martedì
04 Novembre 2025

Le “indelebili tracce” di Paola Babini ed Enrico Versari al Museo Diocesano

Babini Versari Museo Diocesano

Inaugura sabato 7 dicembre alle 17 l’ultima mostra dell’anno del Museo Diocesano di Faenza dal titolo “Indelebili tracce” e dedicata all’arte di Paola Babini e di Enrico Versari. Visionari sguardi sul paesaggio e sulla bellezza della natura si apriranno all’interno delle due sale del Palazzo vescovile riaperte nella primavera del 2024 e dedicate all’arte contemporanea.

Paola Babini inizia negli anni ’80 un’intensa attività espositiva e un percorso artistico, che mantenendo salde le radici nella pittura, si sviluppa verso sistemi linguistici variegati e diversi, realizzando soprattutto installazioni dove, dal suggerimento fotografico del quotidiano, si scatenano nuove proiezioni in un infinito ripetersi di moduli e ombre. Dal 1° gennaio 2023 ricopre il ruolo di Direttrice dell’Accademia Statale di Belle Arti di Ravenna. Da giugno 2019 è membro del Consiglio Accademico dell’Accademia di Belle arti di Bologna. Ricopre, inoltre, le cariche di Vicepresidente del Cda del Museo d’Arte della Città di Ravenna e di rappresentante per il Cda dell’Isia di Faenza.

Enrico Versari è un artista eclettico nato a Faenza nel 1975. Dopo gli studi superiori e le prime esperienze artistiche, si iscrive all’International School of Design di Modena, diplomandosi con un progetto che vincerà il primo premio al Concorso Internazionale Cosmopak di Bologna nel 1996. Nel 1998 si iscrive alla Facoltà di Filosofia a Firenze laureandosi in Estetica nel 2003 con il Filosofo Sergio Givone, discutendo una tesi che analizza i rapporti tra disegno industriale e avanguardie artistiche. Parallelamente approfondisce lo studio del disegno e la storia dell’arte. La sua prima mostra risale al 1999 e da allora ha prosegue il suo percorso nell’arte contemporanea costellato da successi e riconoscimenti. Collabora con riviste e gallerie d’arte. Da diciassette anni insegna all’Isia di Faenza Teoria della percezione e Tecniche e linguaggi della rappresentazione.

Il museo è in piazza XI Febbraio, 10, a Faenza. Orari di visita: venerdì: 16-18.30; sabato e domenica 10-12.30 e 16-18.30; ingresso libero. Fino al 16 marzo.

Natale alle terme: regalando quelle di Riolo si aiuta l’associazione Autismo Faenza

La struttura resta aperta fino al 6 gennaio, con una serata speciale per Capodanno

 

Terme Riolo Ok

In occasione delle festività natalizie, le Terme di Riolo lanciano una nuova collaborazione a fin di bene, a sostegno dell’associazione Autismo Faenza Aps. Una parte del ricavato della vendita delle Gift Card del complesso termale, infatti, verrà devoluta al progetto “La Chiocciola”, dedicato a promuovere l’inclusione, il supporto e il benessere delle persone con autismo e delle loro famiglie.

Le Gift Card sono in vendita in varie versioni (in grado di soddisfare le più svariate esigenze, a partire da 30 euro) nel negozio on line ufficiale termedirioloshop.it e rappresentano un’originale idea regalo per dare la possibilità di vivere momenti di benessere nella suggestiva piscina calda e nella Spa delle Terme di Riolo, ancora più suggestive in inverno.

Fino al 6 gennaio le terme sono aperte tutti i giorni (esclusi il 23, 24 e 25 dicembre), con aperture speciali serali nel weekend, quando sono in programma anche degustazioni in collaborazione con le cantine vinicole del territorio.

In occasione del Capodanno, le Terme di Riolo propongono una serata speciale, con un generoso buffet con prodotti locali, una selezione musicale rilassante, il bar direttamente a bordo vasca e naturalmente il brindisi di mezzanotte. I posti sono limitati (info e prenotazioni a info@termediriolo.it).

Info su www.termediriolo.it.

Alessandra Morici nuova presidente della Uisp Ravenna-Lugo: «Ecco i miei impegni»

Si tratta della prima donna a capo del comitato territoriale. «L’amatorialità dello sport è un servizio alla società»

Congresso Uisp 2024 Morici E Tagliati
La presidente Morici con quello uscente Tagliati

È Alessandra Morici la nuova presidente del Comitato territoriale Uisp Ravenna-Lugo per il prossimo quadriennio. L’elezione al termine del congresso con i delegati delle società affiliate e dei soci individuali svoltosi nella serata di martedì 4 dicembre nella Sala Buzzi di viale Berlinguer a Ravenna.

Un appuntamento molto partecipato, in una sala gremita, ha salutato il passaggio di consegne tra Gabriele Tagliati, presidente dal 2018, ed i componenti della lista del rinnovato consiglio territoriale Uisp che a sua volta, pochi minuti dopo aver ricevuto l’incarico dall’assemblea, hanno indicato proprio nella capolista Alessandra Morici la nuova presidente che guiderà il Comitato per quattro anni. Prima donna a capo dell’ente di promozione sportiva e sociale nel territorio di Ravenna e Lugo, Alessandra Morici, lughese di 62 anni nata a Terni, è dal 1994 responsabile e direttrice del Centro Studi Danza e da tempo dirigente Uisp nel settore della danza, con numerose esperienze maturate nel mondo dell’associazionismo, dove è tuttora parte attiva di progetti e iniziative rivolte alla collettività, e in quello dello sport amatoriale e di alto livello, oltre che nella formazione e nell’insegnamento.

Dopo la relazione del presidente uscente Gabriele Tagliati, il congresso ha visto succedersi al microfono diversi esponenti delle amministrazioni pubbliche, preceduti da una lettera di saluto del neo eletto presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale, letta all’assemblea riunita in Sala Buzzi. Da Roma invece l’intervento in video conferenza del presidente nazionale Uisp Tiziano Pesce, mentre le conclusioni, dopo gli interventi degli ospiti invitati e dei delegati, sono state affidate a Enrico Balestra, presidente regionale Uisp Emilia-Romagna.

Congresso Uisp 2024 Alessandra Morici 2

«La Uisp – ha sottolineato Alessandra Morici nel suo intervento all’assemblea congressuale – è molto più di un’organizzazione sportiva e sociale. È una comunità che si fonda su valori di inclusione, solidarietà e partecipazione. Lo sport per tutti non è solo uno slogan, ma una missione: promuovere il benessere, l’integrazione e il diritto al movimento per ogni persona, senza distinzione di età, genere, abilità o provenienza. E l’amatorialità dello sport è un servizio alla società». Dopo essersi soffermata sulle difficoltà degli ultimi anni legate alla pandemia, all’aumento delle tariffe energetiche e alle due alluvioni che hanno colpito il territorio, la nuova presidente ha sottolineato: «Abbiamo davanti a noi un futuro pieno di sfide, ma anche di possibilità. Sono cinque gli impegni che oggi mi sento di assumere: ascoltare e coinvolgere, affinché le voci delle società trovino spazio all’interno delle decisioni prese nel Comitato; sostenere la ripresa, ricostruendo e rilanciando le attività; innovare con nuovi servizi e dunque opportunità; collaborare con istituzioni e associazioni che condividono i nostri valori; rafforzare formazione e supporto per operatori e volontari».

Questi i 13 componenti effettivi del nuovo Consiglio territoriale Uisp Ravenna-Lugo, ai quali si affiancheranno, nella veste di invitati permanenti, diversi dirigenti già indicati come riferimento per discipline sportive e attività del Comitato: Alessandra Morici, Gian Luca Baroni, Rinaldo Carnevali, Ivana Foschini, Laura Ghera, Flavio Mazzanti, Daniela Melandri, Antonio Mellini, Luigi Menegatti, Valeria Montanari, Marco Pirazzini, Gabriele Tagliati, Eva Zambelli.

Franco Costantini presenta il suo libro-calendario di anagrammi all’Alighieri

Franco Costantini Indicante

Domenica 8 dicembre alle 16, il ridotto del teatro Alighieri di Ravenna ospita la presentazione del nuovo libro di Franco Costantini: “NOC. Anagrammi per ogni dì ➞ I programmi in agenda”. L’incontro si terrà alla presenza dell’autore e di Cristina Mazzavillani Muti (che ha scritto la prefazione). Conduce il giornalista Marco Ortolani.

Si tratta di un’opera inconsueta nel panorama editoriale: un “calendario-agenda” pieno di “anagrammi-ricorrenza”, come li definisce lo stesso autore. Per ogni giorno dell’anno, cioè, Costantini sceglie un tema legato alla data, lo spiega al lettore e quindi costruisce un anagramma.

Il libro è acquistabile on line al sito https://store.youcanprint.it/

Orgogliosamente romano di nascita, ravennate di adozione, da qualche anno residente in Spagna, Franco Costantini è poeta, esperto di metrica, enigmista, fine dicitore.

La storia della Liberazione di Ravenna rivive per una sera all’Alighieri

Sul palco studiosi e artisti, tra cui la cantante Luisa Cottifogli

Storie Ravenna Teatro

In occasione delle celebrazioni per gli ottant’anni dalla liberazione della città, lunedì 9 dicembre, alle 18, andrà in scena al Teatro Alighieri una puntata speciale di Storie di Ravenna, la rassegna che racconta la storia della città attraverso il teatro.

Il 4 dicembre 1944 le truppe alleate, sostenute dai partigiani della 28ª Brigata Gap “Mario Gordini”, entrano a Ravenna. Dopo giorni di combattimenti sostenuti dagli uomini della Resistenza, i tedeschi sono stati sconfitti e hanno abbandonato la città: Ravenna è libera, i lunghi mesi di guerra e di occupazione nazista sono finiti. La puntata riannoda i fili della memoria e, ricostruendo vicende belliche e momenti tragici, si sofferma sul ruolo dei partiti antifascisti, sulla posizione della Chiesa, sulla Resistenza delle donne, nonché sulla difficile ripartenza dopo anni di oppressione.

Sul palco saliranno gli studiosi Giovanni Gardini,
 Alessandro Luparini, Alberto Malfitano,
Laura Orlandini,
Salvatore Tagliaverga. Canto di Luisa Cottifogli e musiche di Gabriele Bombardini, letture di Camilla Berardi.

Ravenna Teatro organizza due autobus in partenza dalle Circoscrizioni Nord e Sud del comune. Per informazioni e prenotazioni tel. 0544 36239.

 

A Ravenna in mostra il manto giubilare indossato da Papa Wojtyla nel 2000

In occasione del Giubileo 2025, dal 7 dicembre la prima esposizione italiana per l’opera d’arte realizzata dalla sartoria veneziana Decima Regio ispirandosi a un lacerto pavimentale del Duomo ravennate

WhatsApp Image 2024 11 29 At 12.59.38Al museo arcivescovile di Ravenna dal 7 dicembre sarà in mostra il manto giubilare indossato da Papa Giovanni Paolo II a San Pietro per il rito di apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana, inizio del Giubileo del 2000. L’iniziativa rientra nell’ambito degli eventi del Giubileo ordinari 2025 che a Ravenna verrà aperto dall’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni il 29 dicembre in cattedrale.

Il manto indossato da Papa Wojtyla solo il 24 dicembre 2000 fu realizzato da Decima Regio, sartoria veneziana specializzata fin dal 1987 nella confezione di paramenti sacri, con pattern ispirato da un lacerto pavimentale del Duomo di Ravenna. È stato esposto a Tokyo, a Città del Messico, in Polonia, in Francia, negli Usa. Ma mai finora in Italia. La prima esposizione italiana sarà quindi quella del Museo Arcivescovile

3K2A4783Stefano Zanella è l’autore del disegno che si ispira alla cattedrale di Ravenna: «Il cerimoniere del Papa, monsignor Piero Marini e monsignor Guido Marchetti, allora economo e direttore dell’Opera di Religione a Ravenna, da tempo si conoscevano tanto che nel 2000 monsignor Marchetti ci chiamò a Ravenna per realizzare alcuni abiti sacri per le celebrazioni in Cattedrale, sul modello di quelli già confezionati per il Collegio Cardinalizio in vista dell’Anno Santo. Ma già da molto tempo, visitando Ravenna e il Duomo negli anni dei miei studi, mi colpì particolarmente quel lacerto pavimentale del XII secolo, e poi l’immagine rimasta impressa mi si ripresentò quale fonte estetica per il manto del Santo Padre. Non senza soddisfazione monsignor Marchetti fu informato di questo particolare».

Gli artigiani di X Regio, lasciati liberi di individuare un tema per il tessuto scelsero la Porta: nel caso la Porta Santa della basilica di San Pietro, segno del Giubileo, ma soprattutto Cristo, porta tra la morte e la vita, porta di salvezza. Il pattern del manto presenta due disegni separati e sovrapposti: il primo è una serie di porte in progressione identica, ordinata e infinita. «L’immagine è quella stessa del Colosseo, del Palazzo delle Esposizioni di Roma, di qualsiasi antica basilica, a tutti familiare perché riprodotta moltissime volte», aggiunge Zanella. I colori, rosso, blu e oro, sono i colori cristologici tradizionali con i quali Cristo Pantocrator viene sempre rappresentato.

Sovrapposto a questo disegno di base c’è il secondo, che Zanella ha tratto dalla Sacra Sindone, sinopia di due colpi flagello ai quali è stato sottoposto Cristo nella Passione. «Il senso è che la porta della salvezza per ciascuno di noi viene aperta solo dal sangue redentore di Cristo: il tema del grande Giubileo del 2000».

Per demolire il ponte ferroviario da 200 tonnellate servono 6,1 milioni e sei mesi

Una gru con un braccio di 40 metri sul fiume Santerno rimuoverà il manufatto del 1951 nella sua interezza e sarà smantellato a terra. Verranno realizzate tre vie di accesso al cantiere

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Ci vorranno 6,1 milioni di euro e sei mesi di tempo per demolire il ponte ferroviario da 200 tonnellate della linea Faenza-Lavezzola costruito nel 1951 sul fiume Santerno a Sant’Agata. Il progetto per la demolizione è pronto, ma non c’è ancora un programma del cantiere. La rimozione del ponte è finanziata dalla struttura commissariale per la ricostruzione dopo l’alluvione di maggio 2023: nei pressi del ponte la piena fece crollare l’argine.

Il ponte attuale si trova a una quota inferiore agli argini che sono stati innalzati due volte negli anni successivi alla costruzione del manufatto. Questa è la ragione per cui il traffico sulla linea non ha mai ripreso da maggio 2023 (i quattro treni in servizio sono sostituiti da autobus): le autorità hanno ritenuto che lasciare l’argine più basso in corrispondenza dei binari, con l’impegno all’innalzamento in caso di emergenze, non fosse una garanzia sufficiente per la sicurezza dell’abitato duramente devastato dalla tracimazione del fiume.

Rete ferroviaria italiana (Rfi), società pubblica che si occupa delle infrastrutture, ha dato la propria disponibilità a ricostruire il ponte non appena disponibili i relativi finanziamenti, adeguandolo all’attuale altezza degli argini con caratteristiche tali da non rendere necessaria la realizzazione di piloni in alveo. Al momento non è quindi in agenda la ricostruzione (che costerebbe circa 40 milioni). 

L’operazione di demolizione richiederà l’intervento di una pesante gru della quale sono disponibili pochissimi esemplari in tutta Italia: il ponte verrà rimosso nella sua interezza grazie a un braccio meccanico di 40 metri, per essere poi smantellato a terra e smaltito. La seconda fase di lavori prevede la demolizione dei piloni in alveo, operazione questa che può essere eseguita solamente con condizioni meteo favorevoli.

L’intero intervento richiederà l’allestimento di un cantiere che prevede la realizzazione di una piazzola in calcestruzzo per il collocamento della gru e la disposizione di tre vie d’accesso: una seguendo il tracciato dei binari a partire dalla stazione di Sant’Agata, una sull’argine del fiume e una attraverso la campagna. L’approntamento del cantiere dovrebbe essere avviato già dalle prime settimane del 2025.

Giovedì 5 dicembre il sindaco di Sant’Agata sul Santerno, Riccardo Sabadini, insieme all’assessore Enrico Rambelli, ha incontrato a Bologna, nella sede della Regione Emilia-Romagna di via Aldo Moro, la struttura tecnica di Rfi e i rappresentanti della Regione e della Protezione civile per conoscere i dettagli dell’operazione. «Non appena sarà disponibile il programma, i vertici di Rfi e della Protezione civile saranno a Sant’Agata per illustrare le caratteristiche dell’intervento a tutti i cittadini. Organizzeremo dunque un’assemblea pubblica, con lo scopo di spiegare nel dettaglio modalità e fasi di realizzazione di questa importante operazione».

De Rosa saluta Ravenna dopo 3 anni: «Prefettura sia sempre aperta per i cittadini»

Nelle periodiche rotazioni decise dal ministero, il prefetto passa a Catanzaro e verrà sostituito da Ricciardi da Gorizia

IMG 0148Castrese De Rosa chiude la sua esperienza come prefetto di Ravenna, durata poco meno di tre anni, con la convinzione di aver ridotto la distanza tra i cittadini e l’istituzione rappresentata: «La prefettura è la casa dei ravennati – ha detto il funzionario di origini napoletane incontrando la stampa per l’ultima volta – che devono sapere di poter trovare ascolto nei nostri uffici». È questa che considera la soddisfazione maggiore di un periodo di cui, assicura, conserverà un ricordo prezioso. L’ultimo anno e mezzo che lo sapere dalla pensione lo passerà a Catanzaro: «Avrei concluso volentieri la mia carriera a Ravenna, ma per noi decide il ministero dell’Interno e ogni 2-3 anni c’è una rotazione». Al suo posto, a Ravenna, dal 9 dicembre arriverà Raffaele Ricciardi dalla prefettura di Gorizia.

L’era De Rosa a Ravenna è stata contraddistinta da una costante apertura comunicativa della prefettura verso l’opinione pubblica, con un rapporto diretto frequente con la stampa, anche per una sorta di vicinanza verso una professione conosciuta in prima persona: «Ho scritto il mio primo articolo a 17 anni sul Gazzettino Campano e poi ho lavorato per Il Mattino e per Il Roma».

Nell’ultimo incontro con la stampa, De Rosa ha voluto al suo fianco i tre dirigenti degli uffici di piazza del Popolo (secondo la pianta organica dovrebbero essere sette) per ringraziarli dell’apporto e della collaborazione: «In prefettura lavorano 56 persone ed è grazie a loro che abbiamo potuto fare tutto quello che è stato fatto».

Nel riassunto di quanto fatto nel triennio e di com’è la città oggi, la commozione incrina la voce di De Rosa su due argomenti: la gestione degli sbarchi dei migranti dalle navi ong e l’inaugurazione di uno stabilimento balneare inclusivo aperto ai disabili a Punta Marina. «In totale abbiamo accolto 16 navi con 1.567 persone. E scelgo volutamente di usare la parola persone anziché migranti». Ognuna delle sedici volte De Rosa è stato in banchina: «Rappresento lo Stato ed è giusto che fossi lì ad accogliere persone. La rete di associazioni e realtà del territorio ha dimostrato una grande capacità di accoglienza».

Nel bilancio finale non può mancare un accenno alla sicurezza e all’ordine pubblico. I dati dei primi dieci mesi del 2024 mostrano un calo delle denunce di reati rispetto al 2023: i furti in totale sono diminuiti del 3,6 percento, i furti in abitazione del 5,7, quelli nei negozi del 20,6 percento, quelli dalle auto in sosta del 14,4».

Nel corso del periodo passato a Ravenna, sono stati esaminate 239 posizioni di vari soggetti privati e imprese per individuare eventuali rischi di infiltrazioni mafiose. Finora nessun provvedimento è stato emesso, ma non è escluso che le istruttorie possano portare a emanare interdittive nei prossimi mesi.

Al successo Ricciardi spetterà anche il compito di completare quella che De Rosa considera la mancanza che non ha fatto in tempo a colmare: «Stiamo lavorando all’aggiornamento dei piani sicurezza per le 34 imprese a rischio di incidente rilevante. La prima dovrebbe essere ormai pronta e poi si continuerà con tutte le altre».

Il Bernini di Marco Martinelli, affilato grido d’amore per l’arte

Nel monologo interpretato da un ottimo Marco Cacciola, il drammaturgo delle Albe fa dialogare il ‘600 con la contemporaneità e si confronta con questioni immani

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Fotografia di Enrico Fedrigoli

De viris illustribus (Le vite degli uomini illustri) è un titolo ricorrente nella sterminata bibliografia classica. Da Cornelio Nepote a Petrarca, da Boccaccio al più recente Achille Campanile, nella storia l’esemplarità delle esperienze ha aperto varchi verso la comprensione degli accadimenti in grado di sconvolgere le epoche e indirizzarle a migliorie future. Tutto questo perché nelle biografie c’è lo straordinario peso delle vite vissute, scontate, a volte tradite e riacquistate, c’è la vita nelle vite altrui: passa per altri gesti, quel gesto nostro di uguale e sintomatico peso nella storia. Marco Martinelli da sempre ha caratterizzato la sua drammaturgia con una forte narratività che attinge dai registri del comico e del tragico per riscrivere la realtà quotidiana tramite la reincarnazione in opere, personaggi, eventi del passato e del presente – da Jarry alla Divina Commedia, dal dramma dei migranti in Rumore di Acque alla vicenda di Marco Pantani, su su fino a Schwab e al progetto sul Don Chisciotte tuttora in atto –, arrivando a un teatro cosiddetto politttttttico (sì, con sette t, un termine coniato da Martinelli stesso negli anni ’80), che non si rinchiude cioè in schemi ideologici.

Non fa eccezione il nuovo Lettere a Bernini, che ha debuttato il 3 dicembre al Teatro Rasi e che vede protagonista uno strepitoso Marco Cacciola, lavoro incentrato sulla figura di uno dei più grandi artisti del Seicento, che poco a poco, in scena, si avvicina vertiginosamente a noi, ai nostri travagliati tempi, a certe dinamiche mai sopite. La diegesi dello spettacolo si riferisce a un giorno ben preciso del 1667, il 3 agosto, quando un Gian Lorenzo Bernini decisamente irato si trova nel suo studio (l’ambientazione unisce elementi antichi e contemporanei) a imprecare contro Francesca Bresciani, intagliatrice di lapislazzuli che ha lavorato per lui nella Fabbrica di San Pietro e che ora lo accusa senza mezzi termini, di fronte ai cardinali, di non pagarle il giusto prezzo per il suo lavoro. Da qui parte il monologo dell’attore in scena, un eloquio che è sia narrazione esterna che racconto in prima persona, quasi a voler dare connotati onirici all’azione (a cui contribuiscono non poco i ficcanti interventi sonori di Marco Olivieri e le luci di Luca Pagliano), un profluvio di parole con cui Bernini, tra italiano e napoletano, ci dice chi è, ossia un personaggio pieno di contraddizioni, un genio, certo, ma anche un uomo capace di violenze (che stava per uccidere il fratello Luigi per una questione amorosa) e di prepotenze, dall’ego smisurato, conscio della propria grandezza e pronto a soddisfare le richieste dei protettori, papi e potenti vari, insomma il re artistico della Roma Barocca.

Dunque ecco che questo Seicento inizia a parlarci, la protezione e il favoritismo dei potenti, anche in ambito artistico, non ci suonano così desueti, l’arroganza dell’artista affermato nei confronti dei colleghi non sembra una questione negletta, i ricatti economici li sentiamo tutti i giorni. E poi c’è la nemesi di Bernini, Francesco Borromini, il “longobardo”, il puro, l’introverso, «con quella smania di uscire dalle regole», che però «è bravo a disegnare, sì». Borromini che inizialmente doveva essere il protagonista del testo di Martinelli, dopo che il drammaturgo e regista rimase folgorato dalla visita, insieme a Ermanna Montanari (con cui condivide l’ideazione dello spettacolo), alla chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane di Roma, edificata a opera dell’artista ticinese. «L’amore per Bernini nasce paradossalmente dal suo grande rivale, Francesco Borromini – spiega Martinelli –. Poi a un certo punto mi sono fatto rapire dalla grandezza di Bernini e il primo pensiero è stato quello di creare un dialogo fra i due. Ma non c’era spazio per entrambi sul palcoscenico, per cui Bernini alla fine s’è preso la scena, perché oltre a essere pittore, scultore, architetto era anche uomo di teatro».

Non a caso a un certo punto Bernini/Cacciola trasforma il suo studio in sala prove per riprendere insieme a garzoni e allievi il Coviello (una maschera della tradizione napoletana), ma ancor più incisiva, per quanto non immediata, è l’apparizione di tre grandi schermi alle spalle del protagonista sui quali scorrono le immagini del concerto che Furtwängler diresse nel 1942 alla fabbrica dell’AEG in Germania, corredate dalla scritta in latino Hoc theatrum hic labor est (ossia “questo teatro è qui per lavorare”), apparizione che ritengo l’essenza estrema dello spettacolo: in certe condizioni, gli artisti, come si devono comportare? Fino a che punto l’arte può ritenersi libera da ogni potere e pressione? Anche di questo Martinelli ha parlato più volte, scrivendo cose che ti staccano la pelle di dosso ma sempre con una lingua comprensibile a tutti. L’arte è per definizione un rischio, è ciò che si contrappone tra noi e la negazione di chi abbiamo davanti, e Lettere a Bernini è un grido d’amore affilato e profondissimo nei suoi confronti. E quando, nel finale, Bernini riceve la notizia della morte di Borromini, suicidatosi appunto il 3 agosto 1667, è la pietas rivolta sia all’uomo che all’artista a prevalere. «Si caca sangue per catturare una luce. Scultura o architettura, è lo stesso/La luce di un volto/Che gode, che soffre/Che spasima, che trema».

In replica al Rasi fino al 15 dicembre

Lettere a Bernini sarà in scena al Teatro Rasi fino a domenica 15 dicembre (con pausa lunedì 9) alle ore 21, tranne la domenica (ore 15.30). Allo spettacolo è collegata Intorno a Bernini, serie di presentazioni e letture. Il 7 dicembre (ore 18) al Rasi Marco Martinelli presenta il suo omonimo libro Lettere a Bernini (Einaudi), l’8 dicembre (ore 18), sempre al Rasi, ecco
La commedia di Filodosso, ovvero: le fatiche della Virtù, lettura teatrale della Philodoxeos fabula di Leon Battista Alberti. Introduzione di Alberto Giorgio Cassani, voce e regia di Gianfranco Tondini, mentre il 14 dicembre alla biblioteca Classense si presenta il libro A questo serve il corpo (Bompiani), di Roberta Scorranese.

Traffici porto: ottobre e novembre in grande crescita, il 2024 pareggia il 2023

Due mesi consecutivi con un aumento superiore al 20 percento rispetto allo stesso mese di un anno fa hanno consentito di recuperare le perdite dei primi nove mesi

Il terminal container del porto di Ravenna (foto da pagina Facebook di Ap)Le stime della movimentazione complessiva di merci al porto di Ravenna per il mese di novembre 2024 prevedono un aumento del 20,5 percento (pari a quasi 2,1 milioni di tonnellate) rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Il mese di ottobre aveva registrato una crescita del 21,5 percento (418mila tonnellate in più) rispetto al 2023.

Due mesi consecutivi con volumi di traffico in grande aumento rispetto all’anno scorso portano il totale delle merci movimentate al porto di Ravenna nei primi undici mesi del 2024 a pareggio rispetto allo stesso periodo del 2023: un totale di 23,4 milioni di tonnellate, in calo di circa lo 0,2 percento. Alla fine del nono mese, il 2024 era in caldo del 4,2 percento rispetto al 2023.

Nel mese di novembre quasi tutte le merceologie mostrano dati più che positivi: gli agroalimentari liquidi dovrebbero aumentare del 12,1 percento, gli agroalimentari solidi del 99,3, i concimi del 52,3, i materiali da costruzione dovrebbero segnare una crescita di quasi 92mila tonnellate (+31,4 percento) e per i prodotti petroliferi si stima un incremento del 28,1. Dovrebbero avere un risultato negativo i prodotti chimici liquidi in diminuzione di 15 mila tonnellate
(-18,8%), quelli solidi (-36,5%) e i metallurgici (-2,2%) in calo di 10 mila tonnellate. Negativi invece, nel mese di novembre, i dati relativi alla merce su trailer (-9,5%) nonostante il segno più per quanto riguarda il numero di trailer e altri veicoli (+1,0%), mentre ancora in calo i Teus (-4,2%) nonostante un leggera crescita per la merce in container (+1,2%). Negli 11 mesi, si stimano in crescita i minerali e cascami per la metallurgia (+281,0%), i petroliferi (+9,4%), i materiali da costruzione (+5,3%), i concimi (+5,3%) e gli agroalimentari solidi (+3,8%). In calo, invece, i metallurgici (-8,8%), gli agroalimentari liquidi del 7,1% e i prodotti chimici sia liquidi (-0,5%) che solidi (-2,3%). Negativa la stima nel periodo gennaio-novembre 2024 per i container, con 184 mila Teus (oltre 15 mila Teus in meno; -7,7% rispetto al 2023) e per la merce in container, in diminuzione del 5,2% rispetto al 2023. Segno meno anche per il numero dei trailer e altri veicoli che, per gli 11 mesi si stimano pari a 71.646 pezzi (-4,9%) e la relativa merce dovrebbe essere in diminuzione del 3,2% rispetto a quella movimentata nello stesso periodo del 2023.

Oltre 100 presenze per l’inaugurazione della Casa della Comunità

La giornata è stata dedicata alla visita dei locali rinnovati, alla fruizione di screening e test gratuiti e alla presentazione del nuovo staff

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Si è svolto mercoledì 4 dicembre l’Open Day della Casa della Comunità di Massa Lombarda, organizzato per celebrare per l’inaugurazione degli spazi ristrutturati. Molte le persone in visita ai locali di via Baravelli 29, in cui sono collocati gli ambulatori dei Medici di Medicina Generale e dove, in occasione della giornata di apertura, è stato possibile conoscere i servizi ed essere informati sui tanti percorsi attivati sulla prevenzione e la promozione della salute. Nel corso della giornata sono stati presentati anche i 3 nuovi Infermieri di Famiglia e di Comunità che saranno operativi dalla seconda settimana di dicembre, potenziando ulteriormente la prossimità della presa in carico dei bisogni di salute dei cittadini di Massa Lombarda.

Durante l’open day si sono registrati oltre un centinaio di utenti, molti dei quali hanno approfittato dell’occasione per sottoporsi anche agli screening gratuiti attivati per la giornata in collaborazione con i servizi specialistici: 10 test rapidi HIV, 6 colloqui con l’ostetrica (in uno è stato eseguito anche il pap test ), 12 spirometrie e consulenze pneumologiche, 39 mappe del rischio cardiologico, 39 test rapidi del colesterolo, 3 rilevazioni glicemia, 20 contatti informativi relativi ai percorsi di promozione di sani stili di vita, 2 colloqui con la psicologa di comunità, 3 colloqui con i nuovi Infermieri di Famiglia e di Comunità oltre a diversi accessi al punto informativo dei Medici di Base e della Pediatra.

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«Lo sviluppo e l’integrazione delle varie professionalità presenti presso la Casa della Comunità di Massa Lombarda e la collaborazione con il volontariato diffuso rappresentano un esempio al quale tendere anche sugli altri Comuni per rafforzare la risposta territoriale ai bisogni di salute delle comunità» commentano dal Comune.

Asp Faentino verso la privatizzazione: le proteste dei sindacati

 Cgil, Cisl e Uil chiedono risposte certe ai sindaci della Romagna Faentina

Prosegue il percorso di privatizzazione delle Asp del territorio, grazie al via libera di sindaci della Romagna Faentina che hanno confermato lo scorso 28 novembre la volontà di costituire una società consortile – a partecipazione pubblica e privata – che possa candidarsi come gestore dei servizi agli anziani non autosufficienti nelle strutture accreditate della zona. La decisione ha causato preoccupazioni tra i sindacati di Cgil, Cisl e Uil, che chiedono ora l’indicazione (entro lo scadere dell’attuale accreditamento del 31 dicembre) di un’ipotesi alternativa, coerente con le premesse enunciate, come contrappeso alla bozza del progetto che è tutt’ora al vaglio della Corte dei Conti.

«Confermiamo le preoccupazioni già espresse e riaffermiamo l’importanza di una gestione pubblica di questi servizi, anche se comporta investimenti maggiori rispetto al privato, a causa dei diversi regimi fiscali come Irap e Iva – comunicano dai sindacati .- E delle differenti possibilità di copertura Inps dei costi inerenti le sostituzioni di malattie, maternità e infortuni. Riteniamo altresì di avere il dovere di valutare senza preconcetti l’efficienza e la correttezza dell’impiego di risorse pubbliche sempre più scarse e inadeguate a rispondere ai bisogni crescenti della popolazione più fragile. Abbiamo chiesto un confronto sulle risorse che si renderanno disponibili, sull’evoluzione delle rette, sulle tutele del personale dipendente ed interinale, salvaguardia nel tempo non solo di una governance pubblica ma anche di esperienza e personale pubblico sul campo, relazioni sindacali con il nuovo soggetto giuridico, ma tutto ciò è colpevolmente mancato, impedendo l’espressione di un giudizio compiuto che possa tener conto di tutti gli aspetti della vicenda».

L’Asp mostra infatti alcune difficoltà economiche: nel periodo 2018-2023 si sono registrate oltre 1 milione di euro di perdite, nonostante 1,1 milione di euro di contributi straordinari da parte dei comuni e il temporaneo mancato computo degli ammortamenti negli ultimi 4 anni per circa 1,4 milioni di euro.
Tra le cause, il ritardo con cui si è giunti ad un’unica Asp distrettuale, un sistema di accreditamento che ha messo in competizione soggetti con costi di base diversi, la mancata attribuzione di un consistente numero di posti letto coperti dal fondo regionale non autosufficienza, il fallito tentativo di riequilibrare posti accreditati a gestione pubblica e privata a seguito di sentenza del Consiglio di Stato.

«Non ci sono stati interventi risolutivi rispetto al divario di costi tra gestione pubblica e gestione privata e la recente delibera regionale sul nuovo accreditamento afferma che “il processo di accreditamento dovrà tener conto dell’offerta delle strutture e dei servizi gestiti da soggetti pubblici già esistenti e presenti nel territorio” ed al contempo che “il Comitato di distretto deve definire quali servizi intende gestire in forma pubblica, avendo particolare attenzione all’attuale equilibrio tra le forme di gestione”. La Regione dopo aver legiferato sul tema coprogettazione, non ha emanato le linee guida, che dovevano perimetrare l’utilizzo dello strumento, ne è intervenuta chiaramente di fronte al caso specifico – continuano i sindacati -. In questo quadro, che non possiamo cambiare, anche alla luce della convocazione di un nuovo incontro per il 16 dicembre, chiediamo risposte chiare. Siamo disponibili a misurarci nel merito delle soluzioni  che possono complessivamente garantire al meglio il livello dei servizi e le condizioni di fruizione, il personale che li eroga, il miglior impiego delle risorse, un ruolo pubblico nel governo e nella produzione di questi servizi. Questo è l’obiettivo del confronto serio che chiediamo. Questo dovrebbe essere anche l’obiettivo della politica e di tutti gli altri soggetti istituzionali e di rappresentanza a vario titolo coinvolti».

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