«Nelle piccole imprese agricole il 4% del fatturato finisce in burocrazia»

La Confederazione italiana agricoltori (Cia) presenta i dati dell’annata. L’altro nemico è la fauna selvatica: il picchio non lascia scampo

La burocrazia costa in media 20 euro al giorno per ogni azienda agricola che significa 7.200 euro all’anno e un totale del settore che supera i 7 miliardi annui. Sono numeri forniti dalla sezione di Ravenna della Cia (Confederazione italiana agricoltori) in occasione della presentazione dell’Annata agraria 2016, trentesima edizione del documento che illustra andamenti e tendenze del settore fornendo il primo resoconto dell’anno in conclusione (scaricabile in versione integrale dal link in fondo alla pagina). Nel pomeriggio di oggi, 18 novembre, alla sala Nullo Baldini di via Faentina sono stati Danilo Misirocchi e Fabrizio Rusticali, rispettivamente presidente e direttore di Cia Ravenna, ad affrontare l’annosa questione della burocrazia con cui quotidianamente fanno i conti le circa tremila imprese associate in provincia ma anche i restanti 900mila soci nel resto d’Italia.

Per gli imprenditori c’è da muoversi in un labirinto: molte delle norme che interessano il settore agricolo vengono interpretate e applicate in maniera diversa da regione a regione, da provincia a provincia e, addirittura, da comune a comune. Occorre più di un anno per vedersi liquidare i danni da animali selvatici, più di tre mesi per ottenere la qualifica di “Imprenditore agricolo” e da uno a più anni per le pratiche edilizie in agricoltura.

Rusticali mette in evidenza come una burocrazia lenta e complessa ostacoli la competitività delle imprese e lo sviluppo del territorio: «Basti pensare che il peso della burocrazia, sul fatturato delle piccole imprese, oscilla tra il 3 percento e il 4». Ecco perché i due dirigenti, cogliendo anche l’occasione della presenza in sala della senatrice Leana Pignedoli (vicepresidente della commissione Agricoltura), hanno chiesto a gran voce «una revisione normativa strutturale a tutti i livelli dall’Ue fino ai comuni, in una visione moderna degli adempimenti burocratici finalizzati non al mantenimento della struttura della pubblica amministrazione, ma alla competitività dell’impresa agricola e non solo. Ciò consentirebbe di uscire in maniera decisa dalle secche di questa crisi infinita».

Incontrando la stampa poche ore prima della presentazione ufficiale, c’è stato tempo per affrontare un’altra delle grosse problematiche con cui gli agricoltori devono fare i conti in parallelo alla burocrazia: i danni da fauna selvatica: «La presenza di molte specie è in aumento per una serie di ragioni che vanno dall’utilizzo di prodotti meno tossici alla modifica del territorio in pianura che ha attirato animali una volta confinati alle aree collinari». In cima alla lista dei nemici c’è il picchio. Che non danneggia i prodotti coltivati ma se la prende con le strumentazioni, in particolare gli impianti di irrigazione che vengono forati.

La prima parte del pomeriggio è stata dedicata alla presentazione dei dati del settore provinciale. Su base annua (settembre 2015/settembre 2016) si registra la chiusura di 88 imprese agricole, che rappresenta la maggiore perdita di unità rispetto agli altri comparti: il calo complessivo sul totale delle imprese registrate è di 121 unità. Alla fine di settembre, secondo i dati del Registro delle Imprese della Camera di Commercio di Ravenna, erano 7.324 le imprese registrate alla voce “agricoltura, silvicoltura e pesca”: in calo quelle femminili (il 16,5 percento del settore) e in crescita quelle degli Under 35 (il 2 percento del settore). Nel complesso si è registrato un calo di occupati di 250 unità con un tasso di occupazione generale del 9 percento.

In casa Cia c’è soddisfazione per l’andamento della frutta. Annata da ricordare per le albicocche, sotto tutti gli aspetti con una produzione in aumento del 50 percento e prezzi interessanti anche per i produttori. I comparti cerealicolo e zootecnico nel 2016 escono allo scoperto con tutte le loro problematicità. Le rese del cerealicolo sono abbondanti e per i frumenti teneri e duri sono le quotazioni a suscitare malessere e prese di posizione da parte di molti agricoltori e organizzazioni di settore. In calo di oltre il 40%, sono i listini in particolare del frumento duro a creare ulteriore incertezza negli scenari futuri facendo vacillare anche le strategie di investimento.

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