L’ipotesi proposta dal nuovo presidente di Ap Rossi era sul tavolo delle istituzioni a febbraio 2016, presentata dal predecessore Di Marco
A metterla sul tavolo, a disposizione delle decisioni degli amministratori pubblici della città e del ministero, fu il predecessore di Daniele Rossi un annetto fa. Era il 9 febbraio scorso e nella sala del consiglio comunale di Ravenna – di fronte alle commissioni Ambiente, Assetto del territorio e Infrastrutture in seduta congiunta – si presentò l’allora presidente Galliano Di Marco all’ultimo mese del suo primo mandato: da bravo scolaretto che va all’esame finale aveva fatto i compiti a casa e proiettando una carrellata di slide illustrò tre possibili diverse ipotesi di dragaggio.
Ognuna prevedeva di raggiungere una profondità diversa e quindi di conseguenza il dragaggio di un volume diverso e quindi ancora diverse soluzioni per la collocazione dei fanghi e chiaramente costi diversi. Le chiamò soluzione Massima, Base, Minima: con la prima si scendeva a 14,5 e ci volevano 360 milioni, con la seconda si arrivava a 13,5 e richiedeva 280 milioni, con la terza ci si fermava a 12,5 e costava 220 milioni. E giocò a carte scoperte dicendo che per la prima non c’erano i soldi, la terza non gli pareva lungimirante perché non contemplava il nuovo terminal container e quindi suggeriva la via di mezzo (che prevedeva le tanto discusse casse di colmata a mare da realizzare a ridosso delle dighe foranee, escluse invece con la Minima). Ma disse anche che avrebbe percorso la strada scelta dal tavolo tecnico al ministero o quella indicata dal Comune.
È vero che in ballo c’era anche la partita della piattaforma logistica – che ebbe un grosso peso nello stallo di tutto – però in quel momento preciso, e nemmeno nei giorni successivi, nessuno di Palazzo Merlato alzo la mano per dire: “Sai che c’è Galliano? Facci la Minima, che per Ravenna è abbastanza”. Ormai i rapporti erano troppo logori. A voltarsi indietro oggi viene il sospetto che fossero talmente logori che nessuno avrebbe detto sì nemmeno se Di Marco avesse firmato nero su bianco che i fanghi se li sarebbe portati a casa o messi in tasca. Ma da un mese gli attori sulla scena sono cambiati, un altro presidente e un altro sindaco, e l’armonia pare tornata.