giovedì
11 Settembre 2025
diario di viaggio

L’ultimo giorno a Matera: la protesta contro topi e sindaco. E la festa finale alle Monacelle

Tanti ravennati impegnati in Basilicata per la prima tre giorni di messa in scena della fiaba del Pifferaio di Hamelin, sotto la guida delle Albe

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Quarta puntata (qui si può leggere la prima, qui la seconda, qui invece la terza) del diario di viaggio del nostro appena ventenne collaboratore Ernesto Moia da Matera, città che ospita la prima tappa del Progetto Hamelin di Ravenna Teatro-Teatro delle Albe. Per tre giorni, la celebre città in Basilicata è stata attraversata da riprese cinematografiche e azioni performative nei luoghi pubblici, con protagonisti oltre 200 bambini e ragazzi dai 7 ai 17 anni provenienti da Basilicata, Emilia-Romagna e Lazio, di cui la maggioranza dalle scuole di Ravenna. Il racconto guida è la fiaba de Il Pifferaio di Hamelin, riletta come metafora di una società che tradisce le nuove generazioni e ne paga il prezzo. 

Giorno 3, i topi
Foto Luca Centola

Mi perdo una riunione delle guide alle 9 e 30, arrivo appena in tempo per l’inizio delle prove dei cori. In mattinata siamo al Santuario, si lavora sui cori da manifestazione e i cartelloni per la scena, o meglio le scene, da girare nel pomeriggio: un corteo di protesta contro i topi e il sindaco (borgomastro in origine) di Hamelin, che erra per le vie da piazza Vittorio Veneto, passa per il duomo e trova il suo epilogo in piazza San Francesco, di fronte al barocco settecentesco della facciata della chiesa di San Francesco d’Assisi. Sulle 12 arriviamo in Vittorio Veneto, lì prove dei cori e prima preghiera laica. Questo è il primo grande momento di oggi. Un sovrapporsi e susseguirsi di voci, contro la morte e lo schifo, per cercare una via nelle acque tumultuose in una registrazione da non pochi minuti. Riconosco i timbri di Ermanna Montanari, Gigio Dadina (tra i fondatori delle Albe), Alessandro Argnani (co-direttore di Ravenna Teatro e direttore artistico della spedizione), Roberto Magnani e Laura Redaelli, sempre delle Albe, alle loro voci si univano quelle di alcuni bambini. Laura mi spiega poi che il testo è la “canzone dei luoghi comuni” dell’altro fondatore della compagnia ravennate, Marco Martinelli.

I passanti si fermano, io offro delucidazioni a una coppia di probabili pensionati belgi su cosa sta succedendo, loro annuiscono incerti, sorridono e proseguono; tutti, dai negozianti ai villeggianti, si fermano a osservare, a cercare di capire cosa questa gente bizzarra venuta da lontano avesse contro i topi e il sindaco.

Chiacchiero con un poliziotto municipale di Matera durante la pausa al duomo, si prosegue fino al “municipio”, in realtà Tower Art Museum – TAM, lì ci si ferma a lungo, la scena si fa intensa poiché la via si stringe e il corteo occupa tutto lo spazio. I ragazzi, le guide, i genitori saltano e urlano per ore filate, il direttore artistico Argnani e il regista Penta corrono tra coda e testa del corteo, le aiuto regia spostano passanti e turisti, Luca Centola, il fotografo della spedizione, è sempre in movimento, Serena Cenerelli (colonna portante organizzativa delle Albe) tra merende e zaini dei ragazzi, oggetti di scena e cellulare per coordinarsi con guide e autisti dei pullman non ha avuto le mani libere per almeno cinque o sei ore di fila.

Io cerco di osservare tutto da più punti, prima da molto lontano, all’inizio percorro una via parallela a via del Corso e le urla della folla mi arrivano dalle intercapedini tra gli edifici, poi mi avvicino fino a entrare nel corteo, chiudo seguendo il primo cameraman, Davide Disimino, da lui parte il limite dell’obiettivo, quando si gira o si è dietro di lui o si è in scena. Si arriva all’ultima preghiera laica in piazza San Francesco, prima però la foto con tutti, tutti, i partecipanti sulle scalinate della chiesa. Da lì poi il “Ballo di San Vito” e via verso la festa finale alle Monacelle dietro il duomo.

Tra una cosa e l’altra Centola, materano, porta me e altri spedizionieri a mangiare e bere qualcosa da un amico. Parla in dialetto col proprietario del posto e ci scambiamo due battute sull’operosità del nord-est e la serenità del meridione, sarebbe anche un bel dibattito tra un ravennate di 20 anni e un materano di 51, ma non abbiamo tempo e forze per immergerci in una rivisitazione di Cristo si è fermato a Eboli. Alla festa alle Monacelle si cena, poi ultime, ultimissime scene di danza e ballo con i ragazzi che un’altra volta ancora saltano e urlano come fossero posseduti (forse lo sono?). Penta e Argnani si producono nelle ennesime direttive, Nadia Casamassima (sindaca di Hamelin) viene un’ultima volta vestita da Federica Famà, la costumista, col suo imperioso completo grigio antracite e parrucca bionda in stile Meloni. Rientro per mezzanotte circa in Santuario, in letterale religioso silenzio per non svegliare i frati.

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