Due anni fa fu tra le voci protagoniste dell’alluvione che travolse la Romagna, sui social e non solo, perché fu più volte intervistato come testimone d’eccellenza di quella tragedia. Del resto Cristiano Cavina è scrittore affermato, volto di fama nazionale, che vive a Faenza ed è originario di Casola Valsenio. E così il suo è stato uno sguardo doppio, da un lato la pianura allagata, dall’altro la collina franata.
Dopo due anni, ha dato alle stampe il volume Tropico del fango (Laterza) dove ha raccolto sue testimonianze dirette di quei giorni scritte con le matite da muratore salvate da una cantina dei vicini. Pagine raccolte come in un quaderno di appunti sparsi, datati in fondo alla pagine. Ricordi personali, riflessioni, paure, angosce, in queste 132 pagine c’è tutto ciò che serve per rivivere quell’incubo, per non “normalizzare” nulla di tutto ciò che è accaduto e che, sappiamo bene, potrebbe riaccadere in questa terra ormai diventata, come ci dice Cavina stesso, tropicale.
Un libro prezioso perché raccontato in presa diretta da uno scrittore che riesce a non perdere la propria cifra stilistica e che tante volte ci ha raccontato la Romagna come una terra mitica con le sue iperboli, le citazioni, gli epiteti. Tutte cose che troviamo anche qui, ma senza eccessi e forzature, perché qui il centro del libro è l’idea di un mondo che finisce per come lo conosciamo. Tra tutte le pagine, le più dolorose e struggenti sono sicuramente quelle dedicate alla sua Casola che frana e rischia di scomparire come già è accaduto a tante frazioni circostanti. Quella Casola che, per paradosso, grazie all’emergenza per tre mesi ha vissuto una sorta di “festa paesena” con tutti i volontari e gli inviati e gli uomini dell’esercito ad animarla come non succedeva da tempo e, forse, non succederà mai più.
Un viaggio che ci porta alle “galline profughe” della madre di Cavina, personaggio quasi mitologico che abbiamo imparato ad amare nei primi romanzi, ma che è anche costellato da citazioni dei grandi della letteratura, da Cheever a Vonnegut a Galeano e Melville, solo per nominarne alcuni.
Un libro di racconti in presa diretta, riflessioni, spunti che ci costringono a tenere alta l’attenzione per una terra che, soprattutto quando la descrive Cavina, è impossibile non amare.