mercoledì
25 Giugno 2025
l'intervista

«Da cinque anni sto correndo insieme a Samia: sul palco porterò i suoi sogni»

L’attrice Giorgia Massaro nei panni della giovane atleta somala morta nel 2012 nel naufragio di un barcone diretto a Lampedusa e protagonista della trasposizione teatrale del libro “Non dirmi che hai paura” di Catozzella

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Massaro G Samia Ph Luca Concas

Quella di Samia Yusuf Omar è una storia che non lascia indifferenti. La velocista di Mogadiscio che correva per «dimostrare la dignità delle atlete somale», dopo aver partecipato alle Olimpiadi di Pechino 2008, morì nel 2012 nel naufragio di un barcone diretto a Lampedusa nel tentativo di raggiungere l’Europa per partecpare ai Giochi di Londra. Il dramma dell’atleta somala rivive nell’opera di Giuseppe Catozzella Non dirmi che hai paura (Feltrinelli 2014). Grazie all’intuizione dell’attrice, docente e ballerina Giorgia Massaro ora la storia di Samia prenderà vita anche sul palco del teatro Alighieri (lunedì 8 luglio) ponendosi al centro delle iniziative legate alle Vie dell’Amicizia del Ravenna Festival, dedicate quest’anno al dramma dei migranti. Sotto la regia di Laura Ruocco, Massaro vestirà i panni della giovane atleta, e con lei parliamo della nascita del progetto e del significato di un’interpretazione tanto forte quanto delicata.

Da dove nasce l’idea dello spettacolo?
«Da un’ossessione che si è trasformata in necessità. Necessità di dare voce a Samia e fare da cassa di risonanza alla sua storia con la mia arte. Era l’estate del 2018, ed ero in cerca di spunti da rielaborare insieme alla mia compagnia teatrale (Anime Specchianti, ndr). Il libro di Catozzella mi colpì dal primo momento, lo lessi in una notte, tentai addirittura di contattare l’autore la sera stessa. Organizzai con la compagnia una lettura animata del testo con musica live: qualcosa di “agile”, ideale per essere portato per piazze, strade e conferenze. Ma sentivo che non bastava. Poi la magia: una chiamata da parte del Comune e l’invito a performare la nostra lettura davanti a Catozzella in una serata dedicata. Da lì la conoscenza con Giuseppe, l’acquisto dei diritti in esclusiva per la trasposizione teatrale, e l’inizio della mia corsa con Samia. Un viaggio che è stato la chiusura di un cerchio, l’unione di tutte le relazioni lavorative e personali strette nel corso della mia carriera: dalla regista dello spettacolo Laura Ruocco, mia maestra e amica, al sodalizio con il Teatro Golden di Roma di Andrea Maia, dove ho studiato e lavorato, all’intervento di Cristina Muti, madrina del Festival, con cui avevo collaborato nell’ensemble di danza per le Trilogie d’Autunno».

Un progetto nato nel 2018 che prende vita nel 2024, a cosa è dovuta tanta attesa?
«Da anni cercavamo la strada giusta per il debutto. Portare in scena questo spettacolo è una grande responsabilità, e sono grata a chi è con me dal primo momento, è come se tutte le persone coinvolte avessero sentito il grido di Samia. La signora Muti è con noi dal 2020, ma a causa del Covid e dell’attesa per la ripresa dei teatri nel post pandemia, la programmazione è slittata ulteriormente. Da oltre un anno immaginavamo un debutto nell’ambito delle Vie dell’Amicizia 2024, condividendone completamente i valori e il messaggio».

Che tipo di preparazione ha richiesto l’interpretazione di Samia?
«Un forte impegno fisico, che accompagna quello psicologico. Da oltre un anno mi sto preparando atleticamente. Il mio corpo, da sempre abituato alla danza, sta scoprendo le difficoltà di un tipo di allenamento differente, dove ogni giorno si testano i propri limiti, si combatte per l’obiettivo quotidiano, si soffre per gli infortuni, soprattutto psicologicamente. Ripetere i gesti di Samia mi fa sentire connessa con lei e con la sua storia. A volte mi sembra di parlarle. Lei per prima non voleva essere “una storiella che fa tenerezza agli occidentali” e non è questo che metterò in scena. Sul palco dell’Alighieri porterò invece i suoi sforzi, la sua lotta e soprattutto i suoi sogni. Questo è l’aspetto più potente della storia di Samia: l’universalità di un sogno».

Cosa dobbiamo aspettarci dallo spettacolo?
«Una commistione tra reale e digitale, dove le interpretazioni dal vivo si fonderanno a filmati, videomapping e installazioni virtuali. Alcune parti dello spettacolo sono già state girate, tra cui una serie di riprese notturne in apnea, in una piscina di Roma. Una prova fisica impegnativa, di oltre 4 ore, che ha richiesto tanta preparazione e che ha lasciato un segno indelebile dentro di me. Sul palco invece, la sera dell’8 luglio, più di 30 artisti, di ogni provenienza ed etnia, tra protagonisti, ensemble di ballo e “gli aggiunti”: ragazzi, per lo più minorenni, provenienti da tutte le scuole del territorio, in un’ottica di unione ed inclusione».

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