«Il teatro per i ravennati è ancora un luogo di emozioni e socializzazione»

Alessandro Argnani, dopo il Don Chisciotte, presenta la nuova stagione: «Vogliamo raccontare un’arte rabdomantica». «Consigli? Il nuovo di Pietro Babina e il ritorno dei Sacchi di Sabbia. E si rifetterà sulla crisi climatica»

Alessandro Argnani “Don Chisciotte”

Alessandro Argnani (a destra) In una scena di “Don Chisciotte” (foto Marco Caselli Nirmal)

Dopo dieci repliche, tutte sold out, si è chiusa il 16 luglio a Palazzo Malagola la prima anta di Don Chisciotte ad ardere “opera in fieri 2023”, progetto triennale (2023-2025) che il Teatro delle Albe di Ermanna Montanari e Marco Martinelli – con la coproduzione del Ravenna Festival e con il contributo del MiC Progetti Speciali – dedicano all’opera di Cervantes (vedi nostra recensione a firma di Serena Simoni).
Con Alessandro Argnani, attore delle Albe e codirettore di Ravenna Teatro, fac- ciamo qualche riflessione sullo spettacolo, ma ne approfittiamo anche per ripercorrere la Stagione dei Teatri scorsa e conoscere meglio la prossima.

Alessandro, com’è andato questo Don Chisciotte?
«Benissimo. Prendendo le redini dalla trilogia dantesca, si sentiva forte il senso di responsabilità per continuare a essere all’altezza di quel lavoro, così come il desiderio di continuare a essere in tanti. Grazie alla chiamata pubblica si è ricreata una comunità che non ha voglia di rassegnarsi e pensa che il teatro sia un’arte viva, e ancora una volta Marco Martinelli ed Ermanna Montanari si sono rivelati due “maghi” – d’altronde lo erano anche in scena – suggerendo Don Chisciotte, un’opera mondo, come la definiscono loro, che veramente oggi è più che mai in relazione con quello che ci sta succedendo, come singoli e come comunità. Insieme quindi a tanti ravennati e non solo – i partecipanti ai cori arrivavano da tutta Italia – abbiamo messo in scena la storia di un personaggio che non si rassegna alla volgarità del potere e si dà ancora la possibilità di sognare e vedere strade luminose, ed è stata una cosa magnifica».

Si è registrato il tutto esaurito a ogni replica, come l’hai vissuta in scena?
«Per me è stato molto bello vedere la risposta del pubblico, perché quando il teatro si mostra nella sua vivezza è un’arte felice. Quanto è importante, in tutto questo nero, essere felici e gioiosi di quello che si fa? Come attore ho avuto la fortuna di potermi confrontare con una figura/icona come Sancio Panza, e di essere in scena con Marco ed Ermanna, ma in particolare con Roberto Magnani e Laura Redaelli, che in qualche modo è un mostrare la storia della compagnia, perché sono 25 anni che calchiamo il palco insieme. Io sono un attore delle Albe, loro sono la mia compagnia, poter “giocare” insieme a loro è tuttora il massimo della felicità. Quella che è andata in scena con il Don Chisciotte è stata una relazione a più voci: c’era il gruppo marchigiano Leda, guidato dalla magnifica voce di Serena Abrami, allieva di Malagola; c’era il lavoro della nostra squadra tecnica, che è stato perfetto, per no parlare della squadra organizzativa, fondamentale come sempre. Insomma, una compagnia che si è davvero unita per creare quest’opera gigantesca».

Il tutto dopo una Stagione dei Teatri lunga e composita…
«È stata la stagione del ritorno alla normalità, sebbene con tutte le paure e le fragilità che la pandemia ci ha lasciato. Una Argnani (a destra) in scena nel Don Chisciotte stagione che però ci ha mostrato ancora – anche se non con i numeri di prima – quanto i ravennati vedano nel teatro uno spazio per potersi emozionare, divertire, ritrovarsi come comunità. Comunque un anno molto positivo, con numeri importan- ti di presenze (oltre 1.400 abbonati e 9.950 spettatori complessivi, ndr), ma positivo anche per la possibilità di ospitare e confrontarci con artisti e opere capaci di mostrare quanto il teatro sia in salute. Per Ravenna Teatro era poi il secondo anno di Malagola, un’esperienza più che mai centrale, con la presenza di tanti gio- vani artisti, che, guidati da Ermanna ed Enrico Pitozzi, fanno un percorso di studio sulla vocalità. È nato anche il progetto “Fondo”, coordinato da Santarcangelo dei Teatri, un network di cui facciamo parte con altri 14 partner che riconosce a due artisti/e la possibilità ogni anno di prendersi il tempo per fare ricerca».

Pietro Babina

Pietro Babina

La prossima Stagione dei Teatri come sarà?
«Lo spazio della Stagione dei Teatri, così com’è immaginato oggi, non è semplicissimo da leggere, perché è un percorso anche orizzontale. Non è un festival, che a ogni stagione ha una direzione, un accento, la Stagione in qualche modo vuole essere per noi un resoconto di quelle che sono alcune delle creazioni capaci di raccontare quanto il teatro sia un’arte rabdomantica, in grado di suggerire delle vie, e quindi i nomi che chiamiamo sono, da una parte, forse più noti nel rapporto con la tradizione, dall’altra sono in relazione con i grandi maestri del teatro contemporaneo. Ecco allora Geppy Gleijeses, il ritorno di Antonio Latella con Sonia Bergamasco, Armando Punzo, fresco vincitore del Leone d’oro, Romeo Castellucci, Rezza/Mastrella…».

Qualche nome che ti sentiresti di consigliare, magari tra quelli che il pubblico può conoscere meno?
«È sempre difficile fare nomi, però abbiamo Pietro Babina, che dovrebbe esser in tutti i teatri d’Italia ma purtroppo vive ai margini. Debutta a Ravenna con il nuovo Sole e baleno, su cui ha lavorato tre anni, è una grande soddisfazione. Altro lavoro che suggerirei è 7 contro Tebe, che segna il ritorno dei Sacchi di Sabbia, compagnia che ha nell’arma dell’ironia il modo di stare nel mondo, di affrontare la tragedia con l’intelligenza della comicità».

Scchi Di Sabbia

Sacchi di Sabbia

Si può individuare una sorta di tendenza nelle nuove drammaturgie?
«Sicuramente una cosa che sta succedendo è il crescente numero di opere che fanno i conti con la madre Terra, con la fragilità del nostro vivere in una situazione vulnerabile. E infatti il prologo della stagione è Il racconto del Vajont di Marco Paolini. Nel trentennale dello spettacolo speriamo che il rapporto con quel testo e con quella tragedia ci possa aiutare anche a comprendere il momento attuale. C’è poi Alessandro Berti, il cui Le vacanze parla di due adolescenti che si confrontano con la fine del mondo. La faglia, testo della francese Adèle Gascuel che verrà messo in scena da Daniele Amendola e Valerio Malorni, è invece un lavoro che fa i conti proprio con il cambiamento climatico. E infatti l’autrice, che è un’attivista, non verrà a Ravenna se non le creiamo un giro, perché non ritiene etico spostarsi per un solo spettacolo».

Per chiudere: ho letto che l’architetto che ha curato la ristrutturazione del Teatro Rasi ha appena terminato un lavoro in una “chiesetta” di Roma…
«Sì (ride, ndr), l’architetto Carlo Carbone ha realizzato il nuovo impianto di diffusione sonora installato all’interno di San Pietro. Un sistema digitale all’avanguardia per incrementare la qualità tecnica della diffusione e della fruizione delle voci e dei suoni. Quando ci siamo affidati a lui per innovare il Rasi abbiamo avuto una buona intuizione…».

Abbonamenti: fino al 5 agosto tariffe scontate e posti migliori

È già aperta la campagna abbonamenti de “La Stagione dei Teatri“, organizzata da Ravenna Teatro insieme al Comune di Ravenna. Come di consueto, saranno i due teatri della città, Rasi e Alighieri, ad accogliere la rassegna di spettacoli e incontri tra novembre e aprile. La formula prevede sei titoli fissi e due a scelta, per un totale di diciassette appuntamenti. Chi farà l’abbonamento entro il 5 agosto potrà usufruire di tariffe scontate e posti migliori per gli spettacoli a scelta.
Di seguito il programma della Stagione dei Teatri 2023-24.

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