La villa romana riaffiorata in un cantiere – FOTO – «Un delitto ricoprire tutto»

Ma dalla Soprintendenza spiegano: «Le aree archeologiche a vista necessitano di ingenti risorse»

I resti di una villa romana del I secolo e quelli di una chiesa del V-VI secolo sono stati ritrovati in un cantiere nei pressi della torre radar Enav, vicino allo svincolo per Classe della statale Adriatica. Gli esiti del cantiere archeologico, avviato lo scorso luglio, sono stati mostrati ai cittadini dalla Soprintendenza in occasione delle Giornate europee dell’archeologia 2024. Si tratta di «un’importantissima scoperta archeologica (alcuni l’hanno definita la più importante degli ultimi 30 anni, ndr), che aggiunge un ulteriore tassello alla storia del territorio di Classe – spiega la soprintendente Federica Gonzato –, nata da esigenze di carattere pubblico e dall’applicazione della procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, prevista dalla normativa». La scoperta è stata resa possibile infatti grazie all’arrivo di Snam Rete Gas e in particolare ai lavori del metanodotto Ravenna mare-Ravenna terra, successivamente ampliato per il passaggio del collegamento fra la nave rigassicatrice (che entrerà in esercizio al largo di Ravenna nel 2025) e la rete nazionale di trasporto del gas.

Lavori che hanno consentito di far partire gli scavi “preventivi” condotti dagli archeologi della Gea srl di Parma – sotto la direzione di Sara Morsiani, funzionaria archeologa della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna – che hanno messo in luce numerose strutture, in buono stato di conservazione, riferibili a una villa extraurbana dotata di impianto termale e databile agli inizi dell’età romano-imperiale. Sui livelli di distruzione di questo imponente edificio venne poi edificata nel V-VI secolo una chiesa, della quale sono ancora ben visibili la pianta con le fondazioni murarie e qualche lacerto pavimentale. Lo scavo si espande su un’area di un migliaio di metri quadrati e i primi resti hanno cominciato ad affiorare a circa un metro e settanta centimetri sotto il suolo. I lavori degli archeologi proseguiranno «il tempo necessario per poter documentare al meglio le evidenze e prelevare tutti i reperti messi in luce – commenta la stessa Morsiani -. Non sappiamo ancora dire con esattezza quando verrà dichiarato concluso». Dagli scavi sono emersi anche molti reperti di anfore, vasellame, ampolle, condutture in piombo, destinati in parte, dopo lo studio, ai musei, mentre le tracce della villa e della chiesa (debitamente sottoposti a particolari riprese fotograche) finiranno verosimilmente e inevitabilmente per essere ricoperti, come è prassi in questi casi di scoperte isolate. «Le aree archeologiche lasciate a vista necessitano di ingenti risorse per la manutenzione e la gestione, che purtroppo spesso mancano – spiega ancora Morsiani -; in tali casi la tutela dei resti, fine principale della Soprintendenza, viene garantita maggiormente lasciando le evidenze sotterrate. È questo il motivo per cui documentiamo in maniera precisa e scientifica ogni cosa e anche il motivo per cui abbiamo ritenuto doveroso presentare alla cittadinanza i rinvenimenti nella giornata di sabato 8 giugno».

Una spiegazione che però non basta a placare la rabbia di molti, in città, che vorrebbero vedere valorizzare in loco la scoperta. A intervenire è per esempio l’associazione Italia Nostra, che paragona l’intenzione di ricoprire tutto a un delitto. «Un ritrovamento di valore eccezionale che probabilmente non verrà più riproposto ai visitatori e che potrebbe restare alla luce ancora per poco, nonostante, da ciò che abbiamo appreso, le tubazioni Snam siano già state posate sotto il sito archeologico utilizzando tecniche di perforazione sotterranea, ed il metanodotto già completamente collegato a monte e a valle del sito. Dunque, cosa si aspetta per decidere di restituire alla cittadinanza questo rinvenimento in modo permanente, proteggendolo, lasciandolo visitabile in situ e collegandolo con la Basilica di Classe in modo da ampliarne il valore già eccezionale con un’altra rarità? Ci aspettiamo interventi positivi e di sollecito del sindaco, della Regione, della Soprintendenza e dell’Università».

«Il sito di Classe, per essere onesti, così come tutta Ravenna – eccezion fatta per la Domus dei Tappeti di Pietra e la Villa Romana di Russi -, è piuttosto povero di siti archeologici, nonostante si trattasse del più importante porto militare dell’età imperiale e nonostante l’eccezionale ricchezza della storia ravennate in epoca romana, teodoriciana e bizantina. La mania del distruggere o nascondere i luoghi nella loro consistenza materiale e magari riproporne altrove ricostruzioni più o meno addobbate di oggetti rinvenuti potrebbe colpire ancora, privando la cittadinanza tutta di un irripetibile apparato documentale e didattico apprezzabile direttamente sul campo. Altrove, non ci penserebbero nemmeno a ricoprire!».

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