“La Metropoli del Futuro” di Hugh Ferriss

Un saggio illustrato, inedito in Italia, “abissale, spettrale e meraviglioso”, curato da Alessandro Canevari per le edizioni Pendragon

Ferriss Disegno Metropoli

Hugh Ferriss, “Buildings in the Modeling Project (Aerial perspective)”

James G. Ballard, nella sua profetica “Tetralogia degli elementi” – The Wind From Nowhere, 1961, The Drowned World, 1962, The Burning World (o The Drought), 1964 e The Crystal World, 1966 – aveva prefigurato quattro possibili catastrofi naturali: un vento che spazza tutto, la desertificazione, un diluvio d’acqua e la cristallizzazione delle piante. Nella nostra regione, abbiamo fatto la drammatica prova del terzo evento, che, nella prima traduzione per la collana “Urania” di Mondadori, suonava liberamente, ma efficacemente: Deserto d’acqua. L’unica soluzione per città semisommerse era di andare a vivere ai piani alti. Anche questa via di salvezza l’abbiamo verificata durante la recente alluvione.

Perché questa premessa? Perché appena un anno fa è stato pubblicato, prima inedito nel nostro Paese, un libro di architettura – “abissale, spettrale e meraviglioso” – in gran parte dedicato allo sguardo dall’alto. Si tratta della prima traduzione italiana di un leggendario saggio del grande disegnatore americano Hugh Ferriss, The Metropolis of Tomorrow, pubblicato a New York, nel 1929, da Ives Washburn e ora, grazie alla cura di Alessandro Canevari, è disposinibile per i lettori italiani col titolo di Metropoli del Futuro, nella bella collana “Tecnica e Tradizione” diretta da Guglielmo Bilancioni, per le edizioni Pendragon di Bologna (2022). Il volume è corredato da una basilare postfazione del curatore dal titolo Metropoli-Stilopoli, che ne inquadra l’autore, il contesto e il contenuto.

Qual è il tema? Ferriss propone un progetto visionario per risolvere il grande problema della sua e della nostra epoca: come dare Forma all’informe metropolitano? Per far questo, bisogna innanzitutto conoscere il problema. Come fare per avere una visione complessiva dell’enorme metropoli, che, in questo caso, non può che essere New York? La soluzione è salire ai piani alti – come in Ballard – e guardare l’“oceano” artificiale che gli uomini – il capitalismo, gli speculatori e, last but not least, gli architetti – hanno costruito. È lo stesso Ferriss che, in uno dei tanti meravigliosi disegni che costellano il libro, mostra se stesso, davanti a un cavalletto, intento a ritrarre la gigantesca città ai suoi piedi. Da un lato i grattacieli, dall’altro gli abitanti che si muovono in fondo ai “canyon” di NYC.

Ferriss si chiede: «Quale rapporto intercorre tra i due? Quelle minuscole macchioline sono le vere menti di questo scenario e le torreggianti masse qualcosa che quelle formiche hanno, per così dire, prodigiosamente secreto? Oppure i colossi di acciaio e vetro sono l’incarnazione di una qualche cieca e meccanica forza impostasi dall’esterno su un’umanità inerme?». Per Ferriss, questo non è “il migliore dei mondi possibili” e dunque l’ultima parte del suo libro è dedicata al sogno di una possibile rigenerazione della metropoli, non come fuga da questa, ma come razionalizzazione di questa attraverso il riscatto della grande Forma. Utopia, si dirà, ma utopia necessaria. Con una grande speranza nei giovani architetti: «[…] senza alcuna remora o esitazione la nuova generazione schiererà davanti a sé ogni prodotto della ricerca scientifica contemporanea, e, forte di tali conquiste, costruirà».

A seguire quattro disegni di Hugh Ferriss tratti dal volume The Metropolis of Tomorrow, Ives Washburn Publisher, New York 1929.

Il volume di Ferris è stato presentato recentemente dal professore Alessandro Canevari in occasione della Conferenza di Architettura del 22 giugno – nello Showroom dello sponsor Original Parquet di Alfonsine – a cura di “Se Dici Architettura (Reclam)”, con la consulenza di chi scrive e dell’architetto Emilio Rambelli.

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