Sessanta famiglie colpite più volte ai piani terra, altre trenta domande in fase di istruttoria
Sono sessanta le famiglie di Faenza che hanno ricevuto il contributo straordinario messo a disposizione dal Comune come aiuto ai nuclei che hanno subìto, nei propri piani terra, i danni di più di una alluvione. Il totale liquidato a oggi è di 512mila euro. Una trentina di altre pratiche è attualmente in corso di verifica istruttoria. Il Fondo Alluvione è stato istituito il mese scorso a seguito degli eventi meteorologici di settembre 2024, per garantire una prima misura tangibile di sostegno ai cittadini. I potenziali beneficiari possono presentare domanda entro il 13 dicembre 2024.
Per l’amministrazione si tratta di un primo importante passo per aiutare le famiglie più colpite da emergenze senza precedenti: una risposta materiale a un bisogno sociale. L’obiettivo è di offrire un sostegno economico immediato che, a differenza di Cis e Cas, consenta di rendicontare tutte le spese sostenute per le necessità del nucleo familiare come utenze domestiche (luce, acqua, gas), spese mediche, assicurative, rate mutui, acquisto di beni di prima necessità, compresi telefoni cellulari, bici, monopattini, auto, elettrodomestici, arredi, abbigliamento, ecc.
Gli appuntamenti al teatro Alighieri dal 15 al 19 novembre, con la regia di Pier Luigi Pizzi e l’Accademia Bizantina. Spazio anche a un recital con il controtenore Orliński
Didone e Enea
Da Verdi a Mozart, da Puccini a Leoncavallo e Mascagni, da Bellini e Bizet fino a esplorare l’eredità dantesca e l’operetta: negli anni la Trilogia d’Autunno ha attraversato grandi stagioni della lirica e questa volta, a coronamento della XXXV edizione di Ravenna Festival, si avventura fino alle radici del belcanto e alle origini dell’opera. È infatti al Seicento barocco che appartengono i titoli e il repertorio in scena al Teatro Alighieri di Ravenna dal 15 al 19 novembre.
Due i nuovi allestimenti che possono contare sulla raffinata regia di Pier Luigi Pizzi e la sapienza musicale di Accademia Bizantina e Ottavio Dantone: il primo è Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi (15 e 18 novembre, alle 20), mentre il secondo è dedicato a Purcell, la cui ode a Santa Cecilia incastona Dido and Aeneas (16 e 19 novembre, alle 20). Al centro del dittico di “eroi erranti in cerca di pace”, come vuole il titolo della Trilogia, c’è un recital: il controtenore polacco Jakub Józef Orliński, affiancato dall’ensemble Il Pomo d’Oro, propone Beyond | Orliński (17 novembre alle 15.30).
«A ‘tenere insieme’ le opere sullo stesso palcoscenico, una sera dopo l’altra, è un dispositivo scenico comune – spiega Pier Luigi Pizzi, che cura anche scene e costumi (sono invece di Oscar Frosio le luci) – È un luogo della memoria, uno spazio culturale dove si svolgono le due azioni che, pur vivendo in una stessa architettura, debbono ognuna respirare secondo le proprie peculiarità e soprattutto secondo l’unicità della partitura e del libretto. A orientare il pubblico nel Ritorno di Ulisse si vedrà da subito il telaio di Penelope, oggetto che da solo richiama l’antefatto, le pene della lunghissima attesa. Mentre nel Dido il clima emotivo è diametralmente opposto: siamo in una scuola e al centro ci sarà la vitalità dei giovani studenti, la gioia di fare musica e la spontaneità dell’improvvisazione. Senza dimenticare che al di là di queste differenze, entrambe le opere affondano le radici nel mito: Ulisse ed Enea, reduci della guerra di Troia, sono costretti a peregrinare a lungo in terre diverse e tra gente straniera. Quel lungo percorso, le prove sostenute e le avversità danno valore alle loro conquiste e alla pace ritrovata».
«Per stile e retorica, ovvero l’arte del ben comporre, considero Il ritorno di Ulisse in patria la vera opera tra quelle rimaste di Monteverdi, nonché una delle opere più belle mai scritte – sottolinea Ottavio Dantone, che per entrambi i titoli si affida alle edizioni critiche curate da Bernardo Ticci – Mentre all’interno dell’Ode a Santa Cecilia di Purcell faremo “germogliare” Dido and Aeneas, partendo da un’intuizione registica di Pier Luigi Pizzi: un gruppo di studenti impegnati in festeggiamenti goliardici decidono di rappresentare le vicende dell’eroe troiano e della regina cartaginese. Sono contento di affrontare Purcell, di cui ho già diretto Fairy Queen, grande genio della storia della musica, unico nel saper fondere i gusti dell’epoca in una ricchezza armonica incredibile. La differenza più appariscente tra il teatro italiano e quello inglese è la presenza dell’elemento magico e incantato, del tutto estraneo, anche in futuro, al carattere dell’opera nostrana. Ma ciò non impedisce a Dido and Aeneas di possedere, come l’Ulisse di Monteverdi, le stimmate inequivocabili della modernità».
Il ritorno di Ulisse in patria
È con il lamento di Penelope che si apre Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi – che debuttò per il Carnevale del 1640 al Teatro Santi Giovanni e Paolo a Venezia – dato che l’argomento era sufficientemente noto per un esordio in medias res. Accanto al trittico dei protagonisti umani (a Ravenna Ulisse è Mauro Borgioni, mentre Penelope e Telemaco sono rispettivamente Delphine Galou e Valerio Contaldo) figurano le divinità, ovvero il Giove di Gianluca Margheri, il Nettuno di Federico Domenico Eraldo Sacchi, la Minerva di Arianna Vendittelli e Giunone di Candida Guida. Senza contare le personificazioni della Humana Fragilità (Danilo Pastore), del Tempo (Gianluca Margheri), della Fortuna (Chiara Nicastro) e di Amore (Paola Valentina Molinari). Fra i mortali, accanto ai Proci – interpretati da Federico Domenico Eraldo Sacchi, Danilo Pastore, Jorge Navarro Colorado e Žiga Čopi – e alle donne al servizio di Penelope (la nutrice Ericlea, ovvero Margherita Maria Sala, e l’ancella Melanto, cioè Charlotte Bowden), figurano il fedele porcaro Eumete (Luca Cervoni) e Iro (Robert Burt), un mendicante che è anche il primo personaggio comico di Monteverdi. Il suo grottesco compianto per la pancia vuota e la gola asciutta è un controcanto al severo, elevato recitativo di Penelope e Ulisse, alle canzonette da schermaglia amorosa fra Melanto e l’amante Eurimaco, alla vocalità più elaborata e fiorita degli dei e soprattutto al lamento di Penelope, vetta dello stile patetico monteverdiano. Come affermò il librettista dell’opera, Giacomo Badoaro, con questa partitura il compositore aveva fatto “conoscere al Mondo qual sia il vero spirito della Musica teatrale”.
In Didone e Enea nel giorno di Santa Cecilia, gli allievi di una scuola di musica intonano Hail, bright Cecilia: l’omaggio alla santa patrona della musica suggerisce l’improvvisazione, all’interno dell’ode, del Dido and Aeneas, che Purcell compose attorno al 1689 proprio per le giovani gentildonne di un convitto nel sobborgo londinese di Chelsea. Anche il libretto di Nahum Tate sceglie per orizzonte l’epica classica, in questo caso virgiliana. Naufrago a Cartagine, l’eroe troiano interpretato da Mauro Borgioni si innamora della regina, affidata ad Arianna Vendittelli, ma una maga (Delphine Galou) trama con le sue compagne (Chiara Nicastro e Paola Valentina Molinari) per separare gli amanti. Lo spirito maligno da loro evocato assume le sembianze di Mercurio (Žiga Čopi) e ordina ad Enea di riprendere il mare per compiere il suo destino. La partenza dell’amato, annunciata dall’aria del marinaio (Jorge Navarro Colorado), spinge Didone al suicidio, sulla celeberrima aria finale When I am laid in earth, con cui la regina prega la confidente Belinda, ovvero Charlotte Bowden, di ricordarla. Il cast vocale si completa con Candida Guida nei panni di un’ancella; nella produzione saranno inoltre in scena Gianluca Margheri e Federico Domenico Eraldo Sacchi e il Coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini preparato da Lorenzo Donati.
A completare la Trilogia è stato chiamato uno dei protagonisti della scena vocale dei nostri giorni, simbolo del rinnovamento e al tempo stesso dell’intramontabile forza espressiva e comunicativa di un repertorio che sa sfidare i secoli. È Jakub Józef Orliński, il controtenore polacco che, poco più che trentenne, con la sua voce celestiale ha conquistato il pubblico internazionale. Con la complicità dell’ensemble Il Pomo d’Oro, il recital include pagine di Monteverdi, ma anche di Barbara Strozzi, Giulio Caccini, Francesco Cavalli ed altri noti e meno noti compositori del periodo. «Con questo programma voglio concentrarmi sul significato della parola ‘Beyond’ – spiega Orliński – in particolare nel senso che questa musica risuona al di là del suo tempo. È ancora attuale, ancora viva, vibrante, toccante, coinvolgente e divertente. Insieme a Il Pomo d’Oro e ai suoi acclamati musicisti, vi porterò oltre i limiti di un concerto classico o di un concetto musicale, in un viaggio di scoperta. Sono aiutato nel mio intento dal mio caro amico Yannis François, che con le sue ricerche d’epoca ha scovato alcuni pezzi straordinari».
Domenica al Pala De André arriva una delle favorite, Brescia
La Consar viene a capo di una partita rivelatasi ostica, come da previsioni, rimonta due set e va a vincere al tie-break sul campo di una Evolution Green che ha messo alla frusta Goi e compagni, soprattutto nei primi due set, in battuta (14 gli ace complessivi, con Lyutskanov e Motzo che ne hanno messi a segno 5 a testa) e in attacco. La Consar ha trovato grandi risorse a muro (13 quelli vincenti) e nel solito gioco di squadra, lievitato nel corso del match quando anche la ricezione è andata migliorando. Guzzo con 23 punti è il miglior marcatore del match, mentre Zlatanov, inserito sul finale del secondo set, ha giocato come un veterano contribuendo alla risalita della squadra.
La Consar esce da Aversa con il sesto successo in sette partite, il quarto in altrettante trasferte e un primato in classifica consolidato. E domenica al Pala De Andrè arriva una delle pretendenti alla SuperLega, la Consoli Sferc Brescia.
Le dichiarazioni di coach Valentini. «È stata una partita tosta sotto tutti i punti di vista ma lo sapevamo. Aversa ci ha messo in difficoltà con turni in battuta molto aggressivi, che noi abbiamo cercato di sopportare senza uscire dal match mentalmente. Dal terzo set abbiamo iniziato a giocare in maniera diversa, sistemando la ricezione e crescendo a muro. Anche oggi i ragazzi hanno fornito una bella prova di squadra, venendo fuori da un inizio complicato in cui dovevamo gestire meglio le situazioni di gara. Vittoria che ci dà tanto entusiasmo e fiducia».
In una domenica di colori ed emozioni, nonostante una mattinata piuttosto fredda, la 25esima edizione della Esselunga Maratona di Ravenna Città d’Arte non ha disatteso le aspettative. Sono stati tantissimi gli iscritti che hanno invaso le vie ravennati nel weekend. Una manifestazione che ha portato nel capoluogo bizantino, nell’arco dei tre giorni di eventi e iniziative, oltre 16mila partecipanti nel computo totale dei diversi appuntamenti in programma. Un legame tra la città e il suo evento sportivo più rappresentativo che si è rafforzato ulteriormente stabilendo così un nuovo record che si avvicina di molto a quello assoluto stabilito nel 2019 in epoca pre-Covid.
Prima un sabato che ha coinvolto 2.652 fra bambini, ragazzi e famiglie intere nella Esselunga Family Run corsa nell’area esterna del Pala De André, l’impianto che ha ospitato un affollatissimo Expo. A seguire, sempre nella giornata precedente il grande evento, la Dogs&Run, maratonina a 6 zampe, con 350 cani affiancati da 852 accompagnatori. Iniziative che hanno preceduto una domenica da ricordare per tutta la città. Alle 9.15 il via della Esselunga Maratona di Ravenna e della Consar Half Marathon con 4.029 partenti (1.330 nella 42K e 2.699 nella 21K). A seguire il centinaio tra persone con disabilità fisica e intellettivo-relazionale insieme ai loro accompagnatori della Correndo Senza Frontiere. Poi la festa della città partita dal De André alla volta di Via di Roma dove sono terminate tutte le distanze della domenica: la Martini Good Morning Ravenna 10K con addirittura 8.541 iscritti. Fino al primo pomeriggio una lunga festa con gli arrivi su via di Roma che hanno continuato ad animare una città letteralmente invasa dai runner e dai loro accompagnatori.
Per quanto riguarda i risultati ufficiali delle gare, riflettori sulla Consar Half Marathon che ha registrato il nuovo record della gara femminile e un assoluto dominio del Kenya vincitore di tutte quattro le prove principali.
Partendo dalla Esselunga Maratona di Ravenna in campo maschile tripletta keniana. Primo posto per Keiyo Samson Kipchirchir in 2h12’52’’, secondo per Mutai Vincent Kiprotich con 2h15’12’’ e terzo Chepkorom Laban in 2h16’’26’’. Nella gara femminile vittoria per la keniana Merci Jebet Kibor arrivata stremata al traguardo con il tempo di 2h44’55’’. Distante la seconda classificata, l’etiope Geta Betatu Aga in 2h50’51’’ e terza Maris Heinaru con 2h56’46’’.
Come anticipato riscontri cronometrici incredibili nella Consar Ravenna Half Marathon, in particolare nella gara femminile con sette atlete al traguardo con un tempo migliore del precedente record della gara. Nella prova maschile vittoria del keniano Kipcoech James Kipkogei con l’ottimo 1h00’28’’ seguito dal keniano Kimutai Joseph Kimeli in 1h00’50’’ e in volata sul terzo gradino del podio lo svizzero Raess Jonas al debutto in 1h02’18’’. Nella Consar Ravenna Half Marathon femminile i migliori risultati, anche in questo caso con una tripletta keniana. Vincitrice e assoluta protagonista della giornata Cynthia Chepchirchir Kosgei con il nuovo record di 01h09’45’’ demolito di oltre un minuto il precedente record di 01h10’49’’.Secondo posto per Jepkogei Cheruyot Vivian in 01h09’50’’ e terzo per Nyaruai Wanjiru Veronicah con 01h10’11’’.
All’arrivo e alla partenza dell’evento tanti i rappresentati delle autorità locali, medagliati olimpici come Gelindo Bordin e il Presidente della FIDAL, Federazione Italiana Atletica Leggera, Stefano Mei a dimostrazione dell’assoluto livello qualitativo, sia per l’organizzazione che per partecipazione, raggiunto dalla manifestazione organizzata da Ravenna Runners Club e resa possibile dai 700 e oltre fantastici volontari, le forze di polizia e dai fondamentali partner che hanno scelto di sposare la Maratona di Ravenna.
Tutti i risultati ufficiali della giornata sono disponibili sul sito www.endu.net.
La candidata del centrodestra: «Mai avuto tessere di partito. L’alluvione? È mancata la manutenzione»
Dopo quella a Michele de Pascale, pubblichiamo anche l’intervista (con le stesse domande) a Elena Ugolini, candidata alla presidenza della Regione con il sostegno del centrodestra unito (e in particolare delle liste di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, a cui si deve aggiungere quella civica per “Elena Ugolini Presidente”).
Nome: «Elena Ugolini» Luogo e data di nascita: «Rimini, 9 giugno 1959». Residenza: «Bologna». Titolo di studio: «Laurea in Filosofia a Bologna». Professione: «Dirigente scolastica (in aspettativa)». Dichiarazione dei redditi 2023: «58mila euro lordi». Stato civile: «Coniugata». Figli: «Quattro». Hobby: «Lavorare». Ultima tessera di partito:«Mai avuta». Per chi ha votato alle ultime Europee e Politiche: «Alle Europee per motivi di famiglia mi son dovuta assentare e alle Politiche per un partito di centrodestra».
Ugolini, perché si candida alla guida della Regione Emilia-Romagna? «Perché mi sono chiesta se la nostra Regione avesse realmente a cuore gli abitanti di questa terra, e la risposta è stata “no”. Perché mi son chiesta se è normale diventare più poveri se si fa un figlio o se bisogna curare un anziano o se si ha in casa un disabile, e la risposta è stata “no”. Perché mi son chiesta se fa bene alla nostra Regione e al suo futuro avere la stessa mentalità politica e culturale da oltre cinquant’anni al potere, e mi son risposta chiaramente di no».
Un suo modello di riferimento per questo ruolo? «Il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia».
Idee e proposte per migliore la sanità a parità di risorse dallo Stato. «Oggi il cittadino si trova a vagare tra enti e strutture senza una guida precisa che lo accompagna. È questo che dobbiamo cambiare, adottando il modello della “presa in carico”, che si può avvalere dei copiosi dati epidemiologici a disposizione, l’impatto in tal senso della intelligenza artificiale sarà enorme, per individuare il bisogno e soprattutto per intercettarlo, rendendo il sistema sanitario veramente vicino al cittadino e pro-attivo. L’adozione di tale paradigma rappresenta il contesto favorevole per applicare sistematicamente la medicina di iniziativa, che è una delle sfide più avanzate che il servizio sanitario regionale deve fare propria. Dobbiamo passare dal paradigma “dell’attesa” ad un approccio appunto pro-attivo per intercettare vulnerabilità e rischi di instabilità delle patologie croniche o di decadimento psico-fisico quando ancora non si sono tradotti in una domanda esplicita».
Negli ultimi due anni siamo stati più volti colpiti dalle alluvioni, in particolare in Romagna, ma non solo. Quali responsabilità ha avuto secondo lei la Regione? «Una premessa: la Regione ha una precisa competenza, quella della manutenzione dei fiumi. Spero che sul fatto che la Regione Emilia-Romagna non abbia garantito la pulizia dei fiumi, dei torrenti e dei canali, lasciando diventare gli argini dei boschi, siamo tutti d’accordo. Inoltre, come certificato dalla Corte dei Conti, la Regione non è in grado di capire tempestivamente che cosa è stato effettivamente realizzato. Avere carenze nella rendicontazione dei lavori, che vengono svolti grazie a soldi dei cittadini, direi che è una cosa molto grave».
Il cambiamento climatico è una realtà o una comoda scusa? «Sicuramente è una realtà, ma non possiamo essere noi a gravare i problemi perché non curiamo il territorio e non costruiamo opere che governano l’acqua».
Autonomia differenziata. Quali competenze chiederà di poter gestire direttamente al governo? «Questa è una cosa che valuteremo insieme alla giunta regionale».
Scuola e formazione in profonda trasformazione. Quale dovrebbe essere il ruolo della Regione nel futuro? «La Regione deve avere un ruolo di sostegno nel miglioramento dell’offerta formativa e della qualità della scuola. Questo deve valere per tutti gli alunni e tutti i territori della nostra Regione, garantendo la libertà d’educazione e la possibilità di frequentare dei percorsi di istruzione e formazione professionale pensati con il mondo dell’artigianato, del commercio e più in generale del mondo aziendale. Questo perché dobbiamo migliorare le competenze a tutti i livelli».
Un impegno rispetto ai consultori e al tema dell’Interruzione volontaria di gravidanza. «Garantire la piena applicazione della 194».
Cosa vedremo in Emilia-Romagna se fosse eletto che non vediamo ora. «Aria nuova, aria fresca, persone scelte in base alla competenza e non all’appartenenza, una Regione aperta e che sta tra i cittadini, ma soprattutto non ci sarà più una certa arroganza che caratterizza chi ha un potere da oltre cinquant’anni e che deve rispondere a dei legami inscindibili tra economia e politica».
L’errore più grave di Bonaccini? E il suo più grande merito? «L’errore più grave è quello di non aver risolto i problemi che affliggono la nostra Regione, raccontando che tutto andava bene. Non è un caso che ora il candidato del centrosinistra propone, a dir la verità con poca credibilità, di cambiare diverse cose. Il suo più grande merito è aver deciso di andare in Europa per la sua carriera politica e di darci la possibilità di cambiare il governo della nostra regione».
Cosa ha promesso agli alleati che la sostengono? «Di portare avanti un progetto di cambiamento vero del metodo con cui si è governata la nostra Regione fino a oggi. Un progetto civico che mette al centro le persone, chi lavora, chi mette al mondo un figlio, chi educa, chi ogni giorno aiuta un anziano o una persona con disabilità, chi soccorre gli ultimi… un progetto che è stato condiviso fin da subito».
Cosa chiede loro nel caso fosse eletta? «Di continuare per la strada che abbiamo intrapreso. La determinazione a raggiungere gli obiettivi insieme e di realizzare i nostri obiettivi con competenza e metodo».
Qualora non fosse eletta continuerà a svolgere gli incarichi che ricopre attualmente? «Sarò consigliere regionale e porterò avanti i miei temi, rappresentando tutti i cittadini che credono in un’Emilia-Romagna migliore».
In Liguria abbiamo visto un’alta percentuale di astensionismo nonostante l’ampia offerta politica. Che cosa si aspetta in termini di affluenza? E in termini di consensi? «Questa volta possiamo veramente cambiare la nostra Regione perché percepisco una forte volontà di provare un’amministrazione nuova e diversa, che fa della centralità della persona il suo modello politico».
Verrà ripristinata la pavimentazione stradale in lastre di pietra
Da lunedì 11 novembre viale Giacomo Matteotti, a Milano Marittima verrà chiuso al traffico veicolare, nel tratto compreso tra la rotonda Primo Maggio e viale Romagna, per consentire le operazioni di ripristino della pavimentazione stradale in lastre di pietra.
L’intervento consiste nella sostituzione e la stabilizzazione di quelle parti che negli anni, con il continuo passaggio dei mezzi, hanno subìto un deterioramento.
I lavori avranno una durata di circa 2 settimane, prevedendo la riapertura della strada ed il ripristino della circolazione stradale per il weekend del 23-24 novembre.
In questo periodo sarà comunque sempre garantito il passaggio pedonale, per consentire di raggiungere le attività commerciali presenti nel tratto interessato dagli interventi, e l’accesso ai mezzi da sud fino al Vialetto Ortigara per i residenti e per chi effettua carico e scarico merci per le attività commerciali.
Due mozioni della lista civica La Pigna per risolvere il problema con cui convivono da decenni dierse abitazioni del forese
Continua a tenere banco la questione delle cosiddetta “case sparse” non servite dalla rete dell’acquedotto, nel “forese” del comune di Ravenna. Abitazioni in particolare in zona San Pietro in Vincoli che da circa 40 anni chiedono l’allaccio alla rete idrica e che ora non sono disposti a pagare alcune decine di migliaia di euro per finanziare il progetto di Hera. Ne è nata una protesta che ora torna in consiglio comunale grazie a due mozioni presentate dalla lista civica La Pigna, grazie anche alla consulenza di «un legale di provata competenza in materia».
La prima proposta chiede l’impegno del sindaco e della giunta comunale «ad estendere la rete idrica, quella del gas, e quella fognaria, alle case che hanno già pagato, ormai 40 anni fa, gli oneri di urbanizzazione al Comune di Ravenna, il quale ha quindi incassato tali oneri, senza mai ottemperare ai propri obblighi di realizzazione dei suddetti impianti a servizio di tali abitazioni». Secondo La Pigna «vai è giurisprudenza che attesta l’obbligo in capo al Comune di realizzare, anche a distanza di anni dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, le reti dell’acqua, del gas e delle fognature. Nel Comune di Ravenna ci sono diversi casi che rientrano perfettamente in questa situazione».
La seconda proposta prevede che «il Comune di Ravenna e/o la società controllata Ravenna Holding spa, coprano il 50% dei costi dell’estensione della conduttura dell’acqua fino alle case sparse. Nel febbraio 2024 il consiglio comunale aveva approvato un ordine del giorno nel quale, su proposta del gruppo consiliare La Pigna, Città-Forese-Lidi , si impegnava il sindaco a coprire il 50% del costi dell’estensione della rete idrica alle case sparse con soldi comunali, nel caso in cui Atersir non avesse aumentato il proprio contributo oltre al 50% già promesso. Atersir ha confermato ufficialmente che non verserà più di questa quota. Pertanto, come prevede la nostra seconda proposta, il sindaco e la giunta comunale devono attivarsi affinché il Comune di Ravenna provveda congiuntamente o disgiuntamente a Ravenna Holding a coprire il 50% dei costi di estensione della rete idrica alle case sparse».
«Ci auguriamo – conclude la nota inviata alla stampa dalla Pigna – che finalmente De Pascale e la maggioranza politica che lo sostiene, abbiano un moto di coscienza e si rendano conto che non è più tollerabile avere cittadini ravennati che non possono godere del servizio idrico pubblico».
2 a 0 per i giallorossi al Benelli, quarta vittoria su quattro per il nuovo tecnico Marchionni
Il Ravenna di Marchionni sa solo vincere. Quarta partita con il nuovo allenatore e quarta vittoria per i giallorossi, la più importante, nel derby contro il Forlì, scavalcato al secondo posto in classifica del gruppo D, a soli 3 punti dal Tau Altopascio capolista (atteso domenica 10 novembre dalla gara con il Progresso, sulla carta semplice).
Un derby vinto 2-0 (in gol Manuzzi e Rrapaj) in un sabato sera di festa, davanti a una cornice di pubblico da categorie superiori. Oltre 4mila i presenti al Benelli (praticamente nessuno nel settore ospite riservato ai tifosi del Forlì…), desiderosi di lasciare al più presto la serie D per tornare tra i professionisti del calcio.
Venendo alla partita, dopo un primo tempo deludente, con il Forlì padrone del gioco, il Ravenna l’ha chiusa entrando indemoniato nel secondo tempo e segnando due gol in pochi minuti: grande protagonista il capitano Rrapaj, prima con un assist da sinistra al bacio per Manuzzi e poi con un gol in mischia sugli sviluppi proprio di un suo cross. Nel finale è di nuovo sofferenza per i giallorossi, con il Forlì che recrimina per un gol annullato a pochi minuti dal termine e un rigore non concesso in pieno recupero. Il risultato non cambia e la festa è tutta del Ravenna, con il presidente Cipriani che entra in campo nel finale per fare feste insieme a giocatori e tifosi.
Domenica prossima il Ravenna sarà impegnato a Corticella poi sarà la volta di un altro bagno di folla, domenica 24 novembre, quando al Benelli arriverà la capolista, il soprendente Tau Altopascio.
Si è sentito male in Sicilia, dove viveva. Martedì 12 novembre i funerali a Ravenna
È morto a 84 anni Arturo Ferruzzi, figlio di Serafino, fondatore dell’omonimo Gruppo ravennate, colosso agro-alimentare che salì alla ribalta delle cronache negli anni ottanta quando diventò azionista di maggioranza della Montedison.
Arturo fu protagonista dell’ascesa e della successiva crisi dell’azienda, con la guida anche di suo cognato Raul Gardini (marito di una delle tre sorelle Ferruzzi, Idina).
Dal suo primo matrimonio con Emanuela Serena Monghini, Arturo Ferruzzi ha avuto tre figli: Desideria, Massimiliano e Diletta. Nel 2001, poi – come ricorda il Corriere della Sera – ha sposato Maria Cristina Busi, presidente di Confindustria Catania e proprietaria di alcuni stabilimenti di imbottigliamento della Coca Cola. Da alcuni anni, Arturo Ferruzzi aveva iniziato a seguire il business della moglie, spostandosi a vivere in Sicilia. È deceduto a Noto, a seguito di un malore avvertito tra le 19 e le 20 della sera di venerdì 8 novembre. Da tempo soffriva di problemi cardiaci.
I funerali si terranno martedì 12 novembre a Ravenna, nella basilica di San Francesco, alle ore 11.
La nostra intervista al candidato del centrosinistra: «Una promessa? Integrazione tra i 4 aeroporti»
De Passcale nel corso dell’ultimo comizio a Ravenna, il 7 novembre in darsena (foto Argnani)
Pubblichiamo la prima delle interviste ai due principali candidati alla presidenza della Regione Emilia-Romagna. Partiamo da Michele de Pascale, sindaco uscente di Ravenna, sostenuto da una coalizione di centrosinistra che vede alleate cinque liste: il Pd, l’alleanza Verdi-Sinistra, il Movimento 5 Stelle, la lista Civici con De Pascale Presidente e quella “Riformisti Emilia Romagna Futura” (che comprende +Europa, Pri, Azione e Psi).
Ecco le risposte alle nostre domande, uguali a quelle che abbiamo sottoposto anche a Elena Ugolini del centrodestra.
Nome: «Michele de Pascale». Luogo e data di nascita: «Cesena, 20 gennaio 1985». Attuale residenza: «Cervia». Titolo di studio: «Maturità scientifica». Professione: «Sindaco di Ravenna». Dichiarazione dei redditi 2023: «Reddito lordo 153.071 euro». Stato civile: «Coniugato». Figli: «Due». Hobby: «Teatro, sport e lettura». Ultima tessera di partito: «Pd». Per chi ha votato alle ultime elezioni europee e politiche: «Pd e Pd».
Foto Marco Parollo
Perché si candida alla guida della Regione?
«Penso di poter essere utile alla mia comunità e per chi ha passione politica ed è figlio di questa terra, la guida della Regione Emilia-Romagna è lo strumento più forte per incidere nella vita delle persone».
Un suo modello di riferimento per questo ruolo?
«Sono molto legato a entrambi i miei predecessori, vorrei ispirarmi al meglio delle caratteristiche di Stefano Bonaccini e Vasco Errani».
Idee e proposte per migliore la sanità a parità di risorse dallo Stato.
«Noi abbiamo dato battaglia per aumentare le risorse, ma abbiamo anche elaborato proposte all’insegna di una parola chiave che è appropriatezza. Dobbiamo essere capaci di assistere le persone per le loro necessità e indirizzarle verso i servizi di cui hanno davvero bisogno. Per farlo bisogna potenziare i servizi territoriali, che significa anche un risparmio in termini economici, e valorizzare tutte le professionalità sanitarie, in particolare quelle infermieristiche. Inoltre serve un enorme investimento sulla prevenzione, che fa risparmiare e non aumenta la spesa. Detto questo, ribadisco: ci deve essere un incremento delle risorse da parte dello Stato».
Negli ultimi due anni siamo stati più volte colpiti dalle alluvioni, in particolare in Romagna, ma non solo. Quali responsabilità ha avuto secondo lei la Regione?
«La premessa necessaria è che siamo di fronte a eventi climatici inediti per violenza e dobbiamo riconoscerlo tutti; il malato che nega la malattia di norma muore. E per conoscerla bene, questa malattia, bisogna andare sulla collina romagnola. Io credo che tutti si debbano sentire chiamati a un’assunzione di responsabilità nella grande carenza di politiche per la prevenzione di questi anni, e chi cerca di attribuirla solo a una parte, sbaglia. La politica a ogni livello non ha fatto abbastanza, chiunque abbia governato negli ultimi 14 anni e questo vale per lo Stato, le Regioni e anche i Comuni. Io l’ho ben compreso, ma altri no e stanno banalizzando il problema. Dopo gli eventi dell’anno scorso, il governo ha aumentato risorse per la prevenzione? Non lo ha fatto. Io vorrei farlo e non solo per i territori già colpiti, ma anche per quelli, fino a Piacenza, che ancora non sono stati toccati, perché potrebbero essere i prossimi. Sappiamo che per conformazione la Romagna, Bolognese e Ferrarese sono i territori più fragili, ma non sono gli unici a rischio. Serve un cambio di mentalità anche in regione».
Il cambiamento climatico è una realtà o una comoda scusa?
«Sostenere che il cambiamento climatico non esista e che gli ultimi eventi meteorologici a cui abbiamo assistito non siano correlati all’aumento di CO2 è ormai roba da stregoni. Il tema va affrontato su due versanti. Da un lato dobbiamo essere capaci di tracciare una linea che riduca le emissioni senza desertificare l’economia, in questo modo potremo essere un esempio anche per altri. Dall’altra parte dobbiamo aggiornare le opere di protezione perché senza quelle la Romagna sarebbe allagata».
Autonomia differenziata. Quali competenze chiederà di poter gestire direttamente al governo?
«Non ne chiederemo nessuna, sono contrario all’arlecchinata legislativa. Io credo che le leggi debbano rimanere maggiormente in capo allo Stato, mentre la gestione deve essere il più vicina possibile ai territori. Ormai per me è una convinzione ferrea che ho maturato durante la pandemia Covid, quando ogni regione era regolata da ordinanze diverse. L’esempio che mi piace fare è quello delle strade: risorse e gestione delle strade devono essere di competenza dei territori, ma il Codice della strada deve essere uno solo per tutto il Paese».
Scuola e formazione in profonda trasformazione. Quale dovrebbe essere il ruolo della Regione nel futuro?
«Su questo ho una linea molto più equilibrata della mia avversaria, che suggerisce una completa deregulation sul modello di altre regioni. Però credo che dobbiamo difendere il principio: la scelta della scuola superiore è decisiva rispetto al tema dell’ascensore sociale e quindi la scuola pubblica e le istituzioni devono essere presenti nella scelta, accanto alla famiglia. Sappiamo che spesso alla fragilità del ragazzo è legata una fragilità della famiglia e quindi credo ci debba essere un apporto di tutta la comunità. È chiaro che oggi ci sono meccanismi burocratici e storture e il sistema va innovato. Oggi ci si può iscrivere a un centro di formazione professionale solo a quindici anni, il che significa che per molti ragazzi si deve passare per una bocciatura prima di fare quella scelta formativa. Il sistema va innovato sapendo che non esiste una scuola di serie A o serie B, ma tutti devono avere il massimo delle opportunità possibili. Personalmente vorrei fare in Regione ciò che non ho potuto fare in Provincia, ovvero creare un hub che possa aiutare a gestire i passaggi in corso d’anno degli studenti, senza scaricare la questione sulle singole scuole. Una regia esterna che lavori in accordo con Regione, Ufficio scolastico e singole scuole».
Un impegno rispetto ai consultori e al tema dell’interruzione volontaria di gravidanza.
«L’Emilia-Romagna è forse la regione in cui il diritto delle donne ad abortire è garantito in modo più pieno; la politica non deve entrare nei consultori che sono un servizio pubblico sanitario in cui le donne sono prese in carico da professionisti e professioniste. Spesso in questo dibattito si confondono due cose che vanno invece tenute separate. È ovvio che bisogna aiutare le donne che non vogliono abortire a non essere costrette a farlo per ragioni sociali ed economiche e questo si può fare anche rafforzando il rapporto con il terzo settore, ma questo non ha nulla a che fare con il colpevolizzare o mettere in difficoltà la donna che ha deciso di abortire, creandole così altri problemi».
Cosa vedremo in Emilia-Romagna se fosse eletto che non vediamo ora?
«Un sistema areoportuale integrato rispetto a oggi, in cui abbiamo lo scalo di Bologna in grande difficoltà per l’aumento del traffico e dei passeggeri e tre piste poco o per nulla utilizzate: Rimini, Forlì e Parma».
L’errore più grave di Bonaccini? E il suo più grande merito?
«Non credo che Bonaccini abbia commesso errori gravi, certo ci sono cose che gli sono riuscite meglio e altre meno. Spero di non dover dire tra qualche settimana che il suo errore più grave sia stato sostenere la mia candidatura (ride, ndr)… Il suo più grande merito, invece, credo sia stato dare all’Emilia Romagna una caratura nazionale e internazionale che prima aveva meno».
Cosa ha promesso agli alleati che la sostengono?
«Ho promesso rispetto e ascolto sul versante del metodo, abbiamo lavorato su un programma che è pubblico, quindi ci unisce l’adesione al progetto, come dovrebbe essere in una coalizione a cui serve spirito di squadra, rispetto reciproco, credibilità, il fare concreto. E devo dire che è stato anche abbastanza facile forse perché, in piccolo, è quello che avevamo già fatto a Ravenna».
Cosa chiederà loro nel caso fosse eletto?
«Rispetto e spirito di squadra. Ma anche apertura mentale e curiosità alle idee diverse dalle loro».
Qualora non fosse eletto, continuerà a svolgere gli incarichi che ricopre attualmente?
«No, e quindi, anche se non sarò eletto presidente non sarò più sindaco. Non si può fare il sindaco per ripiego».
In Liguria abbiamo visto un’alta percentuale di astensionismo, nonostante l’ampia offerta politica. Che cosa si aspetta in termini di affluenza? E in termini di consensi?
«Abbiamo avuto il 68 percento cinque anni fa e il 37 dieci anni fa. Quando le Regioni votano da sole il dato è sempre molto basso. Io mi auguro che supereremo la soglia del 50 percento. Abbiamo due tipi di astensione che si sovrappongono in questi casi: quella di chi si sente sfiduciato nei confronti della politica, ed è un’astensione che puoi recuperare più governando che non con le campagne elettorali, e l’astensione di chi non sa nemmeno che ci sono le elezioni, e questo è dovuto alla scarsa informazione e si verifica spesso con le Regionali perché i media nazionali non le coprono. Quando le Regioni votavano tutte insieme era quasi un mid-term, oggi invece questo modello per cui quando si dimette un Presidente non si aspetta il primo “election day” disponibile ma si vota in ordine sparso porta spesso proprio alla scarsa affluenza alle urne».
Tre persone fermate per un controllo e poi denunciate dai carabinieri
Durante una serie di controlli nel centro abitato di Massa Lombarda, i carabinieri hanno fermato un’auto con alla guida un uomo – di origini straniere – e due donne, sue connazionali. Alla vista dei militari, i tre hanno mostrato fin da subito insofferenza e nervosismo. Tanto da indurre i carabinieri ad approfondire i controlli, trovando nell’abitacolo due borse con all’interno svariati prodotti, ancora sigillati, per la cura del corpo.
Le due donne, per dimostrare la legittima proprietà dei beni, hanno fornito uno scontrino ma, verificando nel dettaglio il contenuto della ricevuta fiscale, è emerso sin da subito che la quantità della merce pagata era di gran lunga inferiore a quella che si trovava nelle borse.
A quel punto, i carabinieri hanno immediatamente contattato il responsabile di un noto supermercato di Massa Lombarda e, attraverso le testimonianze raccolte, hanno accertato che tutto il materiale era stato sottratto dagli scaffali. Le donne, successivamente, avrebbero pagato solo alcuni prodotti riuscendo a rubare gli altri, superando con tranquillità le casse.
I carabinieri hanno restituito al negozio gli articoli rubati, del valore di circa mille euro, e hanno denunciato le tre persone per furto aggravato in concorso.
Si parte il 17 gennaio con il “Giulio Cesare” che vede alla regia Chiara Muti. La novità è un fuori abbonamento all’Almagià con Aterballetto
Ottavio Dantone (foto Silvia Camporesi)
Portano a Roma tutte le strade della Stagione d’Opera 2025 del Teatro Alighieri di Ravenna: la città eterna – osservata attraverso le diverse lenti dell’antica repubblica, dell’Egitto di Cleopatra e della Roma del 1800, contesa fra austriaci, truppe napoleoniche e patrioti italiani – è l’orizzonte dei tre titoli in scena a partire dal 17 gennaio, quando la stagione si aprirà con il debutto di Giulio Cesare (replica 19 gennaio), un nuovo allestimento che vede Chiara Muti alla regia e Ottavio Dantone alla guida di Accademia Bizantina.
La Vestale (foto Stefano Binci)
Se il dramma musicale di Händel è un’altra importante tappa del percorso di eccellenza alla riscoperta del repertorio barocco, in scena all’Alighieri ci sono anche La vestale (28 febbraio, 2 marzo) e Tosca (28, 30 marzo), nuove coproduzioni che hanno per capofila rispettivamente Jesi e Lucca. Per il capolavoro di Gaspare Spontini, del quale ricorrono i 250 anni della nascita, il regista Gianluca Falaschi ha tracciato un parallelo fra la protagonista dell’opera e Maria Callas (diretta da Luchino Visconti nel ruolo della vestale Giulia), donne segnate dal sacrificio della propria identità a favore del ruolo che rappresentano; in buca La Corelli diretta da Alessandro Benigni. Nel titolo pucciniano, la regia di Luca Orsini vede invece una storia di riscatto femminile finito in tragedia, proiettata su una Roma oscura e decadente; sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini c’è Henry Kennedy, già allievo dell’Accademia dell’opera italiana di Riccardo Muti nel 2021.
DaCru Dance Company
Sono due invece gli appuntamenti al teatro Alighieri con la danza: People della DaCru Dance Company (1, 2 febbraio) è una riflessione sulla solitudine sociale, mentre la Trilogia dell’estasi con la Compagnia Zappalà Danza (22, 23 febbraio) vede il coreografo Roberto Zappalà affrontare un trittico di classici del Novecento – L’après-midi d’un faune, il Boléro e Le Sacre du printemps.
Per la prima volta, il cartellone di danza si arricchisce di due fuori abbonamento alle Artificerie Almagià il 13 marzo e il 15 aprile, grazie a Impromptus: arie, danze e improvvisazioni, un progetto di improvvisazioni in musica e danza in anteprima a Ravenna e concepito in collaborazione con il Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto.
«Negli anni, abbiamo cercato di fare della qualità dell’interpretazione musicale la condizione sine qua non delle produzioni che nascono all’Alighieri – sottolinea Angelo Nicastro, Direttore Artistico della Stagione d’Opera e Danza – E grazie al rapporto privilegiato con Accademia Bizantina, fiorita a Ravenna ma oggi vera e propria ambasciatrice della musica barocca nel mondo, abbiamo l’opportunità di dare spazio a un repertorio in parte ancora poco conosciuto e apprezzato nel nostro Paese. E di farlo con un profilo d’eccellenza, in questa Stagione raddoppiato grazie al coinvolgimento di Chiara Muti per la regia di Giulio Cesare di Händel. Non a caso abbiamo voluto includerne la prova generale nel percorso A scuola in teatro, che anche quest’anno ‘incontra’ alcuni dei titoli destinati al pubblico generale e si completa con appuntamenti su misura per gli studenti, come BRIMBORIUM! L’armadio dei ricordi, nato in seno al Conservatorio Verdi e all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, o il Falstaff di Opera Domani».
«Da sempre cerchiamo di rendere la nostra programmazione sensibile ai nuovi linguaggi e ai nuovi pubblici – commenta invece Antonio De Rosa, Sovrintendente di Fondazione Ravenna Manifestazioni – e siamo pertanto molto felici che quest’anno la collaborazione con il Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto e il suo direttore generale e artistico Gigi Cristoforetti ci offra occasione di ampliare gli orizzonti della Stagione, attraverso sperimentazioni nei territori dell’improvvisazione, all’incontro fra musica e danza. Grazie al coinvolgimento di interpreti di qualità, approdiamo alle Artificerie Almagià, il ‘magazzino dello zolfo’ dove cercheremo nuove alchimie. E non dobbiamo dimenticare di ringraziare quanti rendono possibile la Stagione d’Opera e Danza 2025, che può contare sul sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Emilia-Romagna e sul contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna».
Info e prevendite: Biglietteria Teatro Alighieri – tel. 0544 249244 – www.teatroalighieri.org
Campagna abbonamenti da sabato 9 novembre (nuovi e rinnovi)
fino al 5 dicembre per l’Opera (da 35 a 100 Euro, Carta Giovani Nazionale 18-35 anni e UNIPASS: 60 Euro)
fino al 21 dicembre per la Danza (da 18 a 50 Euro, Carta Giovani Nazionale 18-35 anni e UNIPASS: 30 Euro)
Prevendita biglietti
Da lunedì 9 dicembre biglietti Opera da 15 a 45 Euro
Da martedì 7 gennaio biglietti Danza da 10 a 30 Euro | Impromptus: posto unico non numerato 10 Euro
Under 18: 5 Euro; Carta Giovani Nazionale 18-35 anni (platea e palchi): Opera 20 Euro, Danza 15 Euro