Franciscus, ritratto di un rivoluzionario. Il «musical civile» di Simone Cristicchi

Il cantante-attore-autore presenta il suo nuovo spettacolo: «Nasce dall’amicizia con alcune suore di clausura. Ma il mio San Francesco non sarà un santino»

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Simone Cristicchi abbraccia la fama come cantautore, vincendo nel 2007 il primo premio al Festival di Sanremo con il brano “Ti regalerò una rosa”, pezzo profondamente legato alla sfera del disagio mentale e della realtà psichiatrica. Negli anni successivi al debutto, Cristicchi si orienta sempre di più verso il mondo letterario e scenico, cimentandosi come autore, attore e infine regista dei propri spettacoli. All’interno delle piece, testi e musiche inedite si mescolano per dare voce allo sfaccettato immaginario dell’artista, da sempre legato al tema dell’alienazione e dell’indagine interiore.
Il suo ultimo spettacolo, Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli, è stato scritto in collaborazione con Simona Orlando e si propone di indagare l’iconica figura di San Francesco, con uno sguardo lontano da mistificazioni e fanatismi, ma in grado di osservare il suo lato più umano e rivoluzionario, visionario al punto da rasentare la follia.

Dopo il debutto al Goldoni di Bagnacavallo, lo spettacolo sarà al teatro Masini di Faenza dal 9 all’11 gennaio 2024.

Da cosa nasce Franciscus?

«L’idea nasce dall’incontro, quasi casuale, con il mondo del francescanesimo e con alcune suore di clausura, con cui ho stabilito una vera amicizia. Nel 2018 mi è capitato di fare diversi ritiri in eremi francescani, grazie ai quali sono nate canzoni, poesie e un libro sulla felicità, oltre che le basi per questo spettacolo. In tempi più recenti, sono stato contattato tramite una lettera da una suora di clausura: aveva ascoltato una mia canzone “Abbi cura di me” e da quello scambio epistolare è nata una reale amicizia. Sono andata a trovarla nel bresciano, vedendo con i miei occhi il mondo della clausura. Franciscus vuole approfondire un gigante della spiritualità attraverso la modernità del suo messaggio, in uno spettacolo che parla all’oggi, senza essere una mera ricostruzione storica e biografica della vita del Santo. Al centro del testo, il mondo della follia e quello delle rivoluzioni, storicamente intersecati tra loro. Il mio San Francesco non sarà un santino, ma il ritratto attuale di un rivoluzionario. Mi sono chiesto cosa potrebbe dirci oggi, dopo una pandemia e le guerre che ci circondano»

Come è strutturato lo spettacolo?

«Lo immagino come un musical, ma con una sola persona in scena. Lo spettacolo contiene otto miei brani inediti, accompagnati da sonorità orientali composte da Tony Canto. Al centro della scena, il dialogo e lo scontro tra due personaggi, entrambi impersonati da me: uno sono io, Simone, e racconterò ciò che ho capito di Francesco in questi anni di indagini e riflessioni, l’altro si chiama Cencio, ed è uno stracciarolo che passeggia per il mondo appropriandosi di un suo nuovo linguaggio, a tratti molto comico, che attinge da umbro, francese, latino e spagnolo. Cencio, con la sua comunicazione bizzarra e il suo peregrinare senza meta, incarna la vox populi della diffidenza verso Francesco, critica il santo, lo sminuisce, senza davvero conoscerlo».

Quello della follia è un tema ricorrente nel suo percorso artistico, da dove nasce questa esigenza? 

«Si tratta di una ricerca che ha avuto origine nel 2006, girando Dall’altra parte del cancello, una lunga ricerca sulla vita in manicomio prima dell’emandamento della legge Basaglia. In quel periodo ho intervistato centinaia di persone, tra dottori, infermieri e soprattutto degenti. Da questa indagine è emersa un’emozione immensa e tanto dolore. Per questo il tema della follia è presente in tutti i miei spettacoli, trovo affascinante esplorare una diversa prospettiva di vedere le cose, ma sono consapevole di star parlando di una patologia organica che affligge gli esseri umani, e cerco di farlo con tatto, senza paura e senza giudizio, combattendo lo stigma che ancora affligge i pazienti psichiatrici. Anche “Ti regalerò una rosa”, il brano che si è classificato al primo posto al Festival di Sanremo, nasce da questa ricerca»

Che influenza ha avuto sulla sua carriera una vincita importante come quella sul palco dell’Ariston?

«Nel 2007 ho vinto Sanremo con una canzone molto particolare, il cui testo che affronta un tema tabù. Credo sia stato un unicum nella storia del Festival, e questo per me è importante. Ho acquisito un’enorme popolarità da quella vittoria e sono riuscito a canalizzarla con lucidità per diventare un artista libero, avulso dalle dinamiche commerciali. Non baratterei la mia idea artistica con nessun numero di vendite, follower o classifiche. Voglio continuare a esplorare e creare, senza preoccupazioni o forzature esterne. Oggi il teatro è la mia isola felice, mi permette ogni giorno di sperimentare, mettere a fuoco a tutti i miei talenti, dalla scrittura al canto o recitazione, e scoprirne dei nuovi, come la regia».

Com’è stato il “passaggio” da cantautore ad attore teatrale?

«Il passaggio vero e proprio è avvenuto nel 2010, quando ho trasformato un mio libro, Mio nonno è morto in guerra, in un monologo teatrale sulla guerra di Russia. Credo che il monologo sia la forma di recitazione più complessa, per questo desideravo misurarmici. Questa “sfida” ha fatto sì che il grande Antonio Calenda mi notasse, firmando con me per tre spettacoli. Recitare è qualcosa che ho “imparato facendo”, il palcoscenico mi ha dato modo di imparare quest’arte che era da sempre solo un’inutizione in me. Lavorare con Calenda poi mi ha permesso di raffinare il mio stile rendendolo unico: inizialmente mi rifacevo al teatro canzone di Gaber, ma, grazie alle sperimentazioni col regista, è nato il mio “musical civile”, legato al rigore storico e alla veridicità dei testi, oltre che alla loro interpretazione artistica».

Immagina un ritorno nella scena musicale nel suo futuro?

«Il mio ultimo album è uscito nel 2013, da allora continuo a scrivere canzoni e a cantarle dal vivo, ma lo faccio all’interno dei miei spettacoli. Anche in Franciscus c’è tanta musica, pezzi inediti scritti con passione che sono felice di condividere con il pubblico. In futuro probabilmente raccoglierò alcuni di questi brani in un album, ma la mia esigenza adesso è quella di scrivere per il teatro».

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