Rinviata l’apertura di negozi e pubblici esercizi: «Un danno gravissimo»

La rabbia di Confesercenti e Confcommercio della provincia di Ravenna per le decisioni del Governo

Adult Boutique Business 318236Delusione da parte delle associazioni di categoria ravennati per la decisione del Governo di posticipare le riaperture di esercizi commerciali (dal 18 maggio) e di pubblici esercizi, stabilimenti balneari e attività legate al turismo (dal 1 giugno).

«Un danno gravissimo per il sistema economico – si legge in una nota firmata congiuntamente dai presidenti Confcommercio di Cervia, Faenza, Lugo e Ravenna, rispettivamente Nazario Fantini, Paolo Caroli, Fausto Mazzotti e Mauro Mambelli – che mette a repentaglio migliaia di posti di lavoro e l’esistenza stessa di migliaia di imprese. Le aziende del commercio, turismo e servizi sono invece pronte ad aprire in piena sicurezza, rispettando le norme nazionali. Ogni giorno di riapertura rinviato determina un ulteriore aggravio per le imprese, già vicine al collasso. Non sono più derogabili rinvii di misure per indennizzi a fondo perduto per le imprese, e blocco totale delle tassazioni locali».

Confcommercio lancia quindi un appello a Governo, Regione e sindaci «perché si facciamo concretamente portavoce delle istanze delle imprese che sono al limite della sopravvivenza».

Sulla stessa linea Monica Ciarapica, presidente di Confesercenti. «Siamo profondamente delusi e amareggiati dal Decreto del Governo del 26 aprile – scrive in una nota inviata alla stampa –, serviva più coraggio! È ormai chiaro a tutti che, almeno per qualche tempo, dovremo convivere con il Coronavirus: per questo le aperture di negozi, pubblici esercizi, mercati e attività di servizio alla persona andavano anticipate rispetto a quanto comunicato dal Presidente del Consiglio. Non una parola sulle attività turistiche! Servono indicazioni chiare sulle misure igienico sanitarie da adottare per aprire le attività in sicurezza. L’immagine delle città desolate deve far riflettere sull’importanza economica e sociale che il commercio svolge nelle nostre comunità. Trascorsi due mesi dalla chiusura generalizzata delle attività, le risposte concrete sono veramente poche e insufficienti, come i 600 euro di bonus ottenuti attraverso un sistema macchinoso e lo slittamento di alcuni tributi. Ci vuole ben altro se vogliamo che le città tornino a vivere e per evitare il collasso economico del Paese».

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