giovedì
25 Dicembre 2025

Impresa storica: il Ct Massa Lombarda è in finale scudetto

Nel giorno del trionfo dell’Italia in Coppa Davis, un’altra impresa verrà ricordata a lungo, in particolare nella Bassa Romagna della provincia di Ravenna. Il “piccolo” Circolo Tennis Massa Lombarda ha infatti centrato una storica finale scudetto nel campionato di A1 di tennis.

Ci è voluta una lunga, interminabile giornata di sfide ma alla fine il Ct Massa Lombarda – che aveva chiuso la “regular season” in testa al Girone 3 – dopo il 4-2 dell’andata, ha battuto 3-2 il Santa Margherita Ligure, primo nel Girone 2, anche nella gara di ritorno. I “padroni di casa” sono partiti bene grazie al soffertissimo successo dell’elvetico Bertola su Forti ma i romagnoli hanno risposto con le vittorie di Rottoli su Romano e di Zeppieri su Pellegrino. Il successo di Castagnola su Bilardo ha mantenuto ancora in corsa il Santa Margherita Ligure ma la vittoria nel primo doppio di Bilardo/Forti al match tie-break su Pellegrino/Romano ha chiuso il discorso promuovendo Massa Lombarda in finale.

Nell’altra gara di ritorno delle semifinali/play-off la prima sconfitta in campionato è costata cara all’SC Selva Alta Vigevano, che aveva chiuso la prima fase al comando nel Girone 4: i lombardi hanno infatti ceduto in casa per 4-2 al Match Ball Firenze Country Club, primo nel Girone 1, che all’andata in Toscana non era andato oltre il pareggio (3-3).

La finale è in programma domenica 7 dicembre a Torino.

Quarta vittoria consecutiva e primo posto in classifica per la Consar Ravenna

Quarta vittoria consecutiva e primato in classifica raggiunto, sia pure in compagnia di Prata. Obiettivo centrato per la Consar Ravenna che si impone su una mai doma Rinascita Lagonegro per 3-1 al termine di una partita rivelatasi complicata, come da attese della vigilia.

Il primo set vinto agevolmente dalla Consar faceva pensare ad un esito diverso ma poi la formazione di Kantor è cresciuta a muro e in difesa e ha messo pressione a Goi e compagni, che hanno vinto ai vantaggi il secondo set e dilapidato la vittoria subendo dal 2-0 24-21 la rimonta degli ospiti, trascinati da Armenante (18 punti e 55% in attacco al suo attivo alla fine). Quarto set in equilibrio con Ravenna che la spunta 25-23. Premio mvp per Manuel Zlatanov che firma la sua miglior prestazione stagionale mettendo a referto 25 punti, con due ace.

Il commento di coach Valentini: «Abbiamo avuto un ottimo approccio e abbiamo vinto bene il primo set, poi nonostante i nostri vantaggi e nonostante la precisione della nostra ricezione, non siamo stati lucidi né bravi a sopportare la crescita di Lagonegro nel fondamentale muro-difesa. Sapevamo che la Rinascita è una squadra che non molla mai e lo ha ribadito oggi, noi dobbiamo continuare a lavorare nello sviluppo e nel consolidamento di colpi d’attacco e contrattacco. Oggi sono emersi anche alcuni limiti che però lavorandoci sopra, possiamo eliminare. Siamo primi? Ci fa piacere. Sapevamo di avere una squadra talentuosa ma anche giovane, con i suoi alti e bassi: non guardiamo dove siamo adesso».

Il tabellino

Ravenna-Lagonegro 3-1 (25-13, 27-25, 25-27, 25-23)
CONSAR RAVENNA: Russo 5, Dimitrov 14, Bartolucci 10, Canella 10, Zlatanov 25, Valchinov 13, Goi (lib.). Ne: Gottardo, Iurlaro, Ciccolella, Giacomini, Bertoncello, Gabellini, Asoli (lib.). All.: Valentini.
RINASCITA LAGONEGRO: Sperotto 4, Cantagalli 17, Tognoni 4, Arasomwan 2, Armenante 18, Raffaelli 14, Fortunato (lib.), Esposito, Pegoraro. Ne: Andonovic, Mastracci, De Angelis (lib.), Sanchi. All.: Kantor.
ARBITRI: Pasin di Borgaro Torinese e Marco Pernpruner di Trento.
NOTE: durata set: 25’, 33’, 33’, 32’, tot. 123’, Ravenna (6 bv, 19 bs, 9 muri, 10 errori, 49% attacco, 54% ricezione), Lagonegro (3 bv, 16 bs, 10 muri, 9 errori, 41% attacco, 44% ricezione). Spettatori 1.374.

Al Mausoleo di Galla Placidia va in scena la protesta contro il taglio dei pini – FOTO

Presidio ambientalista, nel pomeriggio di domenica 23 novembra, al Mausoleo di Galla Placidia. I comitati Italia Nostra e “Salviamo i Pini di Lido di Savio e Ravenna” – con il supporto di Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna, che ha presentato sul tema un’interrogazione al sindaco – protestano contro l’abbattimento di alcuni dei pini che incorniciano il Mausoleo e la Basilica di San Vitale.

Almeno sei pini saranno abbattuti perché ritenuti pericolosi per la sicurezza del sito Unesco e dei visitatori. La decisione, sostenuta dalla Diocesi dopo perizie tecniche e prove di trazione, ha suscitato la protesta dei comitati cittadini, che denunciano scarsa trasparenza e temono uno “sfregio” al panorama storico.

Un tavolo con Comune, Soprintendenza e carabinieri forestali deciderà i prossimi passi. La Diocesi assicura che al posto dei pini, ormai settantenni, verranno piantate nuove essenze.

L’Arezzo vince ad Ascoli e vola a +3 dal Ravenna. Le ultime 4 giornate del girone d’andata a confronto

A quattro giornate dal termine del girone d’andata, il neopromosso Ravenna è secondo in classifica nel girone B del campionato nazionale di calcio di serie C. Dopo il secondo pareggio consecutivo dei giallorossi, al Benelli contro il Gubbio, gli occhi erano tutti al Del Duca di Ascoli per il big match tra bianconeri terzi in classifica e la capolista (davanti a quasi 11mila spettatori), terminato 2-0 per un cinico Arezzo. Una vittoria che permette ai toscani di allungare a +3 sul Ravenna, che a sua volta va a +4 sull’Ascoli. Al momento è invece più staccata la quarta in classifica.

Diamo ora un’occhiata agli ultimi quattro impegni del 2025 delle tre contendenti.

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Il Ravenna – dopo l’impegno infrasettimanale di martedì sera al Benelli contro l’Arzignano in Coppa Italia – sabato prossimo, 29 novembre (calcio d’inizio alle 17.30) farà visita al Pineto, tra le sorprese del campionato e in piena zona playoff. Si tornerà poi al Benelli domenica 7 dicembre per la partita contro il Pontedera, squadra invece in lotta per la salvezza; quindi posticipo del lunedì sera (15 dicembre) a Pesaro contro la Vis, a metà classifica, prima dell’ultima al Benelli di domenica 21 dicembre, sulla carta più agevole, contro il fanalino di coda Rimini.

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La capolista Arezzo tonerà invece davanti al proprio pubblico domenica prossima, 30 novembre, per affrontare la Sambenedettese e poi chiuderà l’anno con le insidiose trasferte di Livorno (un derby molto sentito) e Torres, con in mezzo la gara casalinga contro il Pineto.

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Infine l’Ascoli, con le trasferte a Pesaro e in casa del sorprendente Guidonia Montecelio; al Del Duca arriveranno invece il Forlì e il Campobasso, squadre piuttosto imprevedibili.

Il campionato riprenderà poi già il primo weekend di gennaio (3 e 4) e sarà come un nuovo torneo, fino all’ultima domenica di aprile, quando terminerà la stagione regolare. Decisivo sarà anche il calciomercato, con il Ravenna che si sta già muovendo, in attesa di ufficializzare il colpo Viola, mezzala-trequartista che l’anno scorso giocava ancora in serie A e che alzerebbe vertiginosamente il tasso tecnico dei giallorossi.

Come noto, verrà promossa direttamente in serie B soltanto la prima classificata di ogni girone. La seconda avrà il vantaggio di partire direttamente dai quarti finale play-off (che mettono in palio un’altra promozione), la terza entrerà in scena invece agli ottavi. Le squadre classificate dal quarto al decimo posto dovranno invece affrontare le fasi preliminari degli spareggi post campionato.

Metti una domenica pomeriggio a Lugo con un tour guidato tra 7 mostre d’arte

Alle Pescherie della Rocca di Lugo, in piazza Garibaldi, nel weekend 29-30 novembre si chiude la mostra “Quadri di un’esposizione” e con lei il percorso del progetto “Matrice“ che tra il 2022 e il 2025 sì è articolato in diciassette tappe che hanno coinvolto diversi spazi espositivi della città.

Nello stesso fine settimana si aprirà però anche un nuovo ciclo di residenze e studi d’artista, tutti dedicati al lavoro del pittore Piero Dosi. “PPP Painters Play Piero” partirà proprio dalle Pescherie della Rocca, coinvolgendo gli artisti Greta Affanni, Francesca Cerfeda, Federica Giulianini, Domenico Grenci, Enrico Minguzzi, Dario Molinaro e Alessandro Saturno, chiamati a guardare, interpretare, tradurre e tradire un’opera di Dosi scelta per affinità dal suo archivio e anche attingendo alle recenti donazioni in mostra.

E dato che a Lugo, in questo stesso periodo, sono allestite altre cinque mostre, nella giornata di domenica 30 novembre il direttore del Museo Baracca e responsabile di Lugo Musei, Massimiliano Fabbri, ha organizzato un tour pomeridiano per visitare tutte le esposizioni in corso, in diversi casi anche alla presenza degli artisti.

  • Si partirà alle 15 dal Palazzo del Commercio Ascom in via Acquacalda 29, con la visita a “Zoocromie” di Andrea Tampieri.
  • Alle 15.30 trasferimento al Palazzo ex Cassa di Risparmio della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, piazza Baracca 24, dove sono allestite le mostre degli artisti faentini Nedo Merendi (“Flora e…”), Cinzia Ortali (“Due stanzette tutte per me”), Francesca Cerfeda (“Saturnina”) e Filippo Maestroni (“Fiori di Faenza”).
  • Alle 16.30 tappa allo studio “Ma Se“ di via Foro Boario 83, per visitare la mostra “Diario” di Luca Rotondi.
  • Alle 17 tappa finale alle Pescherie della Rocca per chiudere la diciottesima esposizione di Matrice e avviare il ciclo di «PPP Painters Play Piero».

Il viaggio di Paolini tra fiumi e territori stravolti: «Nessuno può chiamarsi fuori»

Uno spettacolo che parla di fiumi e alluvioni, con un approccio ecologista che ci fa riflettere sulle alterazioni del clima e del paesaggio provocate dall’uomo. Bestiario idrico è la nuova opera di Marco Paolini, attore e autore fra i padri del teatro di narrazione italiano, che negli ultimi anni si è molto concentrato sulle questioni ambientali. Col laboratorio “La fabbrica del mondo” ha messo insieme un gruppo di scienziati ed esperti, tra cui il biologo e filosofo evoluzionista Telmo Pievani e il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, che porta avanti progetti artistici come Atlante delle rive: in occasione della Giornata mondiale dei fiumi, celebrata il 28 settembre, 40 teatri in tutta la penisola hanno composto un racconto corale sulla cura dei corsi d’acqua e sui conflitti intorno a essi. All’edizione 2025 ha aderito anche Ravenna Teatro, che ha inoltre programmato Bestiario idrico per la stagione dell’Alighieri, il 25 novembre (ingresso gratuito grazie a Copura).

C’è un filo liquido che collega Atlante delle rive a Bestiario idrico.
«Sono due tappe dello stesso viaggio. La prima è un progetto triennale e collettivo per raccontare il paesaggio acquatico del nostro Paese; la seconda è un mio percorso personale dentro ai corpi idrici. Si usa questa definizione burocratica per indicare l’insieme di fiumi, laghi e risorse d’acqua, ma non mi dispiace: indica qualcosa di vivo e naturale. In Bestiario idrico mi avventuro in quella risorsa preziosa che è l’acqua dolce, prima di sfociare in mare. Una percentuale minima rispetto al totale che copre il pianeta, ma vitale per tutte le specie».

Nel 1993 ha messo in scena il monologo Il racconto del Vajont, che narrava il disastro della diga avvenuto nel 1956. La sua sensibilità ambientale nasce da lì?
«Il racconto del Vajont era una storia di ingiustizia; una tragedia nel senso classico del termine, con vittime e carnefici. Un lavoro vicino alla mia sensibilità dell’epoca, che era più civile che ambientale. Di sicuro è stato un primo passo per arrivare a raccontare storie meno antropocentriche; ma allora non avevo l’attuale consapevolezza ecologista. In generale la mia generazione ha iniziato in ritardo e con fatica a maturare un pensiero sull’ambiente e la biodiversità. Fino a pochi anni fa si usava il concetto di ecologia per riferirsi ad azioni giuste e importanti ma anche poco incisive, come per esempio le persone che pulivano le spiagge. Poi sono avvenuti eventi di enorme portata, come la pandemia del Covid e l’acuirsi del riscaldamento globale, ma anche l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco, che hanno allargato la prospettiva e diffuso una maggiore coscienza sulla complessità della questione. Con La fabbrica del mondo ho iniziato a frequentare scienziati come Telmo Pievani e David Quammen, avviando un processo che ha dato origine a molte domande. All’inizio era difficile tradurle in una qualche forma di teatro; ora stiamo tentando la sfida. Il teatro civile oggi può e deve guardare all’ecologia, e non solo alla memoria».

D’altronde, oggi l’ecologia dovrebbe essere la principale questione di cui occuparsi a livello politico. 
«Sono d’accordo, a patto di non considerarla una materia. L’ecologia va intesa come l’acqua: fluisce ovunque, forma i punti di vista e modifica i racconti. Bestiario idrico non è uno spettacolo canonico, perché il ruolo dei personaggi non corrisponde alle classiche narrazioni delle vicende umane. Il termine “bestiario” indica la complessa natura dei protagonisti, i fiumi, che hanno un altro grado di vita rispetto al concetto antropico. Ma si tratta sempre di vita».

Uno dei rischi del parlare di ecologia è cadere nella retorica.
«Il rischio c’è sempre, bisogna saperlo tenere a bada. Ma c’è anche una questione culturale: spesso i discorsi degli ambientalisti vengono etichettati come ragionamenti di persone che parlano da una posizione privilegiata, dunque di scarso appeal popolare. Compito del teatro ecologista è costruire storie che rendano le questioni ambientali meno cerebrali e più emotive. In Bestiario idrico provo a farlo raccontando i fiumi come un corpo vivo e non come un concetto giuridico e amministrativo».

In che senso?
«Se chiediamo a Google quanti fiumi ci sono in Italia, ci risponde che sono circa 1.200. A questi si aggiungono 1.500 laghi e altri 7.000 corsi d’acqua. In Gran Bretagna, invece, sono censiti ben 40mila corpi idrici. Ma loro non ne hanno più di noi; semplicemente hanno un modo culturalmente diverso di considerarli. Lì hanno dato un’identità a ogni risorsa acquatica; qui siamo pieni di torrenti e canali senza nome. Non è solo una questione di diritto o di toponomastica; bensì riflette la diversa importanza che attribuiamo ai corpi idrici. Solo in Veneto ne esistono più di duemila; e anche se la maggior parte di questi non ha un nome, comunque esiste».

In passato la cultura contadina si occupava di gestire i fiumi e sapeva riconoscere l’arrivo di una piena. Oggi invece abbiamo delegato questa funzione ai tecnici e ce ne siamo dimenticati come cittadini. Tanti non conoscono nemmeno il nome del corso d’acqua che passa dietro casa.
«Dalla scomparsa di questa consapevolezza comune deriva l’impossibilità di governare bene i fiumi. Non nel senso di controllarli, bensì di gestire qualcosa di vivo. Come il bue che trainava l’aratro o il cavallo per spostarsi, che era ben diverso dal trattore e dall’automobile coi pedali per decidere la velocità. Il mondo contadino aveva confidenza con gli elementi naturali e oggi quell’esperienza va recuperata, senza nostalgia, per mettere in discussione il concetto di cittadinanza. Non ci possiamo permettere di fare a meno di quella cultura diffusa ma diversa per ogni luogo. L’ecologia non può essere un approccio all’ingrosso».

Bestiario idrico andrà in scena in un territorio devastato da tre alluvioni in due anni, dove si sta molto discutendo sulla necessità di ripensare la gestione dei corsi d’acqua con un approccio diverso rispetto al passato.
«L’aria sta cambiando; per esempio la sensibilità dei giovani ingegneri idraulici è opposta rispetto alla generazione precedente. Chi fa questo lavoro oggi ha una maggiore consapevolezza dell’impatto biologico delle sue scelte e azioni. Ma credo si debba evitare ogni tipo di contrapposizione culturale tra “naturale” e “artificiale”. Le trovo due categorie filosofiche astratte del Novecento, che andrebbero cancellate dalla dialettica».

Come può cambiare il nostro rapporto coi corsi d’acqua?
«L’aspetto che ha oggi la Romagna, così come buona parte del Veneto, è conseguenza delle bonifiche portate avanti per secoli. Entrambi i territori sono in prevalenza sotto al livello del mare e vengono tenuti all’asciutto dalle idrovore. Ma la separazione biblica tra terra e acqua è un’idea molto recente, che si è radicata col fascismo e la sua retorica bellica delle bonifiche, fondata sulla lotta contro l’acqua. Tutto questo appartiene al secolo scorso, che ha visto il consumo di suolo predominare sul verde e l’uomo sopraffare i fiumi. Oggi esistono soluzioni ingegneristiche che mediano tra la necessità di mettere in sicurezza il territorio dalle prossime alluvioni e l’importanza di destinare più spazio agli alvei e agli alberi; ma in un paese così densamente segnato dall’antropizzazione, non si può ripartire da zero. La questione è molto complessa e diffido dalle teorie semplicistiche, talvolta demagogiche. Non si può dire “torniamo alla natura”, giacché questa natura è ormai manipolata e non più vergine. Ne possiamo uscire solo intervenendo sulle alterazioni che abbiamo fatto noi stessi. Non ho e non posso portare risposte concrete, ma rivendico la necessità di uno sforzo culturale e laico, che tenga conto delle diverse soluzioni possibili, ognuna coi suoi costi e benefici. Finora siamo stati bravi a valutare bene i primi, meno i secondi. La modernità è stata segnata da avventurosi passi in avanti, che però non hanno tenuto conto delle conseguenze sul lungo periodo di un certo tipo di progresso. Solo da poco ci siamo accorti che ogni investimento deve tenere conto del peso che avrà sui nostri figli e nipoti».

Purtroppo questa logica contrasta col pensiero di tanti amministratori, che spesso tendono a gestire il territorio pensando all’arco del ritorno elettorale dei cinque anni, anziché con la lungimiranza necessaria per le questioni ambientali.
«Le scelte prese nell’ottica del vantaggio sul lungo periodo hanno sempre avuto meno appeal rispetto al risarcire e riparare i danni quando avviene un’alluvione, sperando che non si ripeta più. Ma è tempo di abbandonare questa scuola di pensiero, altrimenti pagheremo un prezzo molto alto. Ho parlato con molte persone che lavorano nei Consorzi di bonifica, sono tutte infuriate per l’eccessivo consumo di suolo. Fino a pochi decenni fa i terreni assorbivano molta acqua, perciò le strutture idrauliche dovevano drenarne meno. Poi abbiamo iniziato a perseguire il modello dell’urbanizzazione selvaggia, che ha richiesto enormi superfici di asfalto e cemento per costruire immense aree residenziali, commerciali, industriali e logistiche. I Comuni hanno autorizzato queste edificazioni per incassare gli oneri urbanistici, senza tenere conto che ciò avrebbe alterato l’equilibrio idrico del territorio. E così oggi c’è molta meno terra in grado di bere l’acqua in eccesso; e dal momento che la crisi climatica ha fatto mutare le precipitazioni, rendendole più rare e abbondanti, il lavoro dei consorzi è diventato quello di una routine emergenziale. Conosciamo bene gli “angeli del fango”, che arrivano ad aiutare dopo le alluvioni, ma non abbiamo idea dell’enorme gestione preventiva svolto per smaltire l’acqua nei canali prima dei temporali, in modo da avere più spazio per accogliere la pioggia. Sono operazioni sempre più impegnative e sarà sempre peggio, perché non stanno straripando solo i fiumi. Sta straripando anche il suolo, che non è più in grado di assorbire acqua. Un nodo gordiano difficile da sciogliere, perché è intrecciato col diritto alla proprietà privata, considerata la cosa più sacra che ci sia».

Non stiamo facendo abbastanza?
«Ho attraversato molti territori colpiti dalle alluvioni, osservando le ferite provocate al tessuto sociale ed economico. La rabbia delle persone e il loro senso di solitudine sono drammatici e peggioreranno col probabile aumento degli eventi estremi. In una situazione del genere, il rischio è che si inizino ad additare dei nemici fittizi come causa del proprio male; d’altronde è difficile identificare dei colpevoli precisi. Questo è il principale problema che rende difficile raccontare tutto ciò; per questo ho detto che Bestiario idrico non è una tragedia classica. Ci sono delle colpe ma non è facile identificare una categoria di carnefici. Nessuno può chiamarsi fuori».

Dal nostro magazine Palcoscenico

Comizio del comitato di ultradestra, ferito da una “bomba carta” uno dei contestatori del presidio antifascista

C’è un ferito e c’è una denuncia, come bilancio extra politico della manifestazione e della contromanifestazione andate in scena sabato pomeriggio (22 novembre) a Ravenna, suscitando come prevedibile non poche polemiche (qui sopra una fotogallery di Massimo Argnani). Da un lato, come noto, la prima uscita pubblica del Comitato Remigrazione e Riconquista, fondato da membri di Casa Pound e Veneto Fronte Skinheads, che hanno scelto Ravenna per gridare la loro ricetta per incentivare il “ritorno degli stranieri nei Paesi d’origine” e recuperare “la sovranità e l’identità nazionale” (con diversi riferimenti al fascismo, a partire dall’appellativo “camerata” con cui si chiamavano tra loro i manifestanti). Dall’altra parte un presidio autodefinitosi “antifascista” con bandiere di Pci, Rifondazione, Potere al Popolo e del movimento studentesco Osa, che hanno tentato di bloccare il corteo del movimento di ultradestra, a loro volta però bloccati, come prevedibile, da un cordone di poliziotti in tenuta antisommossa.

La contestazione è proseguita durante il comizio del Comitato Remigrazione e Riconquista in piazza Einaudi. È qui che uno dei contro-manifestanti è stato colpito da quella che viene descritta come una piccola bomba carta proveniente – denuncia la vittima – dal movimento di ultradestra. «Ero affacciato alla transenna che chiudeva il passaggio tra piazza Garibaldi e piazza Einaudi – ci racconta, mostrandoci una foto -: un gran botto e un colpo molto forte alla gamba destra, poco sotto il ginocchio, che mi fa cadere. Gli astanti preoccupati mi si fanno intorno, poi qualcuno nota lo strappo nei pantaloni e un po’ di sangue. Tiro su e vedo l’escoriazione». La ferita verrà poi curata al pronto soccorso, con tanto di un referto che parla di 5 giorni di prognosi. Nell’immediatezza, è stato identificato uno dei partecipanti del comitato Remigrazione (“consegnato” alla polizia dai suoi stessi compagni di manifestazione), mentre è stata presentata formale denuncia alle forze dell’ordine da parte del ferito.

Ferita
La ferita provocata dall’esplosione

Tra le varie reazioni del giorno dopo, da segnalare quella dell’avvocato Andrea Maestri, ex parlamentare, autore (insieme a Carlo Boldrini) del libro appena uscito Fascismo e neofascismi. Appunti critici di politica, diritto e storia: «Oggi uno sfregio indelebile sulla città medaglia d’oro della Resistenza. Ho fotografo e ripreso i neofascisti mentre gridavano “Noi non siamo antifascisti” , “Noi siamo spazzini” (per ripulire l’Italia dagli immigrati) , “Difendiamo il nostro diritto di manifestare, con le buone o con le cattive”. Pronto a testimoniare in tutte le sedi ciò che ho visto e sentito. Hanno propagandato idee basate sul suprematismo razziale, slogan discriminatori, hanno violato sfrontatamente le leggi Scelba e Mancino. E chi avrebbe dovuto vietare questa manifestazione non lo ha fatto».

La mozione di Forza Italia: «Separare le attività di Sapir. Il pubblico esca dalla parte terminalistica»

Forza Italia chiede una svolta al porto e in particolare per il futuro di Sapir, la storica società a controllo pubblico fondata nel 1957 che ha contribuito alla nascita del porto commerciale di Ravenna. Il capogruppo Alberto Ancarani ha presentato alla stampa una mozione da presentare in consiglio comunale che mira a separare le attività: da un lato una società a capitale pubblico dedicata alla gestione immobiliare, dall’altro una realtà interamente privata per la parte terminalistica.

La proposta nasce dal timore di sanzioni da parte della Corte dei Conti e dal richiamo alla legge Madia, che vieta agli enti locali di detenere quote in società commerciali non strettamente legate a funzioni istituzionali. Una recente sentenza del Consiglio di Stato, citata da Ancarani, ha ribadito che il controllo pubblico si configura anche quando le quote sono frammentate, purché la maggioranza resti in mano agli enti. È il caso di Sapir, dove il 52% è detenuto da soggetti pubblici, tra cui Ravenna Holding, la Camera di commercio di Ferrara Ravenna e la Regione Emilia-Romagna.

Secondo Forza Italia, la gestione immobiliare è quella che garantisce i margini positivi nei bilanci, mentre la parte terminalistica rischia di trasformarsi in una concorrenza “impropria” al settore privato. Da qui l’invito a scindere le attività e a cedere ai privati anche i terreni su cui sorge il terminal.

Del progetto di scissione tra le due attività, peraltro, si parla da anni. Qui ne chiedevamo conto al presidente Sabadini, nell’ormai lontano 2017

Quel concerto al Socjale di Ornella Vanoni. La nostra intervista del 2018

«Ognuno ha i suoi cantanti preferiti… la mia era Lei. Riposa in Pace meravigliosa Ornella, la tua voce, la tua personalità, la tua luce, non ci lasceranno mai. Unica». Sono le parole con cui Laura Pausini ha salutato sui social Ornella Vanoni, morta venerdì 21 novembre a 91 anni, nella sua casa di Milano, colpita da un arresto cardiocircolatorio.

I fan ravennati ricorderanno ancora l’ultimo concerto della cantante da queste parti, quello al Teatro Socjale di Piangipane (tutto esaurito) del dicembre 2018. A questo link la nostra intervista realizzata per quell’occasione, in cui raccontava anche dei cappelletti del Socjale: https://www.ravennaedintorni.it/rd-cult/musica/intervista-vanoni/

La foto in alto è stata scattata da Stefano Bentini al teatro di Piangipane durante quel concerto.

Faenza vince il derby in casa dell’Andrea Costa Imola e la stacca in classifica

La Tema Sinergie Faenza vince il derby in casa dell’Andrea Costa Imola e la stacca in classifica (16 punti a 12), festeggiando il ritorno dopo l’infortunio di Romano, che non giocava dal 2 settembre. Serata indimenticabile per i faentini al PalaRuggi dove arriva una vittoria di cuore e di carattere e a mettere la firma è stata anche l’ala campana con tre triple.

Ora l’appuntamento è per domenica prossima, 30 novembre, a Faenza contro Latina, per un big match di alta classifica.

Up Imola-Tema Sinergie Faenza 72-77 (14-23; 40-38; 50-56)
UP IMOLA: Kupstas 10, Chessari 12, Moffa 15, Filippini 7, Gozo 5, Raucci 14, Sanguinetti 6, Gatto ne, Thioune 3, Zedda ne. All.: Dalmonte
TEMA SINERGIE FAENZA: Tartaglia ne, Rinaldin, Stefanini 2, Mbacke 5, Vettori 14, Van Ounsem 12, Romano 9, Longo 2, Fragonara 19, Santiangeli 11, Fumagalli 3. All.: Pansa
All.: Pansa
ARBITRI: Bartoli – De Rico – Paglialunga
Note. Tiri da 2: Imola: 15/33, Faenza: 7/23; Tiri da 3: Imola: 10/33, Faenza: 17/39;  Tiri liberi: Imola: 12/16, Faenza: 12/14;  Rimbalzi totali: Imola: 39, Faenza: 41

Sempre nel girone B, oggi (domenica 23 novembre) torna in campo Ravenna: alle 18 al Pala Costa arriva Quarrata. Entrambe le squadre sono a quota 8 punti nella zona di medio-bassa classifica.

L’Olimpia Teodora non si ferma più: 7 vittorie su 7 in campionato

L’Olimpia Teodora vince (0-3) anche a Montespertoli conquistando contro la Montesport (19-25, 23-25 e 19-25 i parziali) la settima vittoria su altrettante partite di questo esaltante inizio di campionato. Le ragazze di coach Rizzi restano così stabilmente in testa e la squadra da battere del gruppo B del campionato nazionale di B1.

Superata la metà del girone di andata, l’Olimpia Teodora tornerà al Pala Costa sabato prossimo, 29 novembre (ore 17), per ospitare Riccione (2 vittorie e 5 sconfitte in campionato). Le ravennati affronteranno poi due trasferte prima di chiudere l’anno di nuovo al Pala Costa, il 20 dicembre, contro il Volley Team Bologna, unica formazione che al momento sta tenendo il ritmo delle ravennati, seconda in classifica a -2.

Le pagelle del Ravenna che ha pareggiato contro il Gubbio: Okaka soffre, Da Pozzo entra con il piglio giusto

Le pagelle del Ravena che ha pareggiato (1-1) contro il Gubbio. Qui cronaca e tabellino.

ANACOURA 5,5: bravissimo a ipnotizzare Minta nel primo tempo quando gli si presenta davanti tutto solo, ma il gol sarebbe stato annullato per fuorigioco. Causa il rigore che decide la partita senza riuscire a leggere bene la situazione, né a fermarsi in tempo.

DONATI 6,5: quando accelera, per i malcapitati di turno non c’è niente da fare, la palla la conquista lui. Buone anche le sortite offensive, almeno fino al cross, troppo spesso ciccato o poco incisivo.

ESPOSITO 6,5: grande eleganza anche in un campo così pesante, fa ripartire sempre bene l’azione ed è bravo a recuperare anche le sue (piccole) sbavature. Fornisce a Okaka l’assist per il possibile 2-0.

SOLINI 6: sempre grande sicurezza sull’uomo, un paio di disattenzioni però che potevano costare più care.

CORSINELLI 6: bello stile, poca concretezza, si lascia cadere un po’ troppo spesso, o almeno questa è l’impressione (dal 21′ st DA POZZO 6,5: probabilmente il migliore in campo per numero di iniziative interessanti rispetto alle palle toccate, dà una piccola scossa al Ravenna con il suo ingresso nel secondo tempo).

TENKORANG 5,5: bel tiro di sinistro a fine primo tempo che sfiora il gol, un paio di chiusure difensive importanti, ma diverse scelte sbagliate con la palla nei piedi e inserimenti poco incisivi. Forse aveva abituato tutti troppo bene, ma ora deve ritrovare un po’ più di concretezza, non solo sotto porta, partendo dalle piccole cose.

ROSSETTI 6: catalizza molti palloni, giocati con la solita intelligenza, senza però riuscire a far cambiare davvero passo alla squadra. Nel secondo tempo un po’ meno lucido, ma ci sta, anche perché il Gubbio è spesso in superiorità a centrocampo.

DI MARCO 6: il gol di classe sotto misura (un giusto premio dopo lo sfortunato infortunio) e pochissimo altro. Si fa ammonire anche per aver fatto un tocco di troppo, che è poi il difetto che dovrebbe cercare di migliorare (dal 21′ st FALBO 6: ha il merito di dare uno dei pochi tiri nello specchio della partita, prova a mettere qualche palla in mezzo, gestisce il possesso con intelligenza).

RRAPAJ 6: ha la gamba giusta, la solita personalità, tante iniziative interessanti. Ma dovrebbe essere più preciso negli ultimi metri, tra cross e tiri spesso fuori misura.

SPINI 6: forse tra i migliori in campo: delizioso il tocco che dà il via all’azione del gol, altre iniziative interessanti, ma anche nel suo caso mezzo punto in meno per i cross (calci d’angolo compresi) sbagliati. Con il campo pesante, sparisce pian piano fino alla sostituzione (21′ st ZAGRE 6: determinato, qualche strappo importante, sicuramente è entrato con il piglio giusto).

OKAKA 5,5: entra nell’azione del gol, qualche buona sponda, ma si vede che è ancora lontano da una condizione ottimale. Potrebbe sfruttare meglio l’occasione che gli offre Esposito nel primo tempo, si fa anticipare quando prova un tiro dal limite, praticamente mai pericoloso. Questi 90 minuti di sofferenza, però, potrebbero avergli fatto bene per il futuro.

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