Porto, fondali a 12,5 metri: «I lavori da 250 milioni termineranno già nel 2024»

«Ma ora stringono quelli per la seconda tranche» Il presidente di Ap: «Follia pensare che questo progetto non fosse necessario: non c’era piano B»

Una veduta aerea del bacino San Vitale

Dopo decenni di annunci, smentite, polemiche e litigi, la firma era arrivata ormai tre anni fa. Il progetto Hub Portuale è partito di fatto in quel novembre del 2020, con l’assegnazione dell’appalto della prima tranche di lavori, da 235 milioni (oggi diventati 250) – finanziati da Cipe, Banca Europea degli Investimenti, Unione Europea e Autorità di Sistema Portuale. Lavori che consistono nell’approfondimento dei fondali del canale Candiano da 10,5 a 12,5 metri e nel contestuale rifacimento delle banchine esistenti, con la realizzazione anche di quella per il nuovo terminal container. Lavori che termineranno in anticipo, ci conferma il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale, che abbiamo incontrato nei giorni scorsi nella sede di via Antico Squero.

A questa prima fase di cantiere ne seguirà una seconda da oltre 200 milioni che porterà i fondali alla quota definitiva di 14,5 metri.

Daniele Rossi, qualcuno mette in dubbio la reale necessità di questi lavori. O perlomeno la loro dimensione. Vuole ribadire perché si investe quasi mezzo miliardo di euro sul porto?
«Se davvero qualcuno crede non fossero necessari, allora devo dire che la legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi ha fatto veramente dei danni…  Dobbiamo partire dalla constatazione che le dimensioni del naviglio sono in grandissima crescita. D’altronde, il costo medio dell’unità trasportata per essere compatibile con l’economia di mercato deve diminuire e l’unico modo per farlo è portare più merce. Veniamo da un periodo storico in cui abbiamo lavorato con navi da 35mila tonnellate per cui erano sufficienti 8,5 metri di pescaggio. Poi siamo passati alle navi da 55.000 tonnellate per cui è stato sufficiente avere i -10,50 metri. Ma ora siamo in un momento in cui le Panamax, navi da 80mila tonnellate, non possono entrare nel porto di Ravenna, per cui servono -12.50 metri. E oggi è inevitabile puntare anche sulle Capesize, navi da 180mila tonnellate che necessitano di pescaggi da 14,50 metri. Senza considerare poi quelle ancora più grandi che entrano nei porti di Trieste o Genova. Se noi usciamo da questa logica, se non approfondiamo quindi fino a 14,5 metri, il porto di Ravenna, semplicemente, chiude. Non c’è un piano B».

Non basta scavare pochi centimetri, insomma.
«Chi lo dice, poi tra l’altro non sa nemmeno dove mettere quei 100mila metri cubi di fanghi che bisogna scavare per togliere anche solo 10 centimetri. Noi invece abbiamo dovuto fare un progetto complessivo, approvato dal Cipe, in cui abbiamo presentato un piano per l’utilizzo di 10 milioni di metri cubi, da destinare per la realizzazione di oltre 200 ettari di aree produttive e logistiche, in un perfetto esempio di economia circolare. E se arrivi a 14,5 metri, poi devi anche adeguare le banchine. Ed è così che un progetto da 7-8 milioni diventa, inevitabilmente, un piano da 250 milioni».

Siamo in anticipo sui tempi, quindi?
«Sì, grazie a un contratto di accelerazione con l’impresa appaltatrice. i lavori che dovevano finire nel 2025-2026 per la maggior parte saranno pronti la prossima estate, o comunque entro il 2024. Questo ha avuto un costo (il progetto è passato da 235 a 250 milioni di euro anche a causa dell’adeguamento dei costi dei materiali, ndr), ma penso sia molto più importante per la nostra economia chiudere in fretta i lavori e avere un porto senza troppi cantieri in corso. Si trattava comunque sempre di cifre che sono nella nostra disponibilità, fornite dal ministero».

Per quanto riguarda la seconda fase, ci sono dubbi sui fondi Pnrr annunciati?
«No, abbiamo già i fondi stanziati (210 milioni di euro complessivi per la seconda tranche dei lavori, di cui 130 dal Pnrr, ndr). Sono i tempi a essere invece a rischio. Entro il 2026 l’impianto da realizzare in questa seconda fase deve essere in grado di trattare 1 milione di metri cubi di materiale da escavo, i tempi sono strettissimi. I lavori sono già aggiudicati ma stiamo attendendo le autorizzazioni amministrative».

Si è parlato per anni anche del nuovo terminal container che nascerà nell’ambito dei lavori dell’Hub Portuale. Ma Ravenna ha davvero le potenzialità per poter investire su questo comparto?
«Ravenna strutturalmente non è un porto destinato ai container. Nasce e ha come core business le rinfuse solide. I container sono però una parte importante da sviluppare. E proprio perché i numeri sono limitati, il margine per implementarli c’è. Se si parla di milioni di Teu, come capita in altri porti, sono il primo a dire che sono fantasie: non esiste un mercato da milioni di Teu da intercettare. Ma se dai nostri 250mila scarsi si vuole passare a 450-500mila, come abbiamo detto, i margini ci sono e non c’è proprio dubbio che ce li porteremo a casa quei 450-500mila Teu all’anno, grazie a una struttura nuova ed efficiente che nascerà e a un sistema logistico retroportuale come il nostro capace di gestire un carico addizionale. Voglio ricordare che siamo l’unico porto in Italia che è stato in grado di passare negli ultimi anni da 6mila a 10mila treni. E l’unico con una tangenziale che arriva alle banchine senza attraversare la città. Grazie anche alla “natura” e alla conformazione di Ravenna abbiamo la possibilità di puntare sull’intermodalità, che fa sempre più la differenza».

A proposito di treni, a frenare ulterioremente la crescita è sempre l’unica linea con Castel Bolognese…
«Ma non dipende da noi. Quello che invece possiamo fare è portare a termine l’accordo siglato con la Rete Ferroviaria Italiana per i due nuovi scali merci, che toglieranno quasi tutti i treni merci dalla stazione. Un investimento di 80 milioni (Autorità portuale ce ne mette 15, ndr) che sta procedendo. Per lo scalo in sinistra Candiano è stata completata la Conferenza di Servizi e al momento siamo in fase di progettazione esecutiva, così da poter partire il prossimo anno con i lavori. A destra siamo invece ancora in Conferenza di servizi, che speriamo di chiudere il prima possibile».

A che punto è invece la progettazione per i nuovi lavori al terminal crociere di Porto Corsini?
«È finita la conferenza dei servizi e tra qualche giorno la Royal Caribbean (la compagnia internazionale che ha ottenuto in concessione il terminal, ndr) pubblicherà un bando di gara da 50 milioni di euro per la realizzazione della nuova stazione marittima. Subito dopo come Autorità portuale prepareremo il bando per il Parco delle Dune (l’area verde su 12 ettari che dovrà collegare il terminal al paese, ndr). Per i tempi dipenderà molto dalla velocità delle autorizzazioni».

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