mercoledì
27 Agosto 2025

Alla Rocca Brancaleone una maratona per le elezioni americane tra dibattiti e giochi

MARATONA ELETTORALE USA

L’America è a un importante bivio per la storia del Paese e il Brancaleone organizza una nottata per seguire lo sviluppo della storia collettivamente. Dalle 21 di oggi (5 novembre) al bar-ristorante della omonima Rocca di Ravenna.

«Trovarsi al Brancalone per confrontarsi su quello che succede nel mondo – scrivono gli organizzatori – è un modo per dimostrare che il futuro può essere diverso, che abbiamo ancora la forza di ascoltare il nostro imprevedibile vicino».

La serata «sarà dadaista e punk», scrivono ancora gli organizzatori, con microfoni in platea e maxischermo per seguire le maratone italiane e americane, da Mentana alla BBC.

La serata sarà costellata di dibattiti politici dal basso, giochi a tema, indovinelli, scommesse e karaoke; sarà allestito anche un gigantesco “election glasswall” su cui ognuno potrà inserire i propri pronostici.

Il tutto sarà condito da una playlist «articolata che descrive la grande complessità del continente americano»: da Bob Dylan ai Lynyrd Skynyrd, da Tom Waits ai System of a down, scontrandosi con Phil Ochs e Childish Gambino, Johnny Cash e Ray Charles.

Ovviamente anche il cibo sarà a tema: Bbq, hamburger, bibita sodata scura con etichetta rossa e, però, anche birra italianao.

«La serata – termina la nota stampa – è l’inizio dell’impegno per la sensibilizzazione politica del Brancaleone. Seguirà serata per le elezioni regionali che sono dietro l’angolo».

Maratona di Ravenna: ecco il percorso ufficiale e tutte le vie coinvolte

In attesa di fornire i dettagli sulla 25esima edizione della maratona di Ravenna, con una serie di eventi collaterali in programma dall’8 al 10 novembre, ecco il percorso ufficiale della corsa regina, in programma domenica mattina (alle 9.15 la partenza della 42km, un’ora dopo quella della 10km, sempre dal Pala De André, lato biglietteria). L’arrivo è come sempre in via di Roma.

Maratona PERCORSO 42K 2024

Cliccando qui è possibile consultare e scaricare l’elenco completo e definitivo delle strade coinvolte

Saranno in vigore naturalmente imponenti modifiche alla viabilità conseguenti.

Sciopero degli autobus, senza fasce orarie di garanzia

Possibili disagi venerdì 8 novembre per la protesta di 24 ore

Bus Elettrico (2)

Nella giornata di venerdì 8 novembre è in programma uno sciopero nazionale di 24 ore del trasporto pubblico locale indetto dalle sigle sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna.

Le motivazioni alla base dell’iniziativa riguardano l’interruzione del confronto per il rinnovo del Ccnl Autoferrotranvieri Internavigatori (Mobilità/Tpl), scaduto il 31 dicembre 2023.

Durante l’intera giornata potrebbero verificarsi ripercussioni sul normale servizio di trasporto pubblico locale e sul servizio traghetto a Ravenna. Non sono previste fasce orarie di garanzia dei servizi.

Alla precedente iniziativa di sciopero indetto dalle stesse sigle sindacali lo scorso 9 settembre, l’adesione era stata del 56,64 percento nel bacino di Ravenna.

Start Romagna, in una nota inviata alla stampa, «si scusa sin da ora per i possibili disagi».

«In cima alla montagna trovo la felicità. Paura? Ti fa fare le scelte giuste»

L’alpinista Hervé Barmasse ha esplorato diverse zone dove nessun altro aveva mai messo piede. Ne parlerà a Faenza il 7 novembre

Hervè Barmasse

«La montagna mi trasmette pace e serenità. Quando sono sulle terre alte sto bene, non ho mai trovato un altro luogo in grado di darmi le stesse emozioni». Hervé Barmasse nasce ad Aosta nel 1977 ed è la quarta generazione di guide alpine della famiglia. Nella sua carriera ha scalato le alture del Pakistan e della Patagonia, passando per Cina, Nepal e Tibet, ma restando sempre profondamente legato al “suo” Cervino. Ha affrontato diverse salite in solitaria e aperto vie sulle vette d’Italia e del mondo, esplorando zone della montagna dove nessun altro uomo aveva mai messo piede, sempre in stile alpino (senza l’uso di portatori d’alta quota, bombole d’ossigeno o corde fisse). Alcune delle sue imprese sono documentate nei suoi film e libri: «Ma non chiamatemi regista, e nemmeno scrittore. Bisogna seguire altri percorsi per appropriarsi di quei titoli. Io cerco solo un modo per divulgare le mie esperienze e raccontare la montagna». Nel 2017 infatti Barmasse è stato ospite fisso della trasmissione di Rai3 “Alle falde del Kilimangiaro” e dal 2024 parla di montagna e scalate con un appuntamento fisso su Radio Deejay. Il suo progetto divulgativo attraversa l’Italia con una serie di incontri dal vivo: giovedì 7 novembre sarà al teatro di Faenza, in occasione della Festa della Montagna, dove porterà la conferenza ”Oltre l’orizzonte”. «Un racconto della mia vita e delle mie esperienze, ma anche una riflessione sull’alpinista in quanto uomo e il suo rapporto con la società».

Cosa significa essere alla quarta generazione di guide alpine, cosa le hanno trasmesso i suoi famigliari?

«Sono fortunato a portare sulle spalle una tradizione tanto importante. Fin dall’infanzia la mia famiglia mi ha trasmesso l’amore e il rispetto per le terre alte. Quando ho scelto di iniziare a scalare, avere una storia dietro di me è stato importante, anche se le uscite insieme a mio padre si contano sulla punta delle dita. Ora ha 75 anni e cerco di spronarlo a fare almeno un’altra uscita insieme. A suo modo ha sempre cercato di “proteggermi” tenendomi lontano dalla montagna, così come suo padre fece a sua volta con lui. Ora che ho due figlie anche io capisco quanto sia stata coraggiosa come scelta».

Se le sue figlie volessero continuare la tradizione?

«In realtà c’è un’altra tradizione nella mia famiglia, quella di essere insegnanti o professori, interrotta da me. Già alla fine dell’ottocento mio nonno si divideva tra le lezioni nel torinese e le scalate in montagna. Se dovessero scegliere di seguire una tradizione famigliare spererei che fosse quella. Le donne comunque risultano capacissime in montagna, grazie alle ottime doti fisiche. Saranno loro a decidere e io da padre non potrò che supportarle in ogni caso».

Cosa spinge uno scalatore sulla cima, uscita dopo uscita, nonostante la consapevolezza del pericolo?

«È difficile da spiegare. In letteratura è stato descritto come “mal di montagna”, in modo meno poetico veniamo chiamati “conquistatori dell’inutile”. In cima a una montagna non guadagni né denaro né potere, ma se la tua passione è sana e autentica, trovi la felicità. Spesso ci vuole più coraggio a seguire la felicità piuttosto che a rinunciarvi. È il bilanciamento tra quello che la montagna ti regala e quello che potrebbe toglierti: la cronaca riporta i drammi, ma le storie belle e a lieto fine sono molte di più. Tendiamo a vedere solo la tragedia e a dare la colpa a ciò che conosciamo meno ma la “montagna assassina” non esiste, siamo noi a commettere degli errori. In qualche modo ti dà la dimensione dell’uomo su questo pianeta: siamo ospiti ed è lei a decidere se farci passare».

Quando si è avvicinato all’alpinismo?

«I monti mi accompagnano da sempre, a 16 anni ero una promessa dello sci italiano ma un grave incidente mi ha costretto ad abbandonare il mio grande sogno. È stato difficile, soprattutto per l’età in cui mi trovavo. Da adolescenti non si è bravi a riprogrammare e mi sentivo come se la vita mi avesse strappato via il futuro. Per la prima volta mio padre mi portò sul Cervino, non sulle piste ma sui sentieri, e lì ho trovato una nuova montagna».

Ha mai avuto paura?

«Paura sì, panico mai. Ho provato sensazioni di terrore in altri ambiti della mia vita ma mai sulle vette, nemmeno durante le scalate in solitaria. Quando vivi la montagna in modo sereno, la paura è un sano campanello d’allarme che ti permette di fare le scelte giuste».

Qual è stata la scalata che porterà sempre nel cuore?

«Ce ne sono tante, nessuna ti regala le stesse emozioni della precedente. Alcune però sono davvero particolari: ricordo l’ottava salita con mio padre, quando abbiamo aperto insieme una nuova via sul Cervino, la montagna di casa. Un bel traguardo a livello sportivo, visto che non siamo stati i primi a provarci, ma so- prattutto a livello umano».

La cima più alta invece?

«La parete sud dello Shisha Pangma. Oltre 8.000 metri in stile alpino, o come preferisco io, “pulito”. Quando si immagina una scalata importante, come quella dell’Everest ad esempio, si pensa alle lunghe cordate di scalatori con bombole di ossigeno accompagnati dagli sherpa. Questa tecnica di salita, definita himalayana, è molto impattante sulla montagna. Lo stile alpino è più impegnativo a livello fisico e mentale ma preserva l’area naturale. Credo che uno scalatore dovrebbe essere come prima cosa un amante del territorio e che sia meglio lavorare sulle proprie capacità invece che affidarsi alla tecnologia a discapito dell’ambiente».

Parlando di inquinamento e crisi climatica, la montagna sta cambiando?

«Assolutamente sì. Si parla tanto di “salvare la montagna” ma in realtà dobbiamo salvare noi stessi. La montagna si adatta, anche senza neve. È l’uomo che mette a repentaglio la sua vita e l’intera società con la fusione dei ghiacciai, che conservano più del 70 percento delle acque bianche sul pianeta».

Oggi sui social l’outdoor sembra essere una sorta di moda, questo è un bene o no?

«È vero, ma non parlerei solo di moda. Credo che la causa sia anche da ricercarsi negli anni di privazioni del Covid: quando una persona si sente rinchiusa l’istinto è quello di scappare, avvicinandosi magari all’escursionismo. In questo non c’è nulla di male, il problema sta nell’atteggiamento: sui social si tende a mostrare tutto ciò che si fa, rincorrendo lo scatto più bello e mettendo a volte a repentaglio la propria vita senza nemmeno accorgersene. È bello che le persone si avvicinino alla natura, ma bisognerebbe riscoprire anche l’idea di intimità e ricordi personali da condividere con chi davvero ci vuole bene».

Barmasse In Azione

Bersani chiamò «coglione» il generale Vannacci, assolto: «Ironia, non diffamazione»

La decisione del giudice ribalta il decreto di condanna emesso dalla procura per le parole pronunciate dall’ex parlamentare sul palco della Festa dell’Unità a Ravenna nel 2023

L'intervista di Pier Luigi Bersani a Ravenna nel 2023L’ex deputato Pier Luigi Bersani, tra i fondatori del Pd di cui è stato segretario, è stato assolto dal tribunale di Ravenna dall’accusa di avere diffamato il generale Roberto Vannacci, in seguito eletto europarlamentare con la Lega, con l’epiteto “coglione” proferito durante una intervista pubblica dal palco della Festa dell’Unità di Ravenna l’1 settembre 2023. L’assoluzione è arrivata «perché il fatto non sussiste». La notizia è riportata dal quotidiano Il Resto del Carlino.

Intervistato da una giornalista, in relazione al libro di Vannacci “Il mondo al contrario”, Bersani aveva ambientato un ragionamento in un ipotetico “bar Italia” e aveva posto questa domanda: «Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?».

L’agenzia di stampa Ansa riporta che, dopo la querela di Vannacci, il 27 febbraio scorso la procura di Ravenna aveva chiesto per Bersani un decreto penale di condanna per 450 euro di multa per diffamazione aggravata dal mezzo (oltre che davanti a centinaia di persone, l’intervista era stata trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube del Pd). La decisione della procura era basata sulle documentazioni audio-video acquisite dalla Digos.

Ora il giudice per le indagini preliminari Corrado Schiaretti ha invece concluso che la richiesta del pm non può essere accolta per insussistenza giuridica e prima ancora linguistica. In particolare Bersani. Nello specifico secondo il giudice, le parole di Bersani «non possono essere qualificate come metaforiche», ma è accaduto piuttosto che «il querelante abbia confuso la figura della metafora con quella della allegoria». Il giudice sottolinea Bersani era stato volutamente ironico per dire che «come è sbagliato dare dell’anormale a un omosessuale, è altrettanto sbagliato dare del coglione a un generale».

Il sindaco De Pascale presenta in darsena il programma da Presidente della Regione

Giovedì 7 novembre. Con la musica di Sonia Davis

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Foto Marco Parollo

“Il mio impegno per Ravenna continua”: si intitola così l’incontro pubblico in programma giovedì 7 novembre alle 20.30 in testata Darsena di città a Ravenna con il sindaco Michele de Pascale, in veste di candidato alla presidenza dell’Emilia-Romagna.

De Pascale interverrà per approfondire i suoi impegni programmatici per il territorio ravennate. Con intrattenimento musicale a cura di Sonia Davis Zanzi.

Città pensate per uomini, bianchi, abili, lavoratori: serve più inclusività

L’Ordine provinciale degli Architetti a Ravenna propone un incontro a ingresso libero con Chiara Belingardi, docente universitaria che si occupa di pianificazione urbanistica sensibile alle esigenze delle cosiddette minoranze

Chiara Belingardi RitrattoLo sviluppo urbanistico delle città può abbracciare le esigenze di quelli che, finora, sono stati considerati gruppi minoritari nella società. È la pianificazione inclusiva. Se ne parlerà a Bagnacavallo il 15 novembre alle 17 al teatro Goldoni con una conferenza dell’esperta Chiara Belingardi dal titolo “Città della cura: sguardo di genere, responsabilità condivisa e ecodipendenza”. L’iniziativa organizzata dall’Ordine degli Architetti di Ravenna rientra nell’ambito del Festival della Cultura Tecnica. L’evento è gratuito e aperto a tutta la cittadinanza, fino a esaurimento posti.

Le città contemporanee sono storicamente state pianificate a partire dalle esigenze di un utente tipo, considerato neutro e universale: un uomo adulto, abile, lavoratore, senza compiti di cura, bianco. Questo ha fatto sì che tutti gli altri punti di vista sugli insediamenti siano considerati minoritari, frutto di esigenze particolari di piccoli gruppi.

Già da molto tempo chi adotta un punto di vista gender sensitive sulla città critica questo approccio e agisce attraverso piani e trasformazioni che mirano all’ascolto e alla valorizzazione delle esigenze di vita quotidiana dei diversi gruppi che vivono la città. Dunque, uno dei principi da cui partire è quello della universalità delle differenze, che devono essere ascoltate e ricomposte.

Un secondo principio è quello della cura come esperienza condivisa, che tutte le persone sperimentano durante le diverse età della loro vita, sia come caregiver che come persone dipendenti. Questo dà sostanza all’idea di cura come responsabilità condivisa e collettiva, che tutte le persone che abitano la città dovrebbero condividere sia direttamente, attraverso una messa in discussione dei ruoli di genere, sia indirettamente, rinunciando al lavoro produttivo e allo spostamento automunito come priorità. Agire nell’ottica dell’interdipendenza vuol dire creare spazi abilitanti, luoghi di incontro, dove fare fiorire relazioni di prossimità e mutualismo. Vuol dire costruire reti tra persone e ragionare sulla distribuzione e sull’accessibilità dei servizi e degli spazi pubblici e costruire una mobilità che sostenga la catena di spostamenti legati alla cura.

Un terzo principio è quello che riconosce che la città non è autonoma rispetto all’ambiente naturale, ma anzi lo modifica e ne subisce gli effetti, senza pienamente governarli. Riconoscere l’ecodipendenza significa nella progettazione tenere presente la dimensione del vegetale e dell’animale e di conseguenza ricercare un equilibrio tra esseri umani e non umani, per la riproduzione della vita.

Questi principi generali sono stati adottati da diverse città, che hanno redatto Manuali e Linee Guida per la messa in pratica progettuale e la costruzione di contesti più vivibili, sostenibili e inclusivi. Tra questi, in Italia, la città di Bologna si è dotata di Linee guida per progetti inclusivi da un punto di vista di genere, che verranno presentate durante l’intervento, insieme ad alcuni esempi di progetti realizzati in diverse città a livello internazionale.

La relatrice, Chiara Belingardi, è docente e organizzatrice del Master di II livello in “Città di genere. Metodi e tecniche di pianificazione e progettazione urbana e territoriale” organizzato da Università degli Studi di Firenze insieme alle Università degli Studi di Trieste e Palermo, Federico II di Napoli, Sapienza di Roma, Politecnico di Bari, Istituto IRISS del CNR. Ha collaborato al progetto “Gender Gap Reduction in Urban Projects in Bologna (Italy)” progetto finanziato dalla Bei per l’analisi dell’equità di genere nei progetti del Comune di Bologna e la redazione di un manuale di progettazione urbana gender sensitive. e cura dei mondi di vita” (Scienze del Territorio, 2023).

«L’incontro con Chiara Belingardi propone un punto di vista nella concezione delle città sensibile alle molteplici differenze umane che convivono in relazione a funzioni, funzionamento e vivibilità spazio-temporale, in sostanza nella prospettiva di avere luoghi ospitali per ciascuno e chiunque – sottolinea Piera Nobili, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti –. Un incontro non solo di natura tecnica, bensì di riflessione sulle esigenze e i desideri di coloro che abitano e come rispondere a tali sfide, quindi aperto a professionisti e cittadinanza tutta, chiamati entrambi ad avere cura della qualità dei luoghi e della convivenza».

A14 bis: per due mesi uscita a Lugo chiusa per lavori per chi proviene da Ravenna

Le alternative sono le uscite di Bagnacavallo o Cotignola. Lavori alla segnaletica verticale

Lo svincolo dell’autostrada A14 in uscita a Lugo sarà chiuso per lavori dal 5 novembre 2024 al 15 gennaio 2025 per chi proviene da Ravenna. Lo rende noto la società Autostrade per l’Italia. Il provvedimento si è reso necessario per consentire la manutenzione della segnaletica verticale in prossimità dello svincolo; i lavori interessano la pertinenza autostradale. In alternativa si consiglia di utlizzare lo svincolo di Bagnacavallo oppure quello di Cotignola.

Anche i tessuti per gli interni delle auto sono vegani

Vulcaflex lancia una nuova gamma di prodotti sviluppata senza l’uso di materiali di origine animale

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La Vulcaflex di Cotignola annuncia il lancio della sua nuova gamma di tessuti per interni auto 100% vegani, certificati da The Vegan Society, fra le più autorevoli organizzazioni internazionali per la certificazione di prodotti vegani.

«Questo traguardo – commenta il Ceo di Vulcaflex, Roberto Bozzi – rappresenta il culmine di anni di ricerca e sviluppo nel campo dei materiali sostenibili. Vogliamo che i nostri tessuti spalmati non siano solo esteticamente piacevoli e altamente performanti, ma che rispondano anche ai valori che oggi guidano le scelte dei consumatori. Siamo fieri di offrire una soluzione che contribuisce alla mobilità sostenibile del futuro».

La nuova gamma di tessuti spalmati è stata sviluppata senza l’uso di materiali di origine animale, con processi di produzione eco-compatibili.

Vulcaflex sta già collaborando con le più importanti case automobilistiche europee ed americane , integrando questi nuovi materiali nelle prossime linee di veicoli. L’azienda prevede di espandere ulteriormente la sua offerta di materiali sostenibili, con progetti già in corso per sviluppare soluzioni ancora più eco-friendly, grazie a tecnologie avanzate e un uso ridotto di risorse naturali. Questi nuovi prodotti infatti non sono solo privi di componenti di origine animale, ma sono anche progettati per ridurre al minimo l’impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita del prodotto. Vulcaflex ha adottato processi produttivi innovativi che riducono le emissioni di CO2 e il consumo di acqua, rispettando i più rigidi standard internazionali di sostenibilità.

Allarme polveri sottili: scattano le misure emergenziali antismog

Nelle giornate del 5 e 6 novembre stop anche ai veicoli Euro 5 nei comuni più popolosi

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È stato emesso il bollettino regionale relativo alla qualità dell’aria, che evidenzia una previsione di sforamenti del livello ammesso delle polveri sottili nel territorio provinciale. Nelle giornate di martedì 5 e mercoledì 6 novembre compresi saranno pertanto in vigore le misure emergenziali antismog, in aggiunta alle misure ordinarie.

Scattano in tutta la provincia il divieto di sosta con il motore acceso; il divieto di spandimenti dei liquami zootecnici con tecniche non ecosostenibili, il divieto di utilizzo di generatori di calore a biomasse (camini, caminetti, stufe) con classe di prestazione energetica inferiore a 4 stelle (nel caso in cui sia presente un metodo di riscaldamento alternativo).

Per i comuni di Ravenna, Faenza e Lugo è inoltre disposto il divieto di circolazione dalle 8.30 alle 18.30 anche ai veicoli diesel di categoria euro 5 compreso nell’area urbana individuata da appositi cartelli.

Tali disposizioni si aggiungono alle misure ordinarie vigenti dal primo ottobre al 31 marzo e che prevedono: per tutti i Comuni il divieto di qualunque combustione all’aperto a scopo di intrattenimento (falò, fuochi d’artificio) ad eccezione dei barbecue, il divieto di abbruciamento di residui vegetali, la riduzione delle temperature degli ambienti interni riscaldati (19 gradi per case, uffici, attività ricreative e di culto, attività commerciali, attività sportive; 17 gradi per attività industriali e artigianali) e il divieto di circolazione, dalle 8.30 alle 18.30 nelle aree urbane individuate da appositi cartelli a tutti i veicoli diesel di categoria emissiva inferiore a Euro 4 compreso, ai veicoli a benzina di categoria inferiore a Euro 2 compreso e ai veicoli a doppia alimentazione, ciclomotori e motocicli di categoria inferiore a Euro 1 compreso.

«Basta scuole chiuse per le allerte meteo» la lettera del comitato contro la dad

Le associazioni di Ravenna e Bologna affiliate alla rete nazionale “Scuola in presenza” scrivono un reclamo alle istituzioni a seguito delle chiusure di ottobre

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A causa del maltempo e degli eventi alluvionali di ottobre, gli istituti scolastici sono stati chiusi a più riprese in concomitanza delle allerte meteo, anche arancioni. Queste chiusure non sempre sono state estese ad altre tipologie di attività e per questo i due comitati “Persone contro la Dad” (di Ravenna) e “Scuole aperte a Bologna” firmano e inviano una lettera all’attenzione dei sindaci e delle istituzioni, affinché non passi il messaggio di un’istruzione sacrificabile. Le due associazioni fanno parte di Rete Nazionale Scuola in Presenza, un progetto nato dal volere di famiglie e insegnanti nel 2021 in seguito della sospensione delle lezioni in presenza a causa della pandemia.

«[…] Occorre una maggiore sensibilità sulla necessità di considerare la chiusura delle scuole solo ed esclusivamente come estrema ratio.  Bambini e i ragazzi vengono sempre considerati sacrificabili e quindi sacrificati dalle istituzioni ogni volta che si manifesta una criticità.  Le scuole devono chiudere solo ed esclusivamente se e quando vengono chiuse anche tutte le altre attività perché non è possibile che la scuola sia sempre l’unica e la sola ad essere sacrificata, pena la trasmissione a bambini e giovani del messaggio che l’apprendimento sia un’opzione rinunciabile e di cui ci si può privare e, sempre più frequentemente, essere privati. I dati dell’abbandono scolastico e dei disagi giovanili, come conseguenza delle chiusure delle aule durante la pandemia, dovrebbero aver insegnato che l’attitudine a queste scelte è molto pericolosa e non priva di effetti.  Criticabile è poi quanto dichiarato dall’Assessore alla Protezione Civile del Comune di Bologna, Massimo Balugani, durante il Consiglio Comunale del 28 ottobre, in relazione alle critiche ricevute circa la chiusura delle scuole sabato 26 considerata l’allerta arancione che non aveva prodotto le temute piogge. La risposta in questo caso ha sottolineato come “La decisione sia stata presa per consentire a tutti di lavorare al meglio e in sicurezza”. È davvero censurabile, per altro non dire, tale dichiarazione dell’assessore che giustifica la chiusura delle scuole con la necessità di evitare gli spostamenti di bambini e ragazzi per consentire agli adulti di lavorare al meglio e in sicurezza. Si invitano le istituzioni tutte a desistere in primis da dichiarazioni analoghe a quelle sopra riportate e ad evitare di disporre la chiusura delle scuole se non quando venga disposta la chiusura anche delle altre attività commerciali che interessano gli adulti. Gli studenti meritano rispetto e soprattutto un trattamento equo ed analogo a quello degli adulti nella tutela dei propri diritti, primo fra tutti quello di poter andare a scuola». 

Sara Errani, i ricordi del padre: «Provò anche basket, calcio, nuoto e atletica»

La 37enne Sara Errani di Massa Lombarda ha scritto la storia dello sport alle Olimpiadi di Parigi conquistando il primo oro nel tennis italiano, in doppio con Paolini. Nel 2017 un caso di doping simile a Sinner, il genitore ricorda «Giustizia zoppicante e poco credibile»

Sara Errani ieri e oggi: a sinistra quando aveva tre anni, a destra una foto recente dal suo profilo FacebookA Parigi lo scorso agosto il tennis italiano è tornato a vincere una medaglia olimpica a distanza di cento anni dalla prima (il bronzo del barone triestino Uberto de Morpurgo) che era rimasta anche l’unica. In Francia, oltre al bronzo nel singolare maschile con Lorenzo Musetti, è arrivato l’oro nel doppio femminile con la coppia composta dalla toscana Jasmine Paolini e la ravennate Sara Errani (qui la storia dei ravennati alle Olimpiadi).

Sugli spalti del campo centrale dello Stade Roland Garros c’era Giorgio Errani, padre della prima tennista italiana a compiere il Golden Career Slam nel doppio. Nelle interviste dei giorni successivi alla finale, il presidente del circolo tennis di Massa Lombarda ha voluto ricordare un dato anagrafico significativo: la somma delle età delle avversarie, le russe Mirra Andreeva e Diana Shnaider che partecipavano ai Giochi come atleti individuali neutrali (Ain) e quindi senza bandiera, era 37, cioè l’età di Sara.

Saraerrani1L’oro parigino ha fatto esultare tutta Massa Lombarda dove la tennista è nata e vissuta fino all’adolescenza. Il Comune fece appendere uno striscione di ringraziamenti e cominciò il conto alla rovescia verso una grande festa al circolo tennis locale dove il padre è presidente. L’ipotesi era di poterla fare entro la fine di settembre, ma ancora nulla. E al momento è difficile prevedere quando: «Gli impegni sportivi sono tanti – dice Giorgio –, uno dopo l’altro e molto ravvicinati. Ha concluso da poco il torneo in Cina e attualmente è in Spagna, dove vive, per pochi giorni ma è già in partenza».

La carta d’identità di Sara Errani recita “nata a Bologna” e così qualche media nazionale la chiama “la bolognese”. «Nata a Bologna solo perché mia moglie ha partorito là – dice oggi il genitore –. Sara ha vissuto a Massa fino a 14-15 anni e la sua famiglia è ancora qui».

I primi palleggi con la racchetta li fece nel circolo di cui il padre è presidente da un anno. Poi Faenza, poi Villa Carpena a Forlì e poi la celebre accademia di Nick Bollettieri: «Aveva 12 anni e rimase da sola in America per dieci mesi. Era piccola ma avevamo fiducia e prendemmo la decisione forte di non restare con lei». Poi all’età di 14-15 anni il trasferimento in pianta stabile in Spagna.

Saraerrani3Sono passati quasi vent’anni e oggi il tennis è cambiato molto. Non sono cambiati i sacrifici economici che deve sostenere la famiglia: «Le difficoltà sono più o meno le stesse oggi come allora, serve una famiglia che supporti il ragazzo o la ragazza nei suoi desideri. Sicuramente giocare a tennis è economicamente più complicato che giocare a calcio».

Saraerrani2Una cosa però, secondo Errani, è cambiata: «Ai tempi di mia figlia non c’erano tornei fino ai 12 anni. Adesso invece si comincia prima, si cercano sponsor e i ragazzini si mettono in mostra prima alimentando le aspettative dei genitori che pensano di avere un fenomeno. La conseguenza è la specializzazione estrema a partire da giovanissimi che secondo me è sbagliata. Fino ai 12 anni bisognerebbe provare almeno 3-4 sport per sceglierne uno». È stato così per Sara: «Ha cominciato con il tennis. Poi ha fatto basket, atletica, nuoto ed è tornata al tennis. Ha fatto anche calcio nei pulcini giocando con i maschi perché a quei tempi non c’era mica il calcio femminile e convinsi un mio vecchio allenatore a farla entrare nella squadra di Massa Lombarda».

L’attualità delle vicende che vedono Jannik Sinner alle prese con le accuse di doping riaccendono un ricordo spiacevole per Errani. Nel 2017 la figlia Sara visse una situazione molto simile: una squalifica di due mesi poi il ricorso della Nado, l’agenzia nazionale antidoping, e l’estensione a 10 mesi dopo che Sara era tornata a giocare. Si trattò di un’assunzione accidentale di letrozolo, un farmaco utilizzato per il trattamento del cancro al seno e usato in quel periodo dalla madre, involontariamente finito probabilmente nel cibo. «Per Sinner e per mia figlia si parla di contaminazione involontaria. Io non ho dubbi che Sinner sia innocente, ma vedo una giustizia sportiva molto zoppicante e poco credibile».

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