L’ardita e originale messa in scena del “cuore” poetico di Amelia Rosselli

Protagonisti del recente spettacolo teatrale al Ravenna Festival, l’attrice Elena Bucci e il musicista e compositore Luigi Ceccarelli

Bucci Ceccarelli Poetessa Rosselli

Foto di Luca Concas

Ardito e inusuale dedicare un intero spettacolo a una musicologa e poetessa impenetrabile, sfuggente e «irriducibile a comode classificazioni nostrane» come Amelia Rosselli. Ad azzardare sono stati l’attrice pluripremiata, Elena Bucci, e il compositore elettroacustico, Luigi Ceccarelli, al Teatro Rasi di Ravenna per il Ravenna Festival in uno spettacolo sperimentale come la poesia di Amelia Rosselli, apolide e poliglotta, intitolato Se resistere dipende dal cuore. L’attrice, vestita con un abito lungo e rosso, scalza, racconta la biografia – costellata di lutti, di lingue e di luoghi – di Amelia Rosselli, inscindibile dalla sua parabola poetica e musicale.

Nata a Parigi nel 1930 da madre inglese e da padre italiano, all’età di sette anni Amelia Rosselli subisce un trauma che la accompagnerà per tutta la vita: il padre Carlo Rosselli e suo zio, attivisti antifascisti, sono uccisi dal regime di Mussolini. Fuggita in Inghilterra con la sua famiglia, si trasferisce poi negli Stati Uniti. Si stabilisce in Italia nel 1948 prima a Firenze e poi a Roma. Nel 1949 la sua vita è attraversata dal lutto della madre a cui segue, tre anni dopo, quello di Rocco Scotellaro, poeta italiano con cui aveva stretto un forte legame. La vita è riassunta dalla stessa poetessa all’interno della raccolta Variazioni belliche: «Nata a Parigi travagliata nell’epopea della nostra generazione fallace. Giaciuta in America fra i ricchi campi dei possidenti e dello Stato statale. Vissuta in Italia, paese barbaro. Scappata dall’Inghilterra paese di sofisticati. Speranzosa nell’Ovest ove niente per ora cresce».

Le liriche di Amelia Rosselli sono folte di neologismi (vestiare, viandare, deglutare), prestiti adattati (ombrella, misavventura) e non adattati (car, partner), dalla fusione di parole (ereditaggio: eredità+retaggio) e dall’intercambio di generi (la sua fallimenta, nida d’ironia). Causa di questo miscuglio di lingue è la formazione cosmopolita della poetessa – rara nella seconda metà del Novecento e più comune ora: era una spatriata, come la definiremmo oggi, nel 2023, una cittadina del mondo.
Leggere la Rosselli significa entrare in un mondo indecifrabile in cui si registrano «un’aperta violazione, sia lessicale che sintattica, delle norme dell’italiano» e una propensione al suono. Se resistere dipende dal cuore – titolo della performance ma anche un verso del poemetto Impromptu dell’autrice – è sperimentale come la poetica della Rosselli e fedele alla sua dedizione alla musica e alla ricerca.

L’effetto alienante della biografia e della poesia della Rosselli è stato restituito nello spettacolo: la vita piena di colpi di scena è riprodotta con suoni che si impennano all’improvviso; la voce di Elena Bucci si trasforma repentinamente da cauta a stridula, la postura ferma e decisa è in un attimo scomposta. La voce dell’attrice tende alla musica come quella della Rosselli: la poesia e la musica si intersecano indissolubilmente. Musica e poesia per lei erano totalmente affini, tenute insieme dall’interesse per le strutture e dal rigore scientifico, come dichiara la stessa poetessa nella sezione Spazi metrici di Variazioni belliche: «Una problematica della forma poetica è stata per me sempre connessa a quella più strettamente musicale, e non ho in realtà mai scisso le due discipline, considerando la sillaba non solo come nesso ortografico ma anche come suono, e il periodo non solo un costrutto grammaticale ma anche un sistema. Definire la sillaba come suono è però inesatto: non vi sono “suoni” nelle lingue: – la vocale o la consonante nelle classificazioni dell’acustica musicale si definiscono come “rumore”».

Oltre alla biografia della poetessa, sono state riportate sul palco le sue riflessioni inerenti alla poesia, alla solitudine, alla malattia – la sua vita era stata segnata da disturbi mentali e spesso era stata ricoverata – e alla morte. Tra quelle citate durante la performance si ricorda: ci si può dedicare alla poesia e nel frattempo alla vita?
Al monologo di Elena Bucci si alternano la voce della poetessa – registrata da Luigi Ceccarelli che conobbe personalmente Amelia Rosselli – ed echi, rimbombi, parole storpiate e sghembe, frasi in italiano pronunciate da persone diverse con un’intonazione francese, frasi in inglese con un accento diverso da quello anglofono, voci francesi con un’impostazione italiana.
Al di là del fatto che lo spettatore medio non è abituato al suono di rumori elettroacustici – eseguiti dal vivo – e che dunque, una performance di un’ora e mezza potrebbe risultare troppo lunga, la bravura di Elena Bucci è impeccabile, la sua voce versatile si presta a evocare una poesia pingue di variazioni di ritmo, echi di lingue diverse, furie, dolcezze, slanci cupi e cristallini.
L’idea di mettere in scena una poetessa conosciuta solo da un élite – di fatto, Amelia Rosselli è una poetessa contemporanea apprezzata ai suoi esordi da Pasolini e unica poetessa inserita in Poeti italiani del Novecento dal critico letterario Pier Vincenzo Mengaldo – è di per sé una scelta coraggiosa e lodevole.

La vita di Amelia Rosselli si conclude con un’azione eroica secondo una visione romantica; con un suicidio: un volo dal quinto piano lungo via del Corallo a Roma in un primo pomeriggio domenicale nel 1996. Tuttavia, il suicidio è un atto sublime a livello letterario; nella vita accade quel che Elena Bucci compie alla fine dello spettacolo: si allontana dal palco, piano piano, con grazia ed eleganza, quasi senza far rumore.

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