
«Cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti, in primo luogo per i bambini» è da questo principio che, circa vent’anni fa, è nato il progetto Orto Slow Food a scuola, uno dei fiori all’occhiello dell’associazione. In provincia di Ravenna, l’unica scuola ad avervi aderito è il l’Istituto Comprensivo S. P. Damiano, che ha avviato il progetto 17 anni fa e oggi coinvolge quattro plessi e oltre 350 alunni. All’orto principale della scuola Riccardo Ricci si sono aggiunti due orti “in cassone” nelle scuole dell’infanzia Buon Pastore e, proprio in questi giorni, sta prendendo forma anche quello della scuola media.
Da12 anni, la referente del progetto nell’istituto è l’insegnante Angela Rosa, volontaria di Slow Food Ravenna Aps. Per il suo impegno nella salvaguardia e nella crescita dell’iniziativa, lo scorso 2 giugno ha ricevuto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”: «È stato un momento bellissimo, sono ancora emozionata – racconta l’insegnante – negli anni ho sempre pensato di fare soltanto il mio lavoro, non avrei mai immaginato che potesse diventare tanto importante».

Tra i meriti dell’insegnante infatti, quello di aver trasformato un’attività stagionale in un laboratorio annuale che coinvolge genitori e soprattutto nonni, creando un ponte generazionale che favorisce lo scambio di competenze, abilità e esperienze. Come in tutte le oltre 400 scuole d’Italia aderenti al progetto infatti, i bambini seguono in prima persona tutte le fasi del ciclo dell’orto, dalla semina al raccolto, uscendo a piccoli gruppi dalle classi durante l’orario scolastico. All’Istituto San Pier Damiano però l’esperienza si arricchisce ulteriormente grazie al coinvolgimento attivo dei nonni, che ogni mercoledì e venerdì hanno accesso all’orto per trasmettere ai più piccoli il sapere legato alla terra e alle tradizioni locali, patrimonio tipico della loro generazione. Oggi sono circa quindici i nonni coinvolti.
Nei mesi in cui l’orto riposa, il laboratorio si trasforma grazie a un’intuizione di Rosa: la responsabile ha deciso infatti di ampliare il laboratorio, trovando nuove modalità e contenuti: ed ecco quindi che i nonni mettono in campo le loro abilità di falegnameria, creando casette per gli uccelli e utensili e le nonne recuperano le stoffe dei corredi per creare borse per le verdure, portapane, stampe romagnole e sacchettini di lavanda da confezionare insieme ai bambini: «L’obiettivo è quello di recuperare le tradizioni di un tempo, perché non vengano dimenticate, creando un’amalgama tra passato e futuro – prosegue la responsabile -. Nonostante io non abbia origini romagnole, ho cercato di lavorare sulle tipicità del territorio per far riscoprire ai bambini le loro radici, anche attraverso raconti in dialetto e giornate con i canterini di Romagna».
I materiali preparati con i nonni, insieme al raccolto, vengono poi venduti nelle feste e nei mercatini (prima della pandemia anche al Madra, mercato agricolo della città) per autofinanziare la cura dell’orto, che resta il cuore dell’esperienza: «L’orto insegna ai bambini due valori fondamentali: la cura e la lentezza, sempre più rara per chi è nato in un mondo tanto frenetico come quello di oggi – commenta l’insegnante – inoltre, imparano anche a far fronte all’insuccesso, perché non tutto ciò che si semina poi riesce a nascere. Ma la gioia sul loro viso durante la raccolta è impagabile». L’orto diventa anche occasione per affrontare aspetti didattici più pragmatici, come l’aritmetica «quando prepariamo e numeriamo i semenzai» e l’italiano «imparando nuovi termini e lessico specifico».
Le normative igienico sanitarie vigenti in ambito scolastico non permettono ai bambini di assaggiare il raccolto in classe, ma attraverso gare di tabelline o di grammatica possono aggiudicarsi un cespo di insalata o un cestino di fragole da consumare a casa con il consenso dei genitori. Prima del Covid, gli alunni potevano anche sperimentare le trasformazioni del loro raccolto in prima persona, nella cucina dell’istituto: «Sono ortaggi di ottima qualità, completamente biologici e organici, coltivati senza pesticidi e in maniera ovviamente etica, dove lo sfruttamento lascia spazio all’apprendimento e al divertimento» precisa l’insegnante. Nell’appezzamento di terra trovano spazio insalata e cicoria, aglio, cipolla, patate, fragole, e piante aromatiche, che vengono essiccate e lavorate insieme al sale di Cervia. Proprio in questi giorni verrà aggiunto anche il mais, regalato alla scuola da un’azienda incuriosita dal progetto. Gli insegnanti coinvolti ricevono formazione da Slow Food, con il supporto dell’istituto agrario Perdisa.
Tutto segue criteri di stagionalità e territorialità. Durante l’estate, un impianto a goccia mantiene l’orto vivo riducendo gli sprechi.
L’attenzione alla sostenibilità ambientale dell’Istituto si estende ad altre iniziative: «Abbiamo ideato il contest interno “La merenda sana”, in cui invitiamo i bambini a portare, in date stabilite, spuntini fatti in casa a base di frutta, verdura o semi. A fine anno premiamo la scuola più virtuosa. Con il progetto “La classe meno sprecona” invece pesiamo gli avanzi nel piatto a fine pranzo, incoraggiando a non sprecare. Spesso i più piccoli sono già abituati ai sapori forti dei cibi processati e la nostra mensa propone un menù sano ed equilibrato, che inizialmente può fare storcere il naso. Ma abbiamo visto che piano piano è possibile riabituarsi ai sapori autentici della natura, e il piatto rimane vuoto…».