Mike Stern, un “guitar hero”, pioniere della fusion, fra elettricità e lirismo

Il 23 luglio, al Pavaglione di Lugo, gran finale del Ravenna Festival con Mike Stern, mirabile chitarrista oltre i confini del jazz e del rock

Mike Stern

Mike Stern (foto Sandrine Lee)

Sulla spinta di una ritmica scalpitante come poche (con l’allora emergente Marcus Miller al basso e il veterano Al Foster alla batteria), la tromba lunare di Miles Davis si rifà sentire dopo sei anni di silenzio, punteggiata da una chitarra che trasuda elettricità facendosi largo piano piano per scaricare tutta la propria energia in un assolo potente: è “Fat Time”, brano di apertura di The Man With The Horn, album del 1981 che riportò appunto sotto i riflettori il “principe delle tenebre”, lasciando di stucco quei fan davisiani che si aspettavano un ritorno al passato, pre svolta elettrica, da parte del loro idolo. Il nome di colui che maneggiava la sei corde con tale impeto, ma anche con grande lucidità espressiva, era ancora sconosciuto ai più, ma da lì in avanti sarebbe diventato molto familiare a tutti i cultori del jazz elettrico o, che dir si voglia, della fusion music.

Mike Stern – si sta ovviamente parlando di lui – è ormai da decenni uno dei più acclamati guitar heroes, riconoscibilissimo per le sue impennate solistiche che esaltano un naturale lirismo gettando un ponte tra jazz e rock, ma anche per quel suo spiccato senso ritmico con il quale tiene sempre altissimo il livello di tensione e di forza propulsiva. Tornando al Miles Davis dei primi anni Ottanta, al cui fianco il chitarrista rimarrà stabilmente fino al 1983 per poi condividere un tour nel 1985, Stern è partecipe anche del live We Want Miles e di Star People, da più parti considerato uno dei pilastri della discografia del trombettista, nel quale compare anche John Scofield, coinvolto pure per qualche tempo on stage formando così un notevole tandem chitarristico con il di poco più giovane (due anni) collega di strumento.

Prima di allora Mike Stern, nato a Boston il 10 gennaio 1953, si era fatto le ossa con i Blood Sweat and Tears, non prima di essersi messo d’impegno negli studi al Berklee College of Music: «Avevo 12 anni quando iniziai a suonare la chitarra. Mia mamma voleva che suonassi il pianoforte, ma io decisi di imparare la chitarra. Ciò mi diede un senso di indipendenza che fu molto gratificante», racconterà dei suoi primi passi musicali. «Mi piaceva la sensazione che mi dava la chitarra e quindi mi appassionai a questo strumento. Ma non ho fatto le cose sul serio fino a quando non sono andato al Berklee nel 1971». In quella che è considerata l’università del jazz per antonomasia, Stern si distacca dai suoi primi modelli blues e rock – B.B. King, Eric Clapton e Jimi Hendrix – per immergersi nella musica di Miles Davis, John Coltrane, McCoy Tyner e Bill Evans; e mentre studia sotto la guida di Mick Goodrick e Pat Metheny, entra in confidenza con gli stili di maestri della chitarra jazz come Wes Montgomery e Jim Hall.

Leni Stern

Leni Stern

Sarà proprio su suggerimento di Pat Metheny che approderà ai Blood Sweat & Tears, rimanendo con loro dal 1976 al 1978 e incidendo gli album More Than Ever e Brand New Day, entrando poi nella band di Billy Cobham e quindi in quella di Miles Davis. In quegli anni Stern stringe amicizia con un prodigioso bassista al quale sarà legato anche da vicende esistenziali assai burrascose, segnate dalla dipendenza da droghe. Da quel periodo travagliato Stern riuscirà fortunatamente a riemergere, anche grazie all’aiuto dello stesso Miles Davis. Ma non così il suo sodale, ovvero Jaco Pastorius, che andrà invece, come è ben noto, incontro a una tragica fine. A metà anni Ottanta Mike Stern è uno dei chitarristi di area jazz- fusion più quotati, suona anche con David Sanborn, con gli Steps Ahead e con Micheal Brecker e registra a proprio nome.

Preceduto da una sorta di prova generale, Neesh, uscito solo in Giappone, Upside Downside pone solide basi per il decollo della carriera come leader, scandita da
numerose altre incisioni che ne alimentano via via visibilità e quotazioni. Vale la pena selezionare almeno Play, con la partecipazione di John Scofield e di Bill Frisell, e Big Neighborhood, con una lunghissima lista di special guest che va da Randy Brecker a Dave Weckl e Terri Lyne Carrington, da Steve Vai a Esperanza Spalding e al trio Medeski Martin & Wood.

Tutto questo per introdurre il concerto che Mike Stern terrà per Ravenna Festival il 23 luglio al Pavaglione di Lugo: accanto al leader ci saranno Leni Stern, moglie di Mike nonché chitarrista provetta, il sassofonista Bob Franceschini, il bassista ex Yellowjackets Jimmy Haslip e il batterista Dennis Chambers, già partner di Scofield, George Duke, Brecker Brothers, Santana, John McLaughlin e molti altri.

Una band che non lascia dubbi sulla sua solidità e sul suo valore. Prima che salga sul palcoscenico, lasciamo allo stesso Mike Stern dire qualcosa sulla sua musicaì e, di conseguenza, su di sé: «Per me la cosa più importante è considerare la musica come il linguaggio del cuore. Non importa cosa si stia suonando, se rock, blues, jazz, pop, classica o qualsiasi altra cosa: l’importante è ricordarsi sempre che lo scopo principale deve essere quello di comunicare i propri sentimenti».

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