Eni prevede entro il 2025 i primi stoccaggi di CO2 nei giacimenti esauriti di gas

Il progetto per la cattura dell’anidride carbonica dai camini delle attività sulla terraferma sarà candidato al bando del Fondo europeo per l’innovazione. Il piano estrazioni rallenta, avanza il decommissioning: chiuso il pozzo Armida 1

Se si parla di investimenti nel settore dell’energia a Ravenna allora la novità all’orizzonte è il progetto di Eni per la realizzazione del centro di cattura e stoccaggio (Ccs) di anidride carbonica (CO2) più grande del mondo con una capacità fino a 300-500 milioni di tonnellate di accumulo sfruttando i volumi dei giacimenti offshore di metano esauriti sotto i fondali del mare Adriatico.

È il progetto annunciato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla fine dei recenti Stati Generali dell’economia a Villa Pamphili. L’obbiettivo della multinazionale – il cui 30 percento è in mano al ministero dell’Economia per via diretta o tramite Cassa Depositi e Prestiti – è realizzare i primi stoccaggi entro il 2025. L’amministratore delegato del Cane a Sei zampe, Claudio Descalzi, in una intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore all’inizio di luglio ha annunciato la volontà di candidare il progetto Ccs di Ravenna al primo bando del Fondo europeo per l’innovazione, uno dei principali strumenti messi a punto da Bruxelles per sostenere il percorso di decarbonizzazione dell’Unione europea.

Il supporto finanziario del fondo è indirizzato a progetti per energie rinnovabili, stoccaggio di energia, tecnologie e processi a basso impatto ambientale nelle industrie ad alta intensità energetica e prevede esplicitamente la disponibilità di risorse per opere come quella ravennate. Entro fine anno andrà inviata la manifestazione di interesse. Nel primo trimestre 2021 la Commissione Ue ridurrà le candidature a una short list e poi sarà fatta un’ulteriore scrematura.

La volontà di Eni non ha raccolto adesioni incondizionate dal mondo economico locale. Le parole del sindaco Michele de Pascale possono rendere l’idea del sentimento diffuso: «Ravenna è pronta a cogliere la sfida, ma chiediamo al Governo un programma chiaro e ben definito, ascolto del territorio e un coinvolgimento serio e strutturato degli stakeholder nel processo decisionale». È più dura la lista di opposizione Ravenna in Comune che teme il modello Norvegia dove il Governo dovrebbe caricarsi l’80 percento dei costi: «L’impressione è di essere davanti alla peggiore logica del capitalismo: continuare a massimizzare i profitti con le estrazioni di gas e petrolio, e contemporaneamente scaricare sui cittadini il costo della cattura della CO2».

Il progetto per Ravenna prevede la cattura della CO2 sui camini delle attività di Eni sulla terraferma nel polo petrolchimico e di altri impianti industriali nelle vicinanze. A livello mondiale ci sono più di 70 progetti di questo tipo tra Usa e nord Europa ma Descalzi è convinto che «riusciremo a garantire un costo per tonnellata stoccata molto concorrenziale». Il ceo di Eni vede in questo progetto – di cui al momento non si conoscono ancora dimensioni economiche e ricadute occupazionali – un’occasione per le società di ingegneria e meccanica dell’indotto ravennate in crisi per il blocco delle estrazioni di gas. «Una seconda vita complementare e sinergica all’attuale – fa sapere l’ufficio comunicazioni di Eni – per un distretto strategico che vive una crisi di settore ma sul quale Eni continua ad investire e che rimane trainante per l’area del Ravennate».

Per l’attività estrattiva, a gennaio 2018 Eni aveva illustrato un maxi piano di investimento da due miliardi di euro spalmati su più anni per il distretto dell’Adriatico centro-settentrionale che ruota attorno al quartier generale di Ravenna. L’attuazione del programma iniziale ha subito delle variazioni a causa dei mutati contesti normativi e ritardi nell’ottenimento delle relative autorizzazioni (leggi emendamento blocca-trivelle). Intanto non si ferma il piano di decommissioning: un impegno di circa 150 milioni di euro in quattro anni con 33 pozzi da chiudere e 15 strutture da dismettere, in funzione del rilascio delle necessarie autorizzazioni. Il programma è stato avviato lo scorso anno con la chiusura definitiva del pozzo Armida 1 nel mare ravennate e successivamente del pozzo Regina 1 al largo della costa riminese. Tra le chiusure rientra anche la piattaforma Angela Angelina al largo della costa di Lido di Dante, promessa dal primo cittadino tre anni fa.

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