Dopo quasi 30 anni chiude lo stabilimento di Fusignano della Lafert dove lavorano 60 dipendenti nella progettazione e produzione di motori elettrici per macchinari. La cessazione dell’attività è prevista per il 31 marzo 2025. La ditta veneta, da 60 anni leader in Europa e parte del colosso giapponese Sumitomo Heavy Industries, concentrerà la produzione nella sede di San Donà di Piave «per un aggiustamento delle economie di scala e dei costi fissi», come si legge in una nota diffusa dall’azienda. La comunicazione della decisione è stata data oggi, 13 gennaio, alle organizzazioni sindacali per discutere di tutte le soluzioni a tutela dei lavoratori.
La chiusura definitiva arriva dopo quasi due anni di ricorso alla cassa integrazione ordinaria, con un’incidenza di circa 6 giornate al mese, per gestire la carenza di volumi e il rallentamento della produzione. «La decisione è stata presa a seguito delle difficoltà che, da tempo, condizionano l’andamento dello stabilimento di Fusignano, uno dei quattro italiani del gruppo, specializzato nella produzione e vendita di motori asincroni monofase e trifase a bassa personalizzazione, esposti a una forte concorrenza».
La fascia di prodotto realizzata a Fusignano è fortemente colpita dalla concorrenza di prezzo dei produttori esteri, Cina tra tutti: «Hanno modificato la loro logistica grazie ad un hub in territorio europeo che consente loro di abbattere i tempi di consegna – spiega l’ingegngere Cesare Savini, amministratore delegato di Lafert -. Un insieme di fattori che negli ultimi due anni ci ha portati a ricorrere alla cassa integrazione, con la speranza di una ripresa, ma non arrivano dal mercato segnali di una possibile inversione di tendenza, pertanto ci vediamo costretti a prendere questa decisione dolorosa. A tutti i lavoratori e le lavoratrici va la mia solidarietà e quella del gruppo che manifesta la piena disponibilità a dialogare con le parti sociali al fine di favorire la rioccupazione del personale presso altre aziende della zona, con tutti gli strumenti a nostra disposizione».
Lo stabilimento di Fusignano, un tempo noto come Icme, è stato incorporato per fusione a inizio 2023 all’interno della Lafert. Quest’ultima opera con sei stabilimenti produttivi e commerciali, di cui quattro in Italia, uno in Slovenia e uno in Cina, e sei filiali commerciali nel mondo. Il fatturato Lafert nel 2023 è pari a 225 milioni di euro.
I sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil ritengono inaccettabile che, a due anni dall’incorporazione, un’azienda solida come la Lafert decida di scaricare i risultati negativi su lavoratrici e lavoratori e di conseguenza sul territorio e sulla comunità di Fusignano: «Negli ultimi incontri con i sindacati, i vertici aziendali non avevano comunicato alcuna ipotesi di chiusura dello stabilimento. Anzi avevano sempre rassicurato sul fatto di impegnarsi per recuperare competitività e produttività per il sito produttivo. Difenderemo i posti di lavoro, nella speranza di far ritornare l’azienda sui suoi passi. Ci sono 60 famiglie coinvolte e la situazione è ancora più drammatica se pensiamo che in più casi ci sono marito e moglie entrambi dipendenti dell’azienda».
Per il 15 gennaio è in programma un’assemblea sindacale che coinvolgerà tutte le lavoratrici e i lavoratori e i rappresentanti sindacali di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil.