Il progetto per la cattura dell’anidride carbonica dai camini delle attività sulla terraferma sarà candidato al bando del Fondo europeo per l’innovazione. Il piano estrazioni rallenta, avanza il decommissioning: chiuso il pozzo Armida 1
È il progetto annunciato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla fine dei recenti Stati Generali dell’economia a Villa Pamphili. L’obbiettivo della multinazionale – il cui 30 percento è in mano al ministero dell’Economia per via diretta o tramite Cassa Depositi e Prestiti – è realizzare i primi stoccaggi entro il 2025. L’amministratore delegato del Cane a Sei zampe, Claudio Descalzi, in una intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore all’inizio di luglio ha annunciato la volontà di candidare il progetto Ccs di Ravenna al primo bando del Fondo europeo per l’innovazione, uno dei principali strumenti messi a punto da Bruxelles per sostenere il percorso di decarbonizzazione dell’Unione europea.
Il supporto finanziario del fondo è indirizzato a progetti per energie rinnovabili, stoccaggio di energia, tecnologie e processi a basso impatto ambientale nelle industrie ad alta intensità energetica e prevede esplicitamente la disponibilità di risorse per opere come quella ravennate. Entro fine anno andrà inviata la manifestazione di interesse. Nel primo trimestre 2021 la Commissione Ue ridurrà le candidature a una short list e poi sarà fatta un’ulteriore scrematura.
Il progetto per Ravenna prevede la cattura della CO2 sui camini delle attività di Eni sulla terraferma nel polo petrolchimico e di altri impianti industriali nelle vicinanze. A livello mondiale ci sono più di 70 progetti di questo tipo tra Usa e nord Europa ma Descalzi è convinto che «riusciremo a garantire un costo per tonnellata stoccata molto concorrenziale». Il ceo di Eni vede in questo progetto – di cui al momento non si conoscono ancora dimensioni economiche e ricadute occupazionali – un’occasione per le società di ingegneria e meccanica dell’indotto ravennate in crisi per il blocco delle estrazioni di gas. «Una seconda vita complementare e sinergica all’attuale – fa sapere l’ufficio comunicazioni di Eni – per un distretto strategico che vive una crisi di settore ma sul quale Eni continua ad investire e che rimane trainante per l’area del Ravennate».