Fondali, il presidente di Ap si difende: «Vuoto di amministrazione»

Nell’incontro di fine anno Di Marco, ormai sfiduciato dagli enti locali e da Confindustria, replica alle accuse e sottolinea l’anomalia di Sapir  

Il progetto per due casse di colmata adiacenti al lato interno delle dighe foranee a Marina di Ravenna e Porto Corsini, con un capienza totale di 2,3 milioni di metri cubi, resta la soluzione migliore per consentire il dragaggio del porto di Ravenna potendo destinare lì buona parte dei fanghi scavati. Di questo è fermamente convinto Galliano Di Marco, presidente dell’Autorità portuale e l’ha sottolineato ancora una volta quest’oggi, 23 dicembre, in occasione di un incontro con la stampa che di fatto ha assunto i toni dell’addio: pur avendo dato la propria disponibilità, la frattura con le istituzioni e le organizzazioni locali che si muovono attorno alle banchine appare ormai insanabile per ipotizzare che all’ingegnere abruzzese venga rinnovato il mandato quadriennale in scadenza fra due mesi. «A mezzanotte del 2 marzo e fino a quel momento sarò qui a lavorare, a fare la mia parte per il porto», ha specificato Di Marco in un passaggio di un discorso durato un’ora e mezza (dal link in fondo alla pagina il pdf con il testo integrale del discorso) e trasformato, come suo stile, in uno show tra inglese e romanesco in cui non ha trattenuto la commozione sul finale dopo essersi tolto dalle scarpe macigni più che sassolini. Dito puntato contro i repentini, e per lui inspiegabili, cambi di rotta del Comune proprio in tema di casse a mare. Ma anche contro «l’assordante silenzio del sindaco» dopo l’attacco frontale mosso da Confindustria a Di Marco meno di una settimana fa. E proprio su questo il massimo dirigente di Ap ha confezionato le parole più taglienti: «L’unico dato conclamabile pare essere dato dalla concessa investitura al rappresentante di un’associazione imprenditoriale del ruolo di governo che dovrebbe competere solo ed esclusivamente agli enti territoriali rappresentativi della collettività quasi che non vi fosse di che meravigliarsi se a tale entità, e solo ad essa, venga attributo il compito di disegnare la linea politica e dettare, quasi con impronta padronale, l’agenda delle stesse istituzioni politiche». Di Marco arriva a parlare di «vuoto di amministrazione».

Le casse di colmata a mare, da immaginare come due sarcofagi a tenuta stagna con un coperchio che lascia una superfice di 30 ettari, per Di Marco sarebbero una valida opportunità turistica. All’esempio di South Beach di Miami oggi ha aggiunto Rio De Janeiro con il nuovo museo di Calatrava appena inaugurato su un molo artificiale. Entro febbraio ci sarà da decidere, e spetterà soprattutto agli enti locali, se la strada di queste due enormi penisole è la via maestra per curare il porto. «Non andrò mai contro il sindaco della città, chiunque esso sia, se dovesse essere contrario alle casse perché il sindaco è eletto e rappresenta i cittadini». E allora siccome Matteucci – non è sfuggita la sua assenza in sala così come di qualunque altro membro della giunta ma anche del candidato sindaco Pd mentre erano presenti gli altri tre sfidanti già ufficialmente in corsa – ha già più volte ribadito una ferma contrarietà al progetto, Di Marco si presenterà al tavolo tecnico del ministero delle Infrastrutture con un tris di soluzioni. Pur avendo riconosciuto che forse è stata una mossa infelice battezzare “Progettone” il piano per l’Hub portuale, il numero uno di via Antico Squero non resiste alla tentazione di affibbiare un nome ai tre piani e così nascono «la soluzione Madre, la soluzione Figlia e la soluzione Figliastra». In sintesi. La prima costa 280 milioni di euro: è quella che porta il canale fino a 13,5 metri di profondità in alcuni punti e per sistemare i fanghi ha bisogno di casse a mare e casse a terra da fare nelle aree Logistica 1 e Logistica 2 a ridosso di Porto Fuori (che il piano regolatore portuale del 2007, documento che traccia la rotta, indica con quella destinazione) e nelle Bassette espropriando una ventina di privati. La seconda costa 170 milioni: si scende fino a 12,5, si usano solo le casse a mare. La terza costa 230 milioni: si scava fino a 12,5 e le aree Logistica 1 e 2 sono solo provvisorie per finire alle Bassette.

A monte di tutto c’è una linea di indirizzo emersa e caldeggiata dal ministero: invertire la rotta rispetto a quanto fatto fino dal 1998 con le casse di colmata fatte su aree in affitto che comportavano canoni pagati sempre allo stesso soggetto, Sapir, e evitare di inserire aree oggetto di indagini della procura. A proposito di questo secondo fronte si spiega perché Ap abbia citato Sapir chiedendo la restituzione di affitti che ritiene pagati in maniera illegittima per una cassa di colmata che era ritenuta regolare da Sapir ma è poi risultata senza il rinnovo delle opportune autorizzazioni al punto da far scattare un’inchiesta per una presunta discarica abusiva e il sequestro dell’area.

Di Marco si era insediato con una missione ben precisa: devo dragare. Ma il primo mandato di Di Marco si chiuderà con un nulla di fatto su questo fronte, per quanto riguarda il cosiddetto Progettone «ma le colpe non sono tutte di Ap come qualcuno vuole raccontare». Di Marco riassume in fretta: «Il progetto preliminare di Sapir Engineering commissionato da Confindustria e donato a Ap era sbagliato, la mia proposta di espropri è stata bocciata, l’idea delle casse a mare pure, l’impianto di trattamento fanghi viene ostacolato… insomma, che devo fare?».

Perché secondo Ap occorre cambiare l’approccio: «L’idea sostenuta dal presidente di Confindustria e da Sapir è che il materiale di escavo debba in qualche modo essere reimmesso sul mercato. Ma per questo serve un mercato che ora non c’è più». Ma forse il peccato originale sta in una parolina che è un acronimo: Pua, piano urbanistico attuativo. Le difficoltà di realizzazione sono emerse in corso d’opera e si è quindi arrivati alla impossibilità di collocare i materiali ora presenti nelle casse di colmata piene: «Un’opera di interesse strategico è stata considerata subordinata all’effettivo interesse e convenienza di soggetti privati di attivare le previsioni urbanistiche comunali. Ma non è possibile che il porto paghi le conseguenze della crisi del mercato immobiliare».

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