Tasso di fecondità in picchiata: «Con questi stipendi, la gente non fa più figli…»

L’analisi dell’economista D’Angelillo: «Natalità in calo dal 2008, anno della crisi. E ora anche gli stranieri non crescono più»

Foto Dangelillo Ott 2011

Massimo D’Angelillo

«Il peggioramento della situazione economica ha influito anche sui processi di natalità». Dati alla mano, è facile sottolineare la correlazione per Massimo D’Angelillo, storico economista ravennate, fondatore di Genesis Srl.

A partire dal tasso di fecondità, indicatore che esprime il numero medio di figli per donna in età feconda (15-49 anni) e che dovrebbe essere pari a 2,1 per assicurare a una determinata popolazione di riprodursi mantenendo costante la propria struttura. In provincia di Ravenna – secondo i dati Istat analizzati da D’Angellillo – il tasso di fecondità delle donne è cresciuto da inizio secolo fino a toccare l’apice nel 2008, anno della grande crisi, per poi passare dall’1,54 complessivo (grazie al 2,71 delle donne straniere) no all’1,23 del 2022, di poco inferiore alla media nazionale (con le donne straniere che per la prima volta scendono anche loro sotto il 2). «Il dato è generalizzato, ma anche in provincia la pandemia ha fatto andar via molti stranieri, che ora evidentemente non vedono più Ravenna come un luogo dove poter mettere su famiglia». I residenti stranieri negli ultimi tre anni nel comune capoluogo sono calati di un migliaio di unità, scendendo a fine 2022 a quota 17.664, con un calo più accentuato appunto tra i bambini. «Per un certo periodo, erano stati gli stranieri a risollevare la natalità media, ma ora si stanno adattando al comportamento degli italiani, forse come conseguenza anche di un processo di integrazione – continua D’Angelillo -. Ovviamente, una minor natalità porta a una serie di conseguenze note: minor disponibilità di forze lavoro e quindi minori contributi a fronte di un aumento del carico sul sistema del welfare da parte della popolazione anziana».

La ricetta per risollevarci? «Semplicemente, investire sul welfare. Ma non basta, se è vero che anche in territori da questo punto di vista virtuosi, come potrebbe essere il Ravennate, il fenomeno della denatalità è sempre più accentuato. Questo ci conferma che il problema è più generale, italiano ma che coinvolge anche la nostra provincia: è una questione di insicurezza economica, di stipendi bassi a fronte di prezzi in aumento, che porta a rimandare o addirittura rinunciare a fare figli. Le difficoltà nel trovare il lavoro, la casa, nel garantire alla propria famiglia un benessere adeguato. In questi mesi si è parlato tanto di salario minimo, sicuramente aiuterebbe, ma non credo basterebbe. La situazione economica più complessiva è pesante e prevedo che non cambierà in tempi brevi, almeno in Italia»

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