Il sindacato lamenta irregolarità nel servizio gestito da Hera con Ciclat e Formula Ambiente per un miliardo di euro in 15 anni: «Il turno dovrebbe essere di sei ore ma c’è chi arriva a nove». Duecento occupati in provincia, ai lavoratori mille euro al mese per sollevare 800 bidoncini al giorno: «È estenuante, ritmi insostenibili». Dito puntato contro la catena di subappalti: «Poca manutenzione sui mezzi, a volte modificati per superare i limiti di velocità»
Uno stipendio mensile da circa mille euro netti per sollevare e svuotare bidoncini pieni di kg di rifiuti per ottocento volte ogni giorno. È la raccolta differenziata in provincia di Ravenna vista dal lato occupazionale. «È un lavoro estenuante fatto da persone che vengono considerate gli ultimi degli ultimi – riassume Lisa Dradi, segretaria provinciale della Cgil per la Funzione pubblica –. Il turno giornaliero dovrebbe essere di sei ore per sei giorni su sette ma spesso diventano otto o nove. Per completare il giro di raccolta si lavora a ritmi insostenibili. Non è un caso che il turnover sia molto alto».
Il servizio di raccolta differenziata in provincia di Ravenna è stato aggiudicato nel 2020 con un bando pubblico di Atersir, l’agenzia della Regione che si occupa di materia ambientale. L’aggiudicazione è andata a un raggruppamento di imprese composto da Hera con la ravennate Ciclat e la cesenate Formula Ambiente: incasseranno un miliardo di euro in 15 anni. In subappalto lavorano Ecotrash, Gsa, Copura, Colas, Coop Alice, Facchini, Brodolini. In totale nei diciotto comuni della provincia di Ravenna (ma il bando riguarda anche 17 comuni del distretto di Cesena per un totale di 600mila residenti serviti) sono impiegati poco più di duecento lavoratori e una novantina di mezzi (160 addetti con 50-60 mezzi tra Ravenna, Cervia e Bassa Romagna; 40-50 addetti con trenta mezzi nel Faentino)
E poi c’è il degrado dell’ambiente di lavoro: «La vita dei mezzi stradali dovrebbe essere di circa otto anni – dice Luca Savini, delegato all’Igiene ambientale per Fp-Cgil –, ma vengono spremuti al massimo e c’è una manutenzione scadente. Per non parlare delle norme igieniche: il filtro dell’aria in cabina andrebbe sostituito settimanalmente ma capita non accada per mesi, alcuni mezzi andrebbero lavati dopo ogni utilizzo ma questo non avviene».
In questo scenario gli infortuni sono frequenti e il turnover del personale è altissimo perché molti lavoratori lasciano dopo pochi mesi: «Questo non fa altro che peggiorare ancora di più la qualità del lavoro perché in caso di assenze vanno coperti turni più ampi e personale nuovo è continuamente da formare. Alla fine tutto questo non fa altro che peggiorare la qualità del servizio reso all’utenza. Il cittadino che si trova il bidone ribaltato o non svuotato se la prende spontaneamente con chi vede passare sui mezzi, ma molte volte queste persone sono gli ultimi degli ultimi costretti a ritmi frenetici per rispettare le consegne. Quando ne ho avuto occasione ho provato a offrire un caffè a qualcuno di loro e non c’è mai stato uno che abbia accettato perché ogni minuto è prezioso per completare il giro». Minuti così preziosi da lasciare il mezzo acceso quando l’operatore lavora da solo e deve guidare e raccogliere: «Andrebbero spenti a ogni sosta, ma non lo fa nessuno. E qualche settimana fa un camion è stato rubato e poi ritrovato».
Il sindacato critica il sistema di subappalti a catena in cui finisce per disperdersi l’attribuzione delle responsabilità: «Di fronte a disservizi e lamentele, il tentativo è sempre quello di far ricadere la responsabilità sui lavoratori oppure nel rimpallo fra aziende mandanti e mandatarie».
Il 28 settembre a Bologna si è riunito il comparto regionale dell’Igiene ambientale per i sindacati e da più parti dell’Emilia-Romagna giungono segnalazioni simili: «Sono allo studio alcune modifiche normative da proporre al legislatore, magari un limite di svuotamenti al giorno a turno. Dobbiamo arrivare ad avere un lavoro che garantisca un buon livello di ecologia collettiva ma che non finisca per far pagare il prezzo più alto ai lavoratori».