Le passioni dietro a 4 collezioni d’arte: in mostra da Bertelli a Cattelan

Fino al 20 agosto alla Torre del Magazzino del Sale una selezione di opere scelte dal curatore Claudio Spadoni tra le raccolte di quattro famiglie emiliano-romagnole. Ingresso gratuito tutti i giorni dalle 20 a mezzanotte

Sono passati alcuni decenni dall’epoca in cui avevo pensato seriamente al possibile acquisto di alcune opere di Maurizio Cattelan, ai tempi artista ancora del tutto oscuro. All’epoca studentessa a corto di soldi anche per beni di primo sostentamento, lasciai perdere. Avevo conosciuto l’attuale arti-star in occasione di un’intervista per una rivista specializzata e il suo lavoro mi sembrava geniale e del tutto promettente. Alcuni dei suoi primi lavori si trovavano esposti in un negozio di arredamento in pieno centro a Bologna ma non entrai neanche per avanzare la fatidica domanda del “quanto”.

Pazienza: la mia carriera di collezionista è stata stroncata sul nascere e nonostante alcune successive possibilità – ricordo un piccolo e bellissimo lavoro di Franco Angeli e uno dei microtappeti di Piero Gilardi, incontrati in un periodo in cui i prezzi erano ancora accessibili – presi la decisione di lasciar stare un mondo che non faceva per me. Non avevo e non ho la stoffa della collezionista nonostante l’intuito e quel poco di conoscenza acquisita nel tempo. Per collezionare occorre disponibilità economica, intuito, conoscenza, costanza nell’esplorazione, velocità di azione, spesso una vocazione da mecenati e sempre – sempre – una vera passione.

Mi soffermerei su quest’ultima qualità – la passione – che ha a che fare col desiderio bruciante di vedere e rivedere a propria volontà l’oggetto del desiderio. Il possesso – e ancora più se questo è un oggetto d’arte – è sì un elemento che stabilisce priorità e conferma prestigio sociale ma anche una sorta di grimaldello contro il fluire del tempo che incastona il desiderio al suo sorgere in una zona franca, fuori dallo scorrere delle ore. Permette di gioire dell’incontro con l’amato come se fosse sempre la prima volta. È forse per questo che non colleziono. Ma è ancora per questo, per ciò che è del tutto dissimile da noi, che ammiro la specie dei collezionisti, soprattutto quelli di opere d’arte.

Alla Torre del Magazzino del Sale di Cervia si possono incrociare questi oggetti di affezione e percepire palpabile nelle sale il desiderio che ha sostenuto ciascuna delle quattro collezioni emiliano-romagnole in mostra, selezionate da Claudio Spadoni. Raffinato intenditore, all’interno di ciascuna collezione il curatore ha scelto le opere più belle e rappresentative in modo da rendere lo spirito, le inclinazioni, le tacite promesse che intercorrono fra l’amante – o gli amanti nel caso di collezioni che attraversano generazioni della stessa famiglia – e i propri oggetti del desiderio.

Si parte dalla collezione Martelli acquisita attraverso due generazioni e incentrata soprattutto su autori di ambito bolognese dall’Ottocento agli anni ’70 del secolo scorso, fra cui Luigi Bertelli, Garzia Fioresi, Virgilio Guidi, Carlo Corsi, Giovanni Romagnoli, Ilario Rossi, Aldo Borgonzoni, Pompilio Mandelli, Sergio Romiti e Norma Mascellani. Alla generazione più lontana appartiene Mario de Maria (1886-1890), un bolognese di nobili origini che potè superare gli studi accademici della città natale recandosi fra i due secoli a Parigi, in Austria e Germania. Agli anni ’80 appartiene La danza dei pavoni, un olio da cui è chiaro il superamento del naturalismo francese e di quello made in Italy degli amici Costa e Cabianca che frequentava a Roma: il salto è piuttosto verso un Simbolismo rarefatto, molto in anticipo sui tempi di radicazione italiani del movimento che tanto piaceva a D’Annunzio.

La collezione di Ettore Mina Zattoni è rappresentativa di una passione in progress del tutto omogenea e di grande fedeltà al suo baricentro, orientato sulle estetiche concettuali apparse nel mondo dell’arte dagli anni ’70 del ‘900 ad oggi e che comprendono Arte povera, il vero e proprio Concettuale, azioni, performances e installazioni. Oltre a opere di Barucchello, Claudio Cintoli, Mario Ceroli, è esposto un dittico di Claudio Parmiggiani del 1969 d’apres Piero della Francesca, rinominato Ying e Yiang. Di Pistoletto invece è presente una superba serie di specchi datati al 1971 che catturano le immagini di animali, vivi e morti, e oggetti. Le lettere di Jannis Kounellis del 1962, una fotografia di una sua performance del 1974, una immagine di una performance del ’77 della coppia Marina Abramovic / Ulay eseguita a Bologna alla GAM sono ormai pezzi di storia intramontabili che piace rivedere.

Più eterogenea ma non per questo meno interessante è la collezione ravennate Franci che può far comprendere meglio l’esistenza di numerosi stili nelle scelte e acquisizioni. A differenza delle precedenti – basate su una fedeltà praticata ad oltranza – la terza collezione in mostra è più eterogenea nella scelta di opere databili fra gli anni ’60 e oggi. In questa professata infedeltà del discorso amoroso, appaiono le onde di innamoramenti repentini, i coups-de-foudre che trapassano da Ontani a Cattelan, da Carla Accardi a Hermann Nitsch, da Boetti, Fioroni, Paolini a Gilardi, Schifano, Arman e Sol Lewitt. Splendidi sono il tappeto di spighe tridimensionale di Piero Gilardi e la tela zuccherina di Aldo Mondino (1973-2014), così come la serie dei Segni particolari del 1997 di Giulio Paolini, tutti autori passati alla Loggetta lombardesca, oggi MAR, di Ravenna attraverso gli anni grazie a monografiche di grande respiro.

Bolognese è invece la raccolta Cà la Ghironda, recentemente trasformata in un museo visitabile in un’area verde di 10 ettari a Ponte Ronca di Zola Predosa, comprensiva anche di un orto botanico. Di respiro internazionale e priva di orientamenti precisi sia riguardo a stili, tecniche e connotazioni geografico-culturali segue un ritmo di ampia oscillazione, reso uniforme dalle scelte oculate di Spadoni che seleziona un gruppo di bellissimi lavori di maestri storici italiani – Adami, Baj, Depero, Campigli, Turcato, Tancredi, Tano Festa – e internazionali come Rauschenberg, Hartung e Vasarely. Fra le opere più recenti c’è una bella fotografia scattata durante una prime performances di Vanessa Beecroft, una delle classiche in cui compare un gruppo di ragazze a figura tagliata che indossano le medesime calzamaglie color rosso. Rispetto ai lavori recenti di questa artista ormai interstellare, sempre interessanti ma più patinati di quello in mostra, appare consistente la prorompente resistenza dell’immagine – e della performance per chi ha avuto la sorte di assistervi – che indaga il processo di oggettivizzazione dei corpi femminili e dei dispositivi di spersonalizzazione da cui consegue l’enorme serie di malattie relazionali della nostra contemporaneità.

“Le passioni dei collezionisti: da Bertelli a Cattelan” – a cura di C. Spadoni – Cervia, Magazzino del Sale Torre; fino al 20 agosto 2023 – tutti i giorni dalle 20 alle 24 (ingresso gratuito).

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