Cibo a domicilio, Uil: «Molti ristoranti stanno assumendo fattorini propri»

I sindacati in provincia di Ravenna studiano come intercettare eventuali situazioni di disagio. Cgil: «Nessuno si è rivolto a noi, fenomeno ridotto»

Page Deliveroo Photo Jason SouthIl fenomeno rider al servizio di app per le consegne di pasti a domicilio non ha ancora una consistenza particolarmente rilevante nel territorio ravennate. Questo emerge dall’osservatorio dei sindacati locali. La spiegazione, secondo l’opinione dei sindacalisti che abbiamo contattato, potrebbe stare nella dimensione delle città di provincia e nei suoi stili di vita: una scarsa abitudine a ordinare a casa e la disponibilità al ritiro da asporto non hanno fatto sviluppare il mercato e quindi la richiesta di manodopera in sella a bici e scooter.

«Quello che stiamo vedendo – spiega Andrea Albicini della Uil – è un aumento di assunzioni dirette da parte dei pubblici esercizi della ristorazione: invece di appoggiarsi a servizi esterni che forniscono i rider, stanno aggiungendo personale per questo compito». In un periodo in cui il servizio a domicilio è stato l’unica attività per molti, la scelta di diversi imprenditori è stata quella di avere il proprio fattorino: «Nella maggior parte dei casi parliamo di part-time con contratti atipici per meno di 50 ore settimanali soprattutto concentrate nelle serate del weekend. In media lavorano per 6-7 euro netti all’ora». In questi scenari vengono applicati di solito i contratti dei pubblici esercizi sottoscritti da Confcommercio e Confesercenti. «In alcuni casi è la ditta che mette a disposizione il mezzo oppure sono previsti rimborsi chilometrici per chi usa il proprio motorino».

Albicini ha avuto modo di incontrare 5-6 lavoratori di questa categoria, solo un paio erano al servizio delle note app: «Non ci sono molti occupati e quindi è difficile che si formi un fronte comune per rivolgersi ai sindacati».

Anche Ada Assirelli della Cgil descrive uno scenario simile a quello delineato dal collega: «Nessuno si è mai rivolto a noi. Penso che sia legato alla scarsa consistenza del fenomeno nel nostro territorio così per quei pochi che lo fanno si tratta davvero di un secondo lavoro per arrotondare e le distorsioni del settore si avvertono meno».

Insomma Ravenna non è Bologna o Palermo dove i sindacati sono arrivati fino ai tribunali del lavoro con sentenze a favore dei rider. La sindacalista è convinta che si tratti di poca consistenza del fenomeno anche per via del profilo del lavoratore: «Parliamo soprattutto di giovani che sanno informarsi e come entrare in contatto con i sindacati attraverso vari canali, non si tratta dell’immigrato che lavora nei campi in condizioni di semi schiavitù e quelli se non li raggiunge il sindacato non arriveranno mai ai nostri uffici». È la vecchia storia di Maometto e della montagna, che secondo Assirelli bisognerebbe sperimentare anche con i rider: «Si potrebbe tentare di uscire la sera e passare dai ristoranti che hanno il servizio per lasciare materiale informativo a chi fa le consegne. In modo che abbiamo un contatto in più nel caso vogliano rivolgersi per assistenza».

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