Le probabilità di un’alluvione a Fornace Zarattini erano molto basse nelle mappe del rischio idrogeologico, ma a maggio 2023 è successo davvero – a causa dell’acqua arrivata da una rottura del fiume Lamone a Reda – e molte imprese sono state colte impreparate. Per la Biesse Sistemi il danno è stato di 440mila euro. Il presidente Gabriele Orioli ha deciso che la sua azienda non dovrà mai più finire sott’acqua. O meglio, visto che tenere fuori l’acqua si è rivelata una strada impossibile, si è scelto di ideare un assetto dell’azienda in cui l’acqua può entrare facendo danni minimi.
La sede nella zona artigianale alle porte di Ravenna, dove vengono progettati impianti e sistemi automatici, è molto diversa dopo sedici mesi. La lista delle misure di difesa la fa il dirigente della ditta nata 51 anni fa: «Gli uffici sono stati spostati tutti al primo piano e al piano terra ci sono solo stanze con poco materiale. L’impiantistica del magazzino è stata posizionata sopra i 70 cm di altezza. A terra adesso teniamo solo cose che si possono spostare velocemente in alto e abbiamo posizionato dei ripiani e dei cavalletti pronti. Abbiamo creato una rampa per mettere in alto il muletto. E il reparto di officina meccanica, dove ci sono macchine che non si possono sollevare da terra, ora è tutto nell’area del petrolchimico dove avevamo già un capannone».
La scelta difensiva studiata dalla Biesse è quella di ammettere che l’acqua entri e non cercare di tenerla fuori: «Abbiamo tremila mq di capannoni e seimila mq di piazzale con sei ingressi. Pensare di costruire un muro sul perimetro era impossibile. Senza contare che le fogne portano dentro acqua. Nel 2023 abbiamo visto che l’acqua è andata via spontaneamente senza bisogno di idrovore come è successo da altre parti. Anche per questo abbiamo ritenuto più efficace avere una sistemazione capace di non essere danneggiata se entra l’acqua».
La decisione di non farsi più cogliere di sorpresa è anche mossa dal rimorso di aver sottovalutato il rischio un anno fa: «Alle 19.30 eravamo sul cavalcavia di via Gramentieri e vedevamo l’acqua nei campi. Pensavamo bastasse la ferrovia a tenerla lontana e invece alle 23 l’acqua è cominciata a entrare». Ora ci sono due stanze che fanno da monito per evitare che ci si dimentichi di quello che è successo e si abbassi la guardia: «Sono camere poco utilizzate che restano chiuse e quando apri la porta si sente ancora la puzza di umidità».
Il 19 settembre 2024 è stata la prova generale del nuovo assetto. Poco prima che l’argine del Lamone si rompesse a Traversara, l’acqua aveva iniziato a tracimare anche dalla sponda destra all’altezza di Santerno e il Comune di Ravenna aveva diramato un’allerta. «Se la rottura fosse stata sulla sponda destra c’era il rischio che gli allagamenti arrivassero in direzione di Fornace. E così quando abbiamo ricevuto gli allarmi abbiamo fatto un test. Alle 8 tutti i dipendenti hanno cominciato a sistemare lo stabilimento per affrontare un nuovo allagamento e abbiamo visto che tre ore ci bastano per farci trovare pronti». Alle 11 anche le vetture aziendali erano parcheggiate sul vicino cavalcavia: «Abbiamo preso un caffè insieme e per quel giorno abbiamo fermato l’attività».
L’esperienza dell’anno scorso ha insegnato che prevenire con difese proprie è la via più sicura. Perché rimborsi dallo Stato e liquidazioni dalle assicurazioni sono quasi miraggi: «Dallo Stato non è ancora arrivato nulla, ma intanto abbiamo anche pagato un perito del tribunale per certificare i danni. Abbiamo ricevuto 820 euro dalla Camera di Commercio con una pratica che è costata 840. Eravamo assicurati con due compagnie diverse e in totale abbiamo ricevuto solo 88mila euro perché sono spuntate le clausole che non coprivano tutti i danni».
La Biesse fattura circa venti milioni di euro all’anno: «Il danno subìto per l’alluvione è paragonabile a una perdita che potremmo subire per una mancata commessa, quindi avevamo le spalle larghe abbastanza per reggere l’urto. Ma se diventasse un danno frequente non potremmo farcela. Capisco bene quelle imprese che sono state alluvionate tre volte e ora sono a rischio chiusura».