Fornace Zarattini sommersa dall’esondazione del Lamone a 20km di distanza

Il Consorzio di bonifica spiega gli allagamenti della frazione alle porte di Ravenna con mille residenti e imprese che occupano migliaia di lavoratori: l’acqua convogliata dai canali Valtorto e Via Cupa

Alluvione Fornace Zarattini

Gli allagamenti per l’alluvione nel comune di Ravenna hanno riguardato una super­ficie di 60 km quadrati soprattutto a ovest e nord della città, un decimo dell’estensione totale del comune che è il secondo più grande d’Italia dopo Roma (60 kmq equivalgono, ad esempio, a un terzo del comune di Bologna e di Milano).

Nelle zone sommerse c’è la frazione di Fornace Zarattini: in soli tre kmq di asfalto e cemento, a cavallo di un tratto di 4 km di via Faentina (tra lo svincolo con l’A14 Dir e il cavalcaferrovia), hanno sede circa duecento attività e imprese con qualche migliaio di posti di lavoro, oltre a un insediamento residenziale con circa 1.600 abitanti. L’acqua ha raggiunto l’abitato nel pomeriggio del 18 maggio e in alcuni punti è rimasta anche più di una settimana. Cosa è successo a Fornace Zarattini? L’abbiamo chiesto all’uffi­cio tecnico del Consorzio di boni­fica della Romagna.

Qual è la provenienza delle acque che hanno causato gli allagamenti di Fornace Zarattini?
«Le acque che hanno invaso le aree ravennati sono arrivate dalla rotta dell’argine destro del fi­ume Lamone nel Faentino, fra Reda e Prada. Le acque si sono riversate nel territorio a monte del Canale emilia-romagnolo (Cer) invadendolo e sono arrivate alle porte di Ravenna passando per Russi, San Pancrazio, Godo, Villanova e si sono dirette a Fornace perché è l’abitato attraversato dai canali Valtorto e Via Cupa, posizionati nei punti più bassi del territorio proprio per poter drenare i terreni, che hanno raccolto e recepito le acque dell’esondazione. Il canale Via Cupa, pensile, ha fatto barriera e ha impedito che l’acqua arrivasse a Ravenna».

Quali sono i principali canali di scolo nel territorio di Fornace?
«Valtorto e i suoi affluenti da monte (Giannello, Canalette di Villanova e Manzone). Il Via Cupa, canale pensile, passa a latere dell’area di Fornace e scarica a gravità le acque di pioggia – non è dedicato a recepire acqua dei ­fiumi come successo nell’evento del 16-17-18 maggio – nella Pialassa della Baiona».

Qual è il profilo geografico e la funzione di questi canali?
«Il Valtorto nasce nelle campagne fra Godo e Russi, è lungo circa 14,5 km, con portata di 4.500 litri al secondo (l/sec) e ha la funzione di collettare a mare, tramite impianto idrovoro (Canale Valtorto) le acque di pioggia. Il Via Cupa parte dalla via Emilia (fra Faenza e Forlì) e arriva alla Pialassa Baiona percorrendo il territorio per circa 36 km (portata di circa 50mila l/sec stimati da calcoli in quanto, essendo a deflusso naturale non c’è un misuratore di portata). I nostri canali sono dimensionati per recepire le acque di pioggia con una distribuzione temporale e quantitativa “normale” (20/40 mm di pioggia nelle 24 ore e non 450 mm di pioggia nelle 48 ore più le acque di esondazione dei ­fiumi)».

Nel pomeriggio del 18 maggio, mentre gli allagamenti coprivano la campagna a sud della linea ferroviaria, nelle zone residenziali di Fornace l’acqua ha cominciato a uscire dai tombini in strada. C’è una spiegazione?
«Le fognature bianche che raccolgono le acque meteoriche gravitano sui canali Giannello e Valtorto già pieni di acqua di pioggia e di esondazione del Lamone, e questo ha provocato un rigurgito dai tombini».

Come mai il vicino abitato di San Michele è riuscito a evitare gli allagamenti?
«Sono terreni più alti e il percorso dell’acqua era diretto quindi verso la dorsale/direttiva fra il canale Via Cupa, a quote più alte, e il canale Valtorto. I terreni di Fornace sono a un livello inferiore, si trovano nell’ex valle del Manzone, terre “basse” di bonifi­ca».

Che cosa ha determinato lo scorrere delle acque da Fornace verso nord di Ravenna e non altrove?
«La direzione delle acque dipende dalle quote dei terreni; quindi, si sono dirette prima a Fornace, insediata nei pressi della valle del Manzone, a quote inferiori rispetto alle aree circostanti, e hanno proseguito il cammino fi­no alla chiusura del bacino di bonifi­ca, ossia l’impianto idrovoro Canala/Valtorto che scarica nella pialassa della Baiona».

Perché il defl­usso da Fornace ha avuto tempi così lunghi?
Il quantitativo di acqua riversata dai ­fiumi è stato enorme rispetto alla potenzialità dei nostri sistemi di boni­fica. L’idrovora Canala/Valtorto ha una capacità di sollevamento e smaltimento delle acque di monte di 12mila l/sec, adeguati alle normali piogge ma inadeguati a sollevare precipitazioni così abbondanti che hanno provocato l’alluvione e portato nel nostro sistema le acque del Lamone. Ne consegue che per asciugare i territori, nonostante l’aiuto di una cinquantina di pompe idrovore mobili (portata totale 26mila l/sec), i tempi diventano molto lunghi.

Se non si fosse rotto l’argine del Lamone, il reticolo di bonifica sarebbe riuscito a gestire le piogge ed evitare allagamenti?
«Diffi­cile dirlo. Forse avremmo avuto una situazione simile al 2015 con campagne allagate ma ripristinate in pochi giorni».

Quali interventi sono stati fatti per aiutare Fornace Zarattini?
«Il consorzio ha posizionato circa 50 motopompe provenienti da altri consorzi italiani, che ci sono venuti in soccorso, in punti strategici per poter riversare le acque nel Via Cupa alleggerendo il sistema Canala/Valtorto. Essendo il Via cupa pensile e a deflusso naturale, riusciva a scolare e avere un discreto franco di sicurezza, mentre non era possibile scaricare nello scolo Canala, già in piena e per non aumentare il carico dell’impianto idrovoro Canala/Valtorto in zona Bassette alla chiusura di bacino, che ha lavorato per giorni oltre le sue capacità di pompaggio».

Ci sarebbe stata la possibilità di evitare l’allagamento di Fornace intercettando le acque a monte e indirizzandole verso altri canali?
«No, i canali recettori sono quelli che abbiamo descritto prima e il percorso delle acque è condizionato dalle quote: i canali che le intercettano sono stati costruiti nelle quote più basse del territorio proprio per tale motivo. Qualsiasi altra strategia avrebbe aggravato e allargato le aree di allagamento già in atto».

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