Fondali del porto a 12,5 metri? Il progetto era già pronto un anno fa…

L’ipotesi proposta dal nuovo presidente di Ap Rossi era sul tavolo delle istituzioni a febbraio 2016, presentata dal predecessore Di Marco

L’ipotesi di dragare i fondali del porto di Ravenna fermandosi a una profondità di 12,5 metri in modo da avere un fardello di sedimenti sistemabile nelle terre a disposizione, e cioè lo scenario proposto dal nuovo presidente dell’Autorità portuale in dicembre alla sua prima uscita pubblica, non suona come una novità per chi negli ultimi mesi ha seguito le travagliate cronache della portualità bizantina.

A metterla sul tavolo, a disposizione delle decisioni degli amministratori pubblici della città e del ministero, fu il predecessore di Daniele Rossi un annetto fa. Era il 9 febbraio scorso e nella sala del consiglio comunale di Ravenna – di fronte alle commissioni Ambiente, Assetto del territorio e Infrastrutture in seduta congiunta – si presentò l’allora presidente Galliano Di Marco all’ultimo mese del suo primo mandato: da bravo scolaretto che va all’esame finale aveva fatto i compiti a casa e proiettando una carrellata di slide illustrò tre possibili diverse ipotesi di dragaggio.

Ognuna prevedeva di raggiungere una profondità diversa e quindi di conseguenza il dragaggio di un volume diverso e quindi ancora diverse soluzioni per la collocazione dei fanghi e chiaramente costi diversi. Le chiamò soluzione Massima, Base, Minima: con la prima si scendeva a 14,5 e ci volevano 360 milioni, con la seconda si arrivava a 13,5 e richiedeva 280 milioni, con la terza ci si fermava a 12,5 e costava 220 milioni. E giocò a carte scoperte dicendo che per la prima non c’erano i soldi, la terza non gli pareva lungimirante perché non contemplava il nuovo terminal container e quindi suggeriva la via di mezzo (che prevedeva le tanto discusse casse di colmata a mare da realizzare a ridosso delle dighe foranee, escluse invece con la Minima). Ma disse anche che avrebbe percorso la strada scelta dal tavolo tecnico al ministero o quella indicata dal Comune.

È vero che in ballo c’era anche la partita della piattaforma logistica – che ebbe un grosso peso nello stallo di tutto – però in quel momento preciso, e nemmeno nei giorni successivi, nessuno di Palazzo Merlato alzo la mano per dire: “Sai che c’è Galliano? Facci la Minima, che per Ravenna è abbastanza”. Ormai i rapporti erano troppo logori. A voltarsi indietro oggi viene il sospetto che fossero talmente logori che nessuno avrebbe detto sì nemmeno se Di Marco avesse firmato nero su bianco che i fanghi se li sarebbe portati a casa o messi in tasca. Ma da un mese gli attori sulla scena sono cambiati, un altro presidente e un altro sindaco, e l’armonia pare tornata.

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