Lido Adriano: visi, corpi, storie si intrecciano per dare corpo alla comunità

Oltre duecento persone di ogni età e provenienza ai laboratori del Cisim in vista del Grande Teatro al debutto per Ravenna Festival. Il nostro report

Grande Teatro Lido Adriano (2)

Se ne sentiva parlare da un po’, ma ora il Grande Teatro di Lido Adriano (GTLA) è realtà e – dal 28 maggio al 2 giugno – sarà in scena al Ravenna Festival 2023 con la sua prima creazione, l’antico poema persiano Mantiq At-Tayr – Il Verbo degli uccelli.

Il lavoro è la prima tappa di un progetto comunitario pluriennale che origina dal centro culturale Cisim di Lido Adriano, gestito e diretto dal Lato Oscuro della Costa, ma è nato da un’ispirazione di Luigi “Gigio” Dadina, cofondatore del Teatro delle Albe (vedi intervista qui a ­anco), incarnata poi dal motore del Cisim – Lanfranco “Moder” Vicari, Federica Francesca Vicari e Massimiliano Benini – che, assieme a Tahar Lamri, Federica Savorelli, Francesco Giampaoli, Nicola Montalbini e Alessandra Carini, gestisce la produzione con Ravenna Festival (grazie anche al contributo del Comune di Ravenna).

Coordinate da Dadina, dal dicembre 2022 oltre duecento persone di ogni età e provenienza, tra attori non professionisti, musicisti e altri dietro le quinte, animano sette laboratori artistici guidati da artisti e professionisti che lavorano alla creazione dello spettacolo ­nale. Il Cisim si rimette dunque in discussione, con i laboratori artistici (ancora aperti a nuove partecipazioni) che diventano percorso di creazione collettiva, corale, necessaria per costruire un grande coro che andrà in scena nel giardino del centro culturale.

«Lo spettacolo – sottolinea Tahar Lamri, scrittore e intellettuale – è già in atto con questi laboratori, in questa fase di creazione dove visi, corpi e storie si incontrano e si riuniscono». Il Grande Teatro di Lido Adriano non pensa infatti allo spettacolo come prodotto ­nale, pronto da esibire a un pubblico giudicante, ma si nutre del processo che conduce a quel prodotto, vive del lavoro di gruppo, quotidiano, coinvolgente una molteplicità di persone che, legate da rapporti inediti, si valorizzano a vicenda e, con la collaborazione costante, ricevono e danno signi­ficato. Bambini e anziani, uomini e donne, persone di diversa estrazione sociale, cittadini che hanno diversi abitudini, mestieri e capacità, contribuiscono ognuno con il proprio bagaglio di cultura, creatività, esperienza di vita alla realizzazione di uno spettacolo la cui essenza risiede nel fare teatro.

Grande Teatro Lido AdrianoL’idea è quella di non avere protagonisti, ma vivere e agire in collettività, per la collettività. Un gruppo di artisti che dialoga con la comunità, non solo di Lido Adriano, ma una comunità cosmopolita che parte dalla provincia di Ravenna ­no ad approdare ai rifugiati del Cidas. Una pluralità di volti, voci e corpi che andranno a costruire Mantiq At-Tayr. Nello specifi­co, i laboratori che si stanno susseguendo, tutti gratuiti, constano di tre workshop di teatro – uno per bambini e uno per ragazzi e adolescenti guidati da Lorenzo Carpinelli, più uno serale per adulti guidato dal regista Luigi Dadina e dal direttore artistico Lanfranco Vicari –, uno di rap guidato da Vicari e Albino Nocera, e uno di musica guidato da Francesco Giampaoli ed Enrico Bocchini. Quindi un laboratorio di sartoria creato in collaborazione con Librazione società cooperativa, guidato da Simona Tartaull e Natascia Ferrini (con la collaborazione di La Cuciria di Stefania Pelloni); infi­ne un laboratorio di scenografi­a guidato dall’artista visivo Nicola Montalbini e dalla gallerista Alessandra Carini.

Ma di cosa parla questo Il Verbo degli uccelli? «Abbiamo elaborato il testo a partire dal celebre poema sapienziale di Farid Ad Din Attar, autore persiano del XII secolo, da cui già Peter Brook nel ’79 trasse La Conférence des Oiseaux – spiega Lamri –. Gli uccelli si trovano e sentono la necessità di avere un re, un ordine, una rappresentanza. L’upupa li informa che il re esiste: il Simorgh. Bisogna andare alla sua ricerca. Dopo molte peripezie, dopo aver varcato le sette valli (quella della Ricerca, dell’Amore, della Comprensione, dell’Indipendenza, dell’Unità, dello Stupore e della Povertà), trenta di loro arrivano alla meta. Alla soglia della settima valle si accorgono che Simorgh è uno specchio in cui si riflette la loro immagine. Il ­ne del viaggio è la ricerca di se stessi».

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