martedì
01 Luglio 2025
l'intervista

«Tutto il fascino della paura»: a tu per tu con Carlo Lucarelli, a Milano Marittima tra favole e noir

All'arena dello Stadio dei Pini. «Con "Blu Notte" abbiamo sperimentato per primi un nuovo modo per raccontare la cronaca e i misteri italiani»

Condividi

Da anni Carlo Lucarelli racconta il lato oscuro dell’Italia: lo fa nei suoi romanzi, in televisione, nei podcast e a teatro, da prima che il “True Crime” diventasse un fenomeno di massa. Dalla sua penna poi nascono alcuni dei personaggi cult del giallo nostrano, dall’ispettore Coliandro alla detective Grazia Negro, che insieme agli altri protagonisti del suo immaginario poliziesco gli sono valsi il titolo di “signore del noir italiano”. Lucarelli sarà protagonista di uno degli appuntamenti della rassegna “Il trebbo in musica”, in scena mercoledì 2 luglio all’arena Stadio dei Pini di Milano Marittima. Ma questa volta, niente serial killer, piste da seguire o indizi da collegare: al centro della scena ci saranno principesse e streghe, cavalli alati e mostri senza volto. Io le odio le favole è un viaggio in musica tra ironia e mistero, un percorso che parte dai topoi della favola per esplorare l’animo umano e le sue paure, con le suggestioni sonore di Mattia Dallara (live electronics, composizione), Marco Rosetti (arrangiamenti, composizione) e Federico Squassabia (pianoforte, composizione).
«Perché – come scoprirà il pubblico -, dal mondo delle favole a quello del noir il passo è più breve di quanto si creda».

Immaginare Carlo Lucarelli che parla di favole può sembrare strano, cosa dobbiamo aspettarci dalla serata?
«Qualcosa di divertente, molto divertente. Rifletteremo in chiave ironica su che cos’è una favola e ci sarà tanta musica. A me comunque piace far ridere, ho iniziato dal teatro e nel corso della mia carriera non ho mai voluto abbandonare la comicità: la serie dell’ispettore Coliandro è un buon esempio, interamente giocata tra ironia e noir».

Come si passa dal noir alle fiabe, c’è qualcosa che li lega?
«Il passo è più breve di quanto sembri: le favole sono “noir” per loro stessa natura, iniziano sempre con un mistero, c’è qualcosa di strano, inquietante… e poi arrivano da tutta un’altra parte con un colpo di scena finale, proprio come un noir. Di solito poi nascono per insegnare qualcosa ai bambini, spesso attraverso la paura».

Che ruolo avrà la musica nello spettacolo?
«Fondamentale. Anzi, possiamo dire che lo spettacolo nasce proprio dalla musica e dai musicisti che mi accompagneranno nella serata. In passato mi è capitato di leggere alcune favole in altri contesti, ma questa volta sarà diverso. I brani non saranno solo di commento alle storie, ma faranno parte della struttura stessa dello spettacolo».

Una curiosità legata a questa data nel cervese: lei stesso si definisce «Un romagnolo nato in Emilia», qual è il suo rapporto con la Romagna?
«Mi sento assolutamente romagnolo. Sono nato a Parma, una città meravigliosa, ma dai 10 ai 25 anni ho vissuto a Faenza. Oggi vivo a Mordano, al confine tra Emilia e Romagna. La città importante più vicina al mio paese è Bologna, per questo la racconto nei miei romanzi. Ma la mia Bologna è una città-regione, come quella immaginata da Pier Vittorio Tondelli, con gente che “lavora a Bologna, dorme a Modena e va a ballare a Rimini”. Quando parlo di Bologna parlo anche di Romagna, anzi, soprattutto di Romagna. Una terra bellissima e piena di contraddizioni».

Oggi il “True Crime” è uno dei generi più apprezzati di Italia, e a confermarlo sono i dati delle maggiori piattaforme podcast. Lei è stato tra i primi a portarlo in Italia con “Blu Notte”, alla fine degli anni 90. Ai tempi si sarebbe aspettato un’ascesa simile?
«Sì, me lo aspettavo, anche perché non abbiamo inventato nulla. “Blu notte” si ispira a “Telefono Giallo” e tanti altri programmi sul genere. Possiamo dire però di avere sperimentato per primi un nuovo modo per raccontare la cronaca e i misteri italiani. Quel modo lì ha funzionato, e continua a farlo».

Perché i casi di cronaca nera ci attirano così tanto?
«Intanto sono gialli, a tutti gli effetti. La cronaca nera contiene spesso tutti gli elementi del romanzo noir, e questo basta per affascinare. In più si tratta di casi reali: la realtà fa paura, e questo la rende ancora più coinvolgente».

Raccontare un crimine reale ha anche delle implicazioni etiche? Il podcaster ha una sorta di responsabilità quando racconta una vicenda?
«Assolutamente sì. In questo come in altri ambiti, ci sono programmi che lasciano il tempo che trovano. Alla fine tutto dipende da come lo fai: puoi raccontare anche qualcosa di orrendo, soffermarti sul numero delle coltellate di un omicidio o sulla quantità di sangue che sgorga dalle ferite, l’importante però è sempre saper rispondere alla domanda “perché me lo stai dicendo?”. La risposta può essere varia: “per chiarire la dinamica”, “per creare empatia”, “per spiegare il disagio”… ma perlomeno deve essere convincente. Se la risposta è “perché il sangue tira e faccio audience” allora non stai facendo un buon lavoro».

Il successo crescente del settore rischia di assottigliare la linea tra divulgazione e intrattenimento?
«Sì, ma questo non deve avere per forza implicazioni negative. L’intrattenimento, se costruttivo, può rapirti un paio d’ore per darti nuovi spunti di pensiero e riflessione sulla realtà che ci circonda. Il problema nasce quando diventa un modo per “staccare il cervello” o sfocia in una ricerca compulsiva».

La sua carriera da scrittore si è ampliata agli spettacoli dal vivo ma è anche sceneggiatore, conduttore radiofonico e televisivo, curatore editoriale e fumettista. Quale di questi ambiti la rappresenta di più?
«Io penso sempre da scrittore. Quando mi viene un’idea originale, la penso con il mio linguaggio narrativo, e non con i termini e le tecniche di uno sceneggiatore o un conduttore. Tutte le altre forme di comunicazione citate sono un bel modo per raccontare una storia, ma sono soprattutto attività che mi vengono richieste: fare radio è straordinario, e anche parlare in pubblico lo è, ma per me si tratta più che altro di bell’esperimento, un’occasione per imparare qualcosa in più da portare con me nel mio prossimo romanzo».

Parlando di letteratura allora, quanto è importante la conoscenza della cronaca reale per costruire un buon giallo?
«È fondamentale. Credo sia il primo spunto per la scrittura, perché la realtà supera sempre la fantasia. Spesso l’idea per un testo nasce proprio da un accadimento reale. Le conoscenze tecniche diventano ancora più importanti nei romanzi gialli procedurali, quelli dove c’è il classico poliziotto alle prese con il caso, per intenderci. Qui si tratta di scrivere un romanzo “di mestiere”, se non conosci il mestiere, cosa scrivi? In questo caso poi sono due i mestieri da conoscere, quello del poliziotto e quello del criminale».

E la costruzione del contesto storico?
«Dipende dall’obiettivo: se vuoi raccontare una storia d’amore tra due persone ambientata ai tempi del fascismo basta seminare qualche dettaglio semplice, come una canzone alla radio o un individuo a passeggio con una camicia nera. Ma se vuoi che lo stesso contesto suggerisca qualcosa al lettore, allora devi studiare. Uno dei miei romanzi è ambientato nel ‘43, in una Bologna deserta perché presa di mira dai bombardamenti. Il libro successivo è ambientato pochi mesi dopo, nell’inverno del 44, e la stessa Bologna è ora caotica e vivace, perché i bombardamenti sono finiti. Può sembrare un dettaglio da nulla, ma una città silenziosa nel ‘44 non avrebbe avuto nessun senso. Senza esplorare l’argomento, non avrei mai immaginato una vecchia Bologna così straordinaria, piena di gente, mucche, vita. A volte è lo stesso contesto storico a suggerirti come proseguire il tuo romanzo».

Pensando a un’ambientazione presente invece, gli strumenti d’indagine moderni aumentano la difficoltà di scrittura di un giallo realistico?
«Non per forza. Scrivere un romanzo contemporaneo richiede attenzione, perché se un crimine accade nei pressi della banca e non si prendono in considerazione le telecamere di sorveglianza si rompe il patto di fiducia con il lettore e la storia perde forza. Al tempo stesso però lo scrittore rimane il “Dio” della storia, e allora ecco che all’improvviso può scattare un black out e la situazione si ribalta…».

Qualche progetto nel cassetto?
«Ho appena pubblicato il mio ultimo romanzo (Almeno Tu, Einaudi, ndr) e mi sento ancora fermo lì con la testa. Per il momento sono in cantiere nuove puntate del mio podcast Dee Giallo su Radio Deejay e una fiction con Massimo Picozzi. Poi, tra poco, un nuovo romanzo».

 

Condividi
Contenuti promozionali

LA CLINICA DELLA FINANZA

CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

Casa CZ, nuova luce in una bifamiliare

Il progetto di ristrutturazione dello studio Locarc a San Mauro Pascoli

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi