il quotidiano fatto di passeggiate domenicali a pochi passi da casa: Paola Ceroni racconta tramite alcuni scatti il suo avanzare dalla giovinezza alla vita adulta lungo la Darsena dove abitava mentre del 1961 è una fotografia in bianco e nero di una ragazza – divenuta poi immagine guida alla mostra – ripresa sullo sfondo delle navi mercantili nel canale.

Fabbrica Sarom Anni '50

Ginetta Vallicelli sullo sfondo della raffineria Sarom (1952-53)

La seconda tappa conduce alla sede vecchia del tiro a segno – sezione di mostra aperta solo durante le visite guidate – in cui sono esposte molte immagini suddivise per temi: le banchine, gli abitanti della Darsena, le diverse fasi di realizzazione della Sarom, i ritratti, la dimensione dell’acqua. Di nuovo le immagini danno voce a storie di immigrazione – operai e famiglie giunte da altre regioni italiane per lavorare nei nuovi complessi industriali di Anic e Sarom – e di un’epoca di sviluppo e scomparsa di fabbriche e stabilimenti, fissata negli scatti semiprofessionali di Marco e di suo padre Franco Garoni, fino alla nascita della sede dello stesso tiro a segno nel 1895. L’acqua diventa il teatro dei giorni di riposo che sfida la memoria dei boomer spettatori in mostra nel ricordare gli strani motorini che distribuivano gelati al mare o le acque trasparenti del Candiano dove ci si poteva tuffare. Nel giardino sono collocati i ritratti a cui si legano le memorie degli abitanti, di chi lavorava in Darsena come portuale o “pilotino”, di chi – come Silverio Rivalta – fu fra i primi ad avere aperto la propria attività imprenditoriale nella zona.

Le due tappe successive hanno sede in via Fiume ai numeri civici 11 e 23: le sezione di famiglie in esterno e in interno rammentano la vita quotidiana, i giochi dei bambini, gli avvenimenti familiari di rilievo, il trebbo delle donne davanti all’uscio di casa e restituiscono una via Gulli ancora in terra battuta, come nella foto in cui è ritratta Maria Rosaria Focaccia. Scorrendo
gli anni, una foto nel quartiere del 1940 mostra un bambino a cavallo di una bici su cui sono apposte le bandierine dell’alleanza fascista internazionale dell’epoca, un’altra del 1951 presenta babbo e figlia in un cortile delle case popolari della zona, la stessa dove Olimpia Zoffoli – ritratta con le amiche nel trebbo – organizzava distribuzione di latte alle mamme in difficoltà assieme all’Unione Donne Italiane e dove nel 1957 Sergio Montanari con l’amico Rambelli imitavano con chitarra e microfono l’idolo Elvis. Ultimo fra i tanti racconti che definiscono la trama di questo romanzo visivo è quello che illustra una foto del 1952, in cui Ginetta Vallicelli si fa fotografare sullo sfondo delle grandi torri Hamon della Sarom: una immagine di speranza per un futuro che si credeva moderno e prospero, smentito dalla consapevolezza di oggi e dalle indimenticabili immagini di Antonioni realizzate per Deserto rosso.

Mostra Guardare Dentro Darsena Ippodromo

Allestimento della mostra fotografica nella tribuna dell’ex ippodromo

L’ultima tappa della mostra – nella tribuna dell’ex ippodromo – raccoglie immagini legate allo sport, agli incontri e occasioni ospitati in questa stessa sede attraverso il ‘900. Storiche le immagini prove- nienti dal fondo Trapani della CMC che raccontano la costruzione della tribuna nel 1930, quella del fondo Rivalta che immortala un gruppo di spettatori ad una delle prime gare di trotto nell’ippodromo, o quelle degli sport e delle squadre che uniscono attraverso le generazioni i romagnoli di ogni tempo fra canottaggio, ciclismo e calcio.

“Guardare dentro. Le immagini del quartiere Darsena negli archivi privati” – fino al 19 giugno. Sedi e orari: Tiro a segno (via Cavalcoli); Appartamento Acer (via Fiume 11); Cortile Acer (via Fiume 23): Sa-Do 16- 19. Muro Setramar (via Cavalcoli, sempre visibile). Ex Ippodromo (via Timavo 22D): Lu-Ve-Sa-Do 9-21. Visita guidata in bici ai luoghi della mostra: 18 giugno, ore 16.30 (prenotazioni: 351 9012185 – sguardiincamera@gmail.com). Presentazione progetto e proiezione con musica live: 24 giugno, ore 18 e 21

Info e approfondimenti sul quartiere sul sito web darsenaravenna

 

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