Aria di rivoluzione in scena, fra matti eversivi e diversamente abili

Al Ravenna Festival il debutto di “Marat/Sade” di Nerval Teatro, frutto dei  laboratori “Il teatro è differenza” di Fabrizio Lupinelli e Elisa Pol

Marat Sade Scena

foto di Marco Parollo

Chissà che cosa avranno provato i parigini nel 1789 quando hanno assaltato la Bastiglia, antica prigione, simbolo della tirannia e dell’assolutismo francese; quale ostinazione e coraggio sono insiti in chi prova a sradicare un sistema quasi millenario come quello della monarchia francese.
La rivoluzione tuttavia non è solo nei libri di storia ma anche nella vita di tutti i giorni, a Ravenna, ad esempio, in un recente giovedì estivo, al Teatro Alighieri, capeggiata da Maurizio Lupinelli e condotta dalla compagnia Nerval Teatro, attraverso lo spettacolo Marat/Sade: le due rivoluzioni – ispirato al Marat/Sade. La persecuzione e l’assassinio di Jean-Paul Marat di Peter Weiss – scritto da Eugenio Sideri e messo in scena per il Ravenna Festival

Di quante persone sarà stata gremita la folla che ha fatto scoppiare la Rivoluzione Francese? Alla “rivoluzione teatrale ravennate”, invece, hanno aderito il regista, ventisette attrici e attori del Laboratorio Permanente Il teatro è differenza, quindici partecipanti della non-scuola del Teatro delle Albe e cinque attori professionisti: una cinquantina di persone, tutte insieme sul palco.

Marat/Sade si svolge all’interno di un manicomio: i pazienti detenuti mettono in scena l’assassinio di Jean-Paul Marat diretti da De Sade. Sin dall’inizio dello spettacolo si vive un senso di perturbazione, dovuto dalla moltitudine di persone che colorano il palco. Le azioni spesso sono confuse, le intenzioni indefinite: lo spettatore è talvolta disorientato dalla pletora di azioni, gesti, movimenti e battute.
Marat, fervido sostenitore della Rivoluzione Francese, viene assassinato in una vasca da bagno mentre sta lenendo una ferita. E i ragazzi sul palco, invece? Per quale tipo di rivoluzione si stanno prodigando? Quali conseguenze avrà la loro rivolta?
Sono un coro, una folla che chiede diritti: «Vogliamo i fatti» – gridano all’unisono. Come tutti i rivoluzionari desiderano un cambiamento a causa di vicissitudini non più tollerabili. Sono anche dei pazienti di un manicomio: sul palco la sedia voluminosa per l’elettroshock lo ricorda. Il loro punto di vista sul mondo è diverso, ma non per questo sbagliato, anzi. Tuttavia, sul palco una quindicina di militari di tanto in tanto mette ordine energicamente allo scompiglio.

Le scene sono veloci, anche le battute in rima degli attori professionisti, i tempi spesso non sono calibrati e alcuni passaggi sono nebulosi. Ma a un certo putno tutto appare limpido, lucminoso, quando una ragazza con il tulle bianco e il body candido come il suo sorriso puro e cristallino, danza. Bellissima perché imperfetta, con una grazia innata senza studio e senza regole. E si inchina, si inchina, prendendosi gli applausi.

E poi il finale. Luci sulla platea, silenzio assoluto e sguardo serio da parte di tutti gli attori sul palco mentre, immobili, ci guardano dall’alto. Nella mente si susseguono interrogativi retti dalla fragilità umana: perché ci guardano? Siamo strani? Che cosa abbiamo fatto di male? Siamo così diversi da voi? Chissà quante volte si sono sentiti così i partecipanti del laboratorio Il teatro è differenza, un gruppo di ragazzi diversamente abili che si è esibito nel loro primo spettacolo.

Elisa Pol, fondatrice di Nerval Teatro insieme a Maurizio Lupinelli, si era “scusata”, in principio, con il pubblico; aveva comunicato che lo spettacolo sarebbe stato atipico e forse non all’altezza delle aspettative dello spettatore. Sul finale si capisce che i veri matti siamo noi con la nostra mania di una perfezione che non esiste, di un’esclusività così insulsa; che implica la necessità di chiedere “scusa”, perché lo spettacolo non è secondo i canoni conformisti.

La Rivoluzione rappresentata e vissuta in scena si conclude con un applauso fragoroso e lungo, lunghissimo da parte del pubblico e con il sorriso sul volto di tutti. Gli attori sono entusiasti e visibilmente felici. Che cosa importano le battute dimenticate, i tempi non azzeccati quando – almeno per una sera – tutti i partecipanti del Teatro è differenza si sentono giusti, felici e perfetti così.

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