Qual è l’identità gastronomica della Romagna? Una domanda impegnativa, a cui quest’anno si tenterà di dare risposta a Forlimpopoli, nel corso della tradizionale Festa Artusiana, in programma dal 24 giugno.
A occuparsi dell’arduo compito, in particolare, sarà CheftoChef, l’associazione nata per favorire proprio l’evoluzione della gastronomia regionale e la sua affermazione a livello nazionale e internazionale. Ne parliamo con Massimo Suozzi, tra i responsabili del progetto insieme ad altri due soci di CheftoChef, Franco Chiarini e Carla Brigliadori.
«Ogni nostro intervento – commenta Suozzi – ha come fine la valorizzazione del territorio attraverso l’attività dei produttori, dei cuochi e dei soci gourmet, le tre anime che compongono l’associazione. L’obiettivo è mostrare la trasparenza della filiera, creare consapevolezza del fatto che quello che si mangia ha una storia, è il frutto del lavoro di persone e del territorio, i due pilastri su cui si basa la qualità dei prodotti».
In che modo questo si incrocia con la Festa Artusiana?
«Ci siamo dati un obiettivo a lungo termine, per far partire da lì un messaggio che possa continuare nei prossimi anni: cercheremo di dare un’identità romagnola all’offerta del territorio».
E come nasce un’identità?
«Quando parliamo di identità, innanzitutto, spesso è come se tracciassimo un confine. Ma così si creano divisioni. Quando in realtà, all’opposto, si afferma la propria identità aprendosi e non chiudendosi. Vorremmo proprio fare questo, sottolineare l’importanza del dialogo. Basti pensare a quanto i territori romagnolo e toscano, dialogando, si siano influenzati tra loro, anche dal punto di vista gastronomico. Così come l’identità nasce anche dal dialogo stretto tra chi produce, chi trasforma e chi mangia, con un occhio aperto al fatto che il mondo in cui viviamo è in continua mutazione».
Come si concretizzerà, tutto questo, alla festa di Forlimpopoli?
«Avremo due stand fissi. Il primo dedicato ai produttori, con una rappresentanza delle eccellenze del nostro territorio. Prodotti che verranno utilizzati nello stand a fianco dai nostri chef, con una proposta che cambierà ogni giorno. Se per esempio si ordinerà un piatto di pollo alla cacciatora, si saprà da dove proviene quel pollo, che è una razza autoctona, frutto del lavoro di una determinata azienda del territorio. Un modo crediamo molto efficace per dimostrare quale sia la nostra filosofia: dal produttore al piatto. Abbiamo in programma anche tre tavole rotonde, il 27, il 29 giugno e il 2 luglio con chef, produttori e non solo: ci sarà anche un medico gastroenterologo, Gabriele Bazzocchi, che presenterà alcuni studi scientifici molto interessanti che ci dicono come il senso del gusto sia anche legato al nostro intestino, abbia legami con il tratto digerente. Il che ci fa capire una volta di più quanto la qualità sia importante».
Quali sono i veri “mangiari di Romagna”?
«Noi cercheremo di semplificarli dividendoli in tre categorie. Innanzitutto, le carni: dalla mora romagnola al vitellone bianco dell’Appennino, passando per l’agnellone romagnolo, il coniglio e il pollo. C’è poi tutto l’ambito del pesce dell’Alto Adriatico, quello che arriva anche a nuoto dalla Croazia, sempre a proposito di apertura al “dialogo”. Fino alle nostre liliacee, dallo scalogno di Romagna che tutti ci invidiano alla riscoperta della cipolla dell’acqua di Santarcangelo no all’Aglio Nero fermentato».
Senza dimenticare la pasta fatta in casa, immagino…
«Certo, i nostri chef alla Festa Artusiana hanno per esempio l’indicazione di utilizzare i prodotti di eccellenza anche con la pasta fatta in casa, che in Romagna è un must, che sia un pranzo o una cena».
Altri progetti di Chef To Chef?
«Per noi dopo i danni della pandemia questo è un anno di rinascita, in cui si stanno di nuovo ricompattando le forze. Siamo ripartiti con eventi e iniziative e stiamo cercando di lavorare a medio termine con altre proposte un po’ più strutturate. In particolare per quanto riguarda la formazione, stiamo pensando alla realizzazione di una scuola che possa dare competenze tecniche, culturali e di conoscenza dei territori, della storia. È ancora un progetto embrionale, ma su cui puntiamo molto».