martedì
23 Dicembre 2025

Approvato progetto da 700mila euro per la rotonda tra viale De’ Brozzi e via Bedazzo

L’obiettivo dell’opera è favorire l’immissione da e verso via Bedazzo del traffico pesante proveniente e diretto in autostrada

Incrocio Futura RotondaLa giunta comunale di Lugo ha dato il via libera al progetto di fattibilità tecnica e economica per la realizzazione della rotatoria all’incrocio tra viale De’ Brozzi, via Bedazzo e via Crociarbasso. L’investimento complessivo è 700 mila euro. L’obiettivo di questa infrastruttura è migliorare la sicurezza del traffico, favorendo l’immissione da e verso via Bedazzo del traffico pesante proveniente o diretto in autostrada. Proprio in considerazione di quest’ultimo aspetto il raggio della rotatoria sarà ampio e pari a 50 metri.

La rotatoria impone la diminuzione della velocità lungo l’asse principale di viale De’ Brozzi e facilita il passaggio e l’immissione dei flussi che transitano lungo gli altri due rami (via Bedazzo e Crociarbasso); offre la possibilità di inversione di marcia senza compiere manovre pericolose e non consentite. Per pedoni e ciclisti la rotatoria migliora la possibilità di percorrenza di questi all’intersezione con le vie Bedazzo e Crociarbasso e non modifica l’attuale percorribilità della pista ciclabile presente sul lato nord di viale De’ Brozzi.

La nuova rotatoria migliorerà le condizioni di traffico anche a servizio della vicina zona artigianale dove insiste via L. Gessi, una delle strade che saranno oggetto degli interventi di manutenzione straordinaria deliberati dalla giunta assieme alla parte carrabile del sottopasso di via Felisio e alla parte circolare della rotatoria di via di Giù/ via Piratello. In particolare il futuro intervento, previsto nel mese di luglio, interessa solo la carreggiata di via Gessi, nel tratto da via Bedazzo allo scolo consorziale Casale con operazioni di scarifica e posa in opera di nuovo manto stradale e intervento sui chiusini esistenti per metterli in quota.

«L’etica è l’unica risorsa per difenderci dai rischi dell’intelligenza artificiale»

Giovanni Boccia Artieri si occupa di tecnologie generative da trent’anni ed è stato recentemente nominato nel board dell’Agcom sul tema

Giovanni Boccia Artieri Verticale

Professore di Scienze della Comunicazione, Giovanni Boccia Artieri, ha incentrato il proprio lavoro nello studio dei nuovi media e della loro evoluzione, pubblicando diversi volumi sull’argomento e ricevendo recentemente la nomina dall’Agcom nel board dedicato allo studio dell’intelligenza artificiale: «Quando siamo stati nominati sapevamo di trovarci davanti a un lungo processo – dice il direttore del dipartimento di Scienze della comunicazione all’università di Urbino –, si tratta di un settore ancora da esplorare e regolamentare. La normativa europea prevede una dimensione attuativa regolamentata dagli enti locali, il nostro compito ora è quello di capire come applicare questo strumento al comparto mediatico italiano».

L’esperto sarà il 15 giugno alle 17 a Fusignano, al parco Primieri in via Fratelli Faccani, ospite della festa dell’Arci per un incontro aperto al pubblico sulle implicazioni di queste nuove tecnologie.

Professore, da quanto tempo si occupa di intelligenza artificiale?
«Dalla fine degli anni ’80, quando ancora ero all’università. Mi sono laureato in scienze politiche a Bologna, dedicando ampio spazio all’aspetto sociologico della materia. In quegli anni ho avuto la fortuna di entrare in contatto con docenti della caratura di Achille Ardigò, uno dei padri della sociologia nel nostro Paese, e Lella Mazzoli. Già all’epoca si occupavano dei rapporti tra sociologia e intelligenza artificiale, e tra studi e convegni ho esplorato la materia sempre più a fondo. Si trattava ovviamente di un tipo diverso di intelligenza artificiale, oggi quando parliamo di “Ia” ci riferiamo principalmente a quella più avanzata, di tipo generativo».

L’intelligenza artificiale quindi è un’invenzione tutt’altro che recente, perché se ne parla così tanto oggi?
«Oggi si parla di intelligenza artificiale come se fosse una novità, una rivoluzione, ma i primi studi sull’argomento risalgono alla seconda guerra mondiale: la stessa Macchina di Turing ne è un esempio. Parlando in termini più recenti, alcune funzioni degli smartphone come il riconoscimento facciale, gli assistenti vocali o i ChatBot possono essere altri esempi. Quel che ha segnato un punto di svolta è stato il rilascio da parte di OpenAi di un sistema di intelligenza artificiale di tipo generativo (Chat Gpt, ndr), in maniera pubblica e gratuita. Possiamo dire che si è trattato di un esperimento sociale di massa: se prima l’Ia era parte della vita delle persone in maniera inconscia e relegata agli usi imposti dalle aziende che la inserivano all’interno dei loro dispositivi, oggi si può osservare come la comunità decide di farne uso in totale libertà, sul lavoro o per svago, sfruttando le sue implicazioni più creative».

Quello della creatività è un aspetto divisivo. Perché lasciare alla tecnologia la possibilità di avvalersi di una forma di espressione strettamente umana?
«L’intelligenza artificiale non si sostituisce al talento. Se un utente non sa disegnare, grazie ai prompt può visualizzare ciò che la sua mano non sarebbe stata in grado di fare. Il risultato però sarà senza dubbio mediocre. Per un artista il discorso cambia: in questo caso l’Ia diventa un prezioso strumento nella sua cassetta degli attrezzi, da usare con consapevolezza e intenzione. Come si è passati dalla grafite alla china, e poi alle tempere e agli iPad oggi si può contare su un nuovo mezzo. Possiamo continuare a lamentarci del fatto che l’intelligenza artificiale uccida la creatività, come in passato è successo per altre innovazioni come macchine fotografiche o programmi di foto ritocco, o studiarne le potenzialità per produrre qualcosa di davvero creativo. Se viene utilizzata significa che risponde a un bisogno, in ambito artistico o lavorativo».

Dal punto di vista lavorativo, reputa realistico lo scenario di sostituzione del capitale umano con questo tipo di strumentazioni?
«Tecnicamente sì, come con l’introduzione di qualsiasi nuova tecnologia in ambito industriale. Si creano macchinari in grado di svolgere compiti in maniera più veloce ed efficace rispetto a quanto fatto da un umano, ma al tempo stesso si aprono le strade per nuovi tipi di incarichi, come la progettazione, l’addestramento e la manutenzione di quelle stesse tecnologie. In alcuni ambiti sarà più evidente che in altri: non posso dire che domani avremo bisogno di meno giornalisti o meno comunicatori, ma sicuramente dovranno essere affiancati da figure specifiche come “prompt journalist” o “prompt communicator”».

La specializzazione risulta dunque fondamentale per l’utilizzo delle intelligenze artificiali?
«Assolutamente sì. La chiave sta nell’uso intelligente dell’artificialità della macchina, le competenze sono fondamentali, come in qualsiasi altro ambito. Questi software generano testi, non verità, producono immagini, non arte. A fare la differenza sono l’esperienza e la capacità dell’user. Non è un caso che il primo filmato prodotto interamente da un sistema di intelligenza artificiale sia stato realizzato da un videomaker esperto, non da un programmatore o da un utente esterno».

Come evolveranno questi sistemi nel futuro?
«La vera sfida da qui a dieci anni sarà lavorare sulla contemporaneità e sulle capacità di autoaddestramento di queste tecnologie. È verosimile pensare che si produrranno sistemi verticali, fortemente specializzati e personalizzabili, per venire incontro alle specifiche richieste di professionisti e aziende. Farà inoltre parte di processi quotidiani, in maniera più o meno evidente e con implicazioni non necessariamente positive: se da un lato, ad esempio, sarà facile e normale sostenere una conversazione in italiano con un interlocutore di lingua straniera, ottenendo traduzioni immediate e sempre più raffinate da un semplice auricolare, dall’altro potremmo trovarci davanti a una scorretta manipolazione della comunicazione, delle fonti storiche o della privacy personale, con la produzione veloce e sfaccettata di video deep fake e fake news».

Il confine del buon uso di questi strumenti è quindi puramente etico?
«Sarà necessario proporre una serie di linee guida che evidenziano le potenzialità e i rischi per i media nell’utilizzo delle Ia, esplicitandone il possibile ruolo nella creazione di materiale disinformativo. L’etica è sicuramente un tassello fondamentale: già oggi, in alcuni casi, è difficile distinguere un prodotto creato da un umano da quello realizzato da un sistema generativo, e l’unica risorsa che abbiamo per difenderci dal caos è di tipo etico, esplicitando sempre l’eventuale utilizzo di queste strumentazioni».

Cosa dobbiamo aspettarci dall’incontro di giugno a Fusignano?
«Un discorso pubblico completamente al di fuori dell’hype mediatico. Non si parlerà di intelligenza artificiale come rivoluzione salvifica o tremendo declino, anzi, lo scopo sarà quello di normalizzare la tematica portandola al di fuori degli ambienti di settore. Sarà una chiacchierata con tre giovani che apporteranno le loro inquietudini, speranze e opinioni sull’uso di qualcosa che farà sempre più parte del nostro futuro. Sarebbe bello ad esempio tracciare anche qualche linea guida per l’utilizzo scolastico, invece che fingere che non esista o temerne l’utilizzo a scopi illeciti».

Lavori di riasfaltatura tra Piangipane e Santerno-Ammonite fino al 12 giugno

Le vie Canaletta, Bassa e Sant’Egidio saranno le prossime strade interessate del progetto del Comune di rifacimento stradale

Nuovo asfalto sul ponte di via Reale sul fiume Senio ad Alfonsine
Foto di repertorio

Nell’ambito delle riasfaltature che stanno interessando alcune strade del territorio comunale, i prossimi interventi riguarderanno le vie Canaletta e Sant’Egidio a Piangipane e via Bassa a Santerno-Ammonite.

Per quanto riguarda via Canaletta, i lavori saranno effettuati nel tratto che dalla Strada provinciale 30 arriva a via San Giuseppe, da mercoledì 29 a venerdì 31 maggio, con la previsione del divieto di transito (eccetto residenti e mezzi di soccorso) e del divieto di sosta (con rimozione).

La via Bassa, a Santerno-Ammonite, sarà interessata dagli stessi lavori di ripristino del manto stradale in conglomerato bituminoso, nel tratto che dalla Strada provinciale 97 porta al civico 113, con divieto di sosta (con rimozione), restringimento di carreggiata/corsia e senso unico alternato con movieri. La durata dei lavori prevista va da giovedì 30 maggio a martedì 4 giugno.

Per quanto concerne via Sant’Egidio, nel tratto compreso tra il civico 9 (giardino Gian Maria Volontè) e la via Tagliata, i lavori inizieranno lunedì 3 giugno per concludersi presumibilmente entro mercoledì 12 giugno e prevedono il divieto di transito (eccetto residenti e mezzi di soccorso) e il divieto di sosta con rimozione.

Tornano a Brisighella due giorni di feste medievali, tra giullari e spaccati di vita

Dopo l’annullamento dello scorso anno a causa dell’alluvione, tra la Rocca Manfrediana e la Torre dell’Orologio

Festa Medievale Brisighella

L’Associazione Feste Medievali di Brisighella, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e la Pro Loco di Brisighella, organizzano nella Rocca e nella Torre di Brisighella due giorni e una notte (l’1 e il 2 giugno) di rievocazione storica della Battaglia di Pieve Tho, tra i Fiorentini e i Manfredi di Faenza. La stessa è raffigurata in un affresco del pittore Adriano Baldini presente nel palazzo comunale (Ufficio del Sindaco) datato 1870 circa.

Dopo l’annullamento dell’edizione dello scorso anno dovuto all’emergenza alluvionale e di smottamento idrogeologico, Brisighella Medioevale 1413 si rialza e si prepara all’evento prossimo costituito da gruppi di spettacolo suddivisi in: 8 compagnie di rievocazione storica, 8 didattiche medioevali, 4 gruppi musicali, 2 compagnie teatrali, 2 saltimbanchi e giullari/maghi, 1 compagnia di ballo storico, 20 mercanti medioevali.

Dal lontano 1980 il centro storico di Brisighella si immerge nell’atmosfera medioevale rievocando eventi nelle terre Romandiole, permettendo al visitatore di fare un salto indietro nel tempo, all’anno 1425, quando i Fiorentini si scontrarono con i Manfredi di Faenza, nei pressi della Pieve in Ottavo.

Tra la Rocca Manfrediana e la Torre dell’Orologio l’appuntamento è con giullari, musici, danzatrici, mercanti, tornei cortesi e spaccati di vita medioevale. Il tutto condito con la cucina medioevale nell’osteria, con pietanze d’altri tempi.

Qualità della vita di bambini e giovani: Ravenna è al secondo posto in Italia

La provincia sul podio secondo gli Indici generazionali del Sole 24 Ore

Festa Discoteca

La provincia di Ravenna è al secondo posto nelle classifiche della qualità della vita di bambini e giovani del Sole 24 Ore, giunte alla quarta edizione, presentate in anteprima al Festival dell’Economia di Trento.

Rispetto all’anno scorso, Ravenna perde una posizione nella classifica dei giovani, dove era al primo posto un anno fa. A trionfare è Gorizia.

Nella graduatoria riservata ai bambini, invece, Ravenna passa dal terzo posto dell’anno scorso al secondo, dietro a Sondrio.

Infine, nella classifica della qualità della vita degli anziani, Ravenna risale dieci posizioni, passando dal 27esimo posto di un anno fa al 17esimo di oggi.

Si tratta degli Indici generazionali del Sole 24 Ore: le classifiche misurano le “risposte” dei territori alle esigenze specifiche dei tre target generazionali più fragili e insieme strategici, i servizi a loro rivolti e le loro condizioni di vita e di salute.

A questo link tutte le classifiche interattive.

Il quarto libro di Francesco Costa dopo 40 viaggi negli Usa: «Un mosaico di storie»

Il vicedirettore de Il Post presenta “Frontiera” al teatro Binario di Cotignola, appuntamento conclusivo della rassegna Scrittura Festival. Già in programma altri tre tour negli Stati Uniti per seguire la campagna elettorale Trump vs Biden: «Dovremmo andare oltre alla questione dell’anzianità di uno e dei problemi con la giustizia dell’altro»

Francesco Costa 04Negli ultimi 12 anni ha fatto quasi 40 viaggi dall’Italia agli Stati Uniti. Si può dire che Francesco Costa abbia una certa confidenza con l’America e raccontarla agli italiani è una buona fetta del suo lavoro da giornalista. Nel 2015 uscì la prima stagione di “Da Costa a Costa”: una newsletter e un podcast realizzati da freelance. Dallo scorso gennaio è cominciata la quarta stagione di quel progetto, dopo una pausa di alcuni anni: c’è ancora la newsletter ma un canale Youtube ha sostituito il podcast e ora il pacchetto fa parte dell’offerta di contenuti de Il Post, il sito di informazioni fondato nel 2010 di cui il 40enne di Catania è vicedirettore. A marzo è uscito “Frontiera”, quarto libro di Costa dedicato agli Usa. Del libro e dell’America si parlerà il 29 maggio a Cotignola al teatro Binario alle 21 quando il giornalista sarà ospite della rassegna Scrittura Festival curata da Matteo Cavezzali.

Costa, nel post del 21 febbraio sul suo profilo Instagram che ne annunciava l’uscita, ha definito “Frontiera” come il libro più difficile da scrivere tra i quattro firmati finora. Perché?
«La struttura è particolare: non è una storia raccontata in modo lineare e non è un saggio con una tesi da argomentare. È il tentativo di dare una fotografia di un Paese e delle persone che lo abitano, ma è un Paese così grande e con così tante differenze al suo interno che solo un mosaico di un miliardo di cose può restituire una visione efficace. Ho cercato di fare questo, però per fare un mosaico così bisognava che tutti i pezzi si reggessero e per questo è stato difficile comporlo».

Quanto tempo ha richiesto la scrittura?
«Ho lavorato un anno sul libro, ma dentro ci sono fatti e storie che magari risalgono a dieci anni fa».

Divaghiamo un attimo visto che è il tema del momento: ha usato qualche strumento di intelligenza artificiale per la realizzazione del libro?
«L’attrezzo tecnologico che mi è stato fondamentale è una lavagna sulla parete del salotto di casa per sei mesi per appuntare dei post-it e avere una visualizzazione dei contenuti che stavo unendo. Mia moglie ha avuto tanta pazienza per accettare quella lavagna».

Francesco Costa 03L’ultimo viaggio in America è stato a febbraio per le primarie. Quando il prossimo e quando è stato il primo in assoluto?
«Per il momento ne ho già programmati tre, il primo sarà a luglio, ma non è escluso che se ne aggiungano altri. La prima volta volta è stata nel 2012 e in totale sono andato poco meno di 40 volte».

Mai accarezzato l’idea di andarci a vivere?
«Sì, e non è escluso che possa accadere. Per ora però è una cosa molto ipotetica. La mia vita professionale è molto italiana, mi rivolgo a un pubblico italiano e non è detto che parlare di Stati Uniti dagli Stati Uniti ti permetta di fare un racconto migliore per un pubblico italiano. Ma nelle valutazioni di un trasferimento in America ci sono questioni molto pragmatiche da prendere in considerazione: banalmente, l’assicurazione sanitaria. E poi ho una famiglia. Al momento non è in agenda un trasloco».

Da dove nascono l’interesse e l’attenzione per l’America?
«Non c’è un momento preciso, non sono stato colpito da un fulmine che mi ha acceso l’interesse per l’America. Mi è sempre venuto molto spontaneo visto quanto quel Paese influisce sulle nostre vite: sceglie per noi un pezzo della nostra politica, ha influenze su come ci vestiamo, molte citazioni che escono dalle nostre bocche vengono dai loro prodotti. Mi viene da ribaltare la domanda: come fa la gente a non essere curiosa di conoscere meglio l’America? E poi quando ho iniziato a lavorare come giornalista ho visto che c’era un interesse del pubblico che non trovava uno sbocco: c’era un interesse verso un racconto dell’America più contemporaneo».

Francesco Costa 06Il libro mette in mostra le tante contraddizioni degli Usa. Si stanno livellando o accentuando?
«Con la globalizzazione gli americani si sentono meno speciali e più simili a noi europei: ascoltiamo le stesse canzoni, ridiamo per gli stessi meme e i nostri politici usano i loro stessi slogan. Ma in questo diventare meno speciali e assomigliarci di più stanno diventando anche più litigiosi e polarizzati».

Il quinto e ultimo capitolo del libro si intitola come il libro, “Frontiera”. Si parla della frontiera come meta da inseguire per avanzare nel progresso, ma anche come confine geografico che fa i conti con l’immigrazione. Su quest’ultimo aspetto come è cambiato l’approccio con Biden rispetto ai 4 anni di Trump?
«I dati di alcuni centri studi su cosa pensano altri popoli degli americani dicono che la reputazione dell’amministrazione è in aumento, ma dobbiamo considerare che prima era precipitata. Un pezzo della reputazione persa con l’amministrazione Trump è sicuramente legato alla gestione dell’immigrazione. Biden ha rimosso le cose più crudeli di quell’approccio e ne ha guadagnato la sua immagine, ma ha investito poco e ora si ritrova una crisi umanitaria ai confini. Diciamo che al venire meno di politiche repressive non sono arrivate altre politiche. E ora ci troviamo con governatori democratici degli Stati del Sud che criticano le politiche centrali e organizzano pullman per portare immigrati nelle città degli Stati più a nord. New York, ad esempio, ha avuto grandi problemi da queste mosse».

Assomiglia alla scelta del governo italiano di mandare navi dal Mediterraneo ai porti del nord Adriatico?
«Non sarei stupito se chi dentro al ministero degli Interni ha ideato questa politica si fosse ispirato a cosa accade negli Usa, così come accade su molto altro».

Francesco Costa 08Nel libro cita l’esperto di media Ben Smith che prevede una differenza tra le elezioni presidenziali del 2024 e le precedenti: le prossime non saranno segnate da un medium con un ruolo prevalente sugli altri ma da una frammentazione tra i vari media.
«Tendo a fidarmi di Ben Smith che ne ha viste tante e di solito vede due curve avanti. Ma credo che lo vediamo su ciascuno di noi. Tiktok che cos’è se non una tv in tasca? Fa uno zapping automatico e algoritmico, non vedi più gli amici e non posti più contenuti salvo che tu sia uno dei pochi creator. Tutto questo ha frammentato molto il senso di comunità. Ognuno ha una sua microbolla e viene da chiedersi se il meme che ho appena visto io è stato visto anche dal mio collega. Se cito quella battuta, riderà il mio collega?».

Trump vs Biden sarà una sfida tra un 77enne e un 81enne. Il dato anagrafico non è clamoroso?
«È un aspetto importantissimo che sorprende gli americani per primi. Anche perché parliamo di un lavoro impegnativo da cui se ne esce con i capelli bianchi, basta guardare le foto di Clinton e Obama prima e dopo. Detto questo, potremmo anche iniziare a parlare di altro. Il tema dell’età dei due sfidanti c’è, ma a me preoccupa di più un contesto in cui a maggio ci si preoccupa ancora solo di questo. Non riusciamo a venire fuori dalla questione “Biden è vecchio e Trump è un criminale”. E vale non solo per l’Italia, ma anche in America. Ma ci sono altre questioni che abbiamo frequentato meno e sono altrettanto importanti. Mi rendo conto che è più facile una discussione superficiale, io stesso non sono esente, però potremmo sforzarci di vedere che c’è altro».

Qual è una questione che meriterebbe più attenzione?
«L’economia americana cresce con dati pazzeschi: sulle energie rinnovabili è stato fatto un investimento mai visto, il tasso di povertà diminuisce, le donne che lavorano crescono. Sono tutti indicatori positivi, conseguenze di una serie di politiche di investimenti pubblici a debito che è una ricetta molto poco americana. Ma nel frattempo, pur con una economia così forte, gli americani si sentono demoralizzati rispetto a come stanno».

Francesco Costa 07Il giornalismo americano come si muove in questa campagna elettorale?
«La stampa americana non ha mai capito come seguire e trattare Trump per cui valgono regole diverse da chiunque altro. Ci sono scandali che affosserebbero la carriera di chiunque e per lui invece sono un giorno come un altro. Oggi i sostenitori di Biden chiedono di trasmettere Trump in maniera integrale perché la popolazione ha bisogno di pro memoria su chi è davvero Trump. Nel 2016 si disse che la trasmissione di Trump in versione integrale lo aiutò per la vittoria. È anche vero che Cnn e Washington Post non hanno mai fatto numeri di abbonamenti e entrate come durante il periodo Trump».

Qualcuno di quelli che lo criticano avrebbe vantaggi economici a riaverlo al governo…
«Non lo scopriamo ora: quante carriere in Italia sono esistite solo grazie al fatto di essere anti-berlusconiani? Non credo che in America ci sia il grande complotto, ma si sa che se scrivi di Trump il tuo articolo sarà più letto e il giornale avrà più lettori…».

Francesco Costa 02Si può dire che “Frontiera”, così come i suoi precedenti tre libri, sia figlio di quel lavoro nato nel 2015 con il progetto “Da Costa a Costa”: un racconto dell’America, fatto da freelance fuori dagli impegni per il Post. Oggi “Da Costa a Costa” torna ma dentro l’offerta del Post con una newsletter e un canale Youtube. Come sta andando?
«Il canale Youtube è attivo da un anno e oggi ha circa 120mila iscritti. La newsletter si avvicina ai 100mila (erano la metà tre anni fa, ndr) con un tasso di apertura del 70-80 percento che è altissimo per un prodotto come questo. Non c’è un podcast perché non avevo le forze per farlo e in futuro qualcosa dovrò tagliare. Ora però è ancora presto per pensarci».

“Da Costa a Costa” fu anche un bel esperimento sui modelli di business per il giornalismo: nel 2017 lanciò una raccolta fondi che, tra sponsor e 1.500 donatori, arrivò a 45mila euro usati per coprire le spese di una serie di reportage in un anno dall’America e una sua retribuzione di circa 750 euro al mese. Come mai ora non è stato replicato quel modello?
«L’esperimento di allora mi ha insegnato tantissimo e mi permise di fare il corrispondente dall’America che altrimenti non avrei potuto fare. Ma quello era un lavoro che portavo avanti nel tempo libero. Oggi il tempo libero non c’è più perché ogni mattina mi sveglio all’alba per realizzare il podcast Morning e la sera sono stanco per lavorare ad altre cose. Ma il Post era interessato ad avere il contenuto nella sua offerta ed è stato facile trovare un accordo. Per il lettore credo sia un vantaggio perché aumentano le risorse a disposizione grazie a un’azienda che sta bene e ha voglia di investire. Questo vuol dire che i viaggi in America possono essere più lunghi, più organizzati, non vado da solo ma c’è uno staff per la produzione dei contenuti video».

Le emozioni degli studenti diventano una performance

Tre mattinate dedicate agli esiti dei laboratori di CorpoGiochi

Corpogiochi A Scuola Ph Alice Cottifogli 3

Martedì 28 (alle 11 in piazza Italia a Savarna), mercoledì 29 (alle 11 alla palestra della scuola Viali di Sant’Alberto) e venerdì 31 maggio (alla palestra della scuola Casadio di Piangipane) le studentesse e gli studenti delle scuole primarie e secondarie dell’istituto comprensivo “Manara Valgimigli” presentano al pubblico la performance Bianco, evento conclusivo del progetto vincitore del bando Siae “Per Chi crea” nell’ambito della formazione e promozione culturale nelle scuole pubbliche “CorpoGiochi alla Valgimigli – pratiche relazionali per sperimentare nuove possibilità espressive”.

Ideata e realizzata da Monica Francia con la collaborazione drammaturgica di Ida Malfatti e coreografica di Zoe Francia Lamattina, la performance (a cui si potrà assistere su prenotazione, scrivendo a info@corpogiochiasd.it) chiude il ciclo di 20 laboratori esperienziali del metodo CorpoGiochi condotti negli scorsi mesi dalle Antenne Daniela Camerani, Francesca Serena Casadio, Monica Francia, Rosanna Lama e Zoe Francia Lamattina.

I laboratori hanno accompagnato circa 400 studentesse e studenti in un confronto con le proprie sensazioni, mettendo al centro dell’esperienza la relazione tra corpi come metodo di conoscenza e a relazionarsi differentemente tra loro, per poi esplorare le capacità allenate in un’esperienza performativa finale davanti ad un pubblico.

L’obiettivo dei laboratori è far accadere un microscopico slittamento percettivo, un cambio percepibile di atmosfera: è la prova che la scuola può diventare un luogo dove i corpi e le parole hanno peso e dove ogni piccolo gesto è importante perché modifica, ed è a sua volta modificato, da tutto quello che c’è intorno.

Il progetto si è arricchito inoltre dell’esperienza della compagnia ravennate gruppo nanou: grazie agli “Assaggi di danza d’autore a scuola” 250 studenti e studentesse hanno assistito a brevi performance dal vivo realizzate dai coreografi e danzatori Rhuena Bracci e Marco Valerio Amico, accompagnati dai danzatori Agnese Gabrielli e Aurelio Di Virgilio. Studentesse e studenti hanno avuto la possibilità di entrare in dialogo con le artiste e gli artisti della compagnia, prezioso momento per favorire la loro curiosità in relazione a quanto visto attraverso lo scambio di osservazioni e di domande.

Passeggiano lungo la banchina e notano una tartaruga marina in difficoltà: salvata

La giovane Caretta caretta è stata recuperata e affidata alle cure del centro Cestha

Guardia Costiera Tartaruga Marina

Due cittadini che stavano passeggiando lungo la banchina, hanno notato una tartaruga marina in difficoltà nelle acque del porto, all’altezza della Fabbrica Vecchia di Marina di Ravenna, e hanno chiamato la sala operativa della Guardia costiera, giunta poi sul posto con un gommone.

Dopo una sorta di pattugliamento, gli uomini della Guardia costiera hanno trovato la tartaruga nei pressi della centrale termica Teodora, all’interno del porto. Grazie anche al personale del centro di recupero Cestha di Marina di Ravenna, la tartaruga (una giovane Caretta Caretta, ribattezzata Sally dai due cittadini che l’avevano avvistata) è stata recuperata e visitata dalla dottoressa Sara Segati. Nella stessa serata (di venerdì 25 maggio) la tartaruga – lunga circa 40 cm, in stato di disorientamento e sensibilmente debilitata – è stata affidata alle cure del Cestha di Marina di Ravenna. Al termine del percorso di riabilitazione, Sally tornerà in libertà nel nostro mare.

Sindacati “in campo” per salvaguardare l’impiego dei lavoratori agricoli

A fronte di un continuo calo nell’occupazione del settore i funzionari di Flai Cgil continuano con le attività in difesa dei diritti e della sicurezza dei braccianti

Flai Progettoneicampi2ok

L’occupazione nel settore agricolo è storicamente uno dei traini dell’economia del territorio ravennate.  Analizzando gli elenchi anagrafici della provincia però, nel 2023 si è assistito a un consistente calo di addetti nell’ambito (-7,74%) e a un calo di di giornate lavorate (- 5,6% ) rispetto al 2022.

«La causa non è da imputare solo agli eventi calamitosi che hanno messo in difficoltà intere colture a estensivo e interi campi di frutteti, – spiegano da Flai Cgil di Ravenna – ma anche all’avversione dei lavoratori nei confronti di un settore che non offre garanzie occupazionali e, di conseguenza, non offre un reddito certo per far fronte al costo della vita che, come noto, negli ultimi anni ha messo a dura prova il potere di acquisto»

Proprio per contrastare questa tendenza, il sindacato porta avanti da anni il progetto nazionale “Ancora in campo”, un’attività di sindacato di strada che vede i funzionari di Flai Cgil Ravenna impegnati nelle campagne ravennati, con l’obiettivo di raggiungere i braccianti per informarli dei loro diritti contrattuali, a partire dal giusto salario, e diffondere informazioni sulla salute e sicurezza in agricoltura. Nel corso delle attività vengono consegnati materiali informativi, dispositivi di protezione come cappellini per ripararsi dal sole e acqua fresca.

Foto In Campo Ok1

«Lo scorso anno – spiega Laura Mazzesi, segretaria generale della Flai Cgil di Ravenna – abbiamo incontrato oltre 60 aziende agricole private nella provincia di Ravenna che occupavano, complessivamente, oltre 300 addetti, la maggior parte impegnati nella raccolta. Relazionandoci con le lavoratrici e i lavoratori, e con molti imprenditori agricoli, abbiamo riscontrato direttamente le conseguenze dei danni subiti, a causa delle svariate calamità che hanno colpito il nostro territorio. Siamo stati informati su ciò che si è salvato e sugli investimenti che le stesse aziende hanno realizzato o realizzeranno. C’è stata inoltre segnalata la difficoltà di reperire manodopera, soprattutto qualificata, da parte dei datori di lavoro. Allo stesso tempo permane una preoccupante inconsapevolezza dei diritti contrattuali da parte dei lavoratori. Alla luce di tutto questo si rafforza l’esigenza di istituire a Ravenna, come già accaduto in altri territori, la Sezione Territoriale del Lavoro agricolo di qualità. Nonostante le ripetute richieste inviate unitariamente dal sindacato a Inps-Cisoa per convocare il tavolo e dare piena applicazione alla legge 199/2016 per la costituzione della cabina di regia, ancora oggi non abbiamo un concreto riscontro. È urgente affiancare all’attività repressiva anche quella preventiva per arginare l’illegalità, anche a favore delle molte aziende sul territorio che rispettano i contratti dei lavoratori. Sarebbe inoltre l’occasione per confrontarsi sulla necessità di investire e rafforzare gli strumenti di collocamento pubblici, promuovendo l’incrocio tra domanda e offerta del settore agroalimentare».

Il coordinamento ambientalista sul gasdotto: «Necessario rivedere le autorizzazioni»

«Valutazioni di impatto ambientale obsolete e mancanza di informazione anche verso i cittadini direttamente interessati», queste alcune delle recriminazioni contenute nel testo destinato ai primi cittadini di Ravenna e Russi

Schermata 2024 05 27 Alle 13.51.44

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta firmata dal Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” e indirizzata ai sindaci dei comuni di Ravenna e Russi, in merito all’inizio dei lavori per la realizzazione del gasdotto della Linea Adriatica. Secondo i firmatari è necessario rivedere le pratiche amministrative-autorizzative del progetto per valutarne l’effettiva regolarità (nelle modalità e nelle tempistiche) oltre che prendere in considerazione l’ipotesi di una nuova valutazione di impatto ambientale, proposta sostenuta anche dai comitati cittadini. Infine, tra le richieste dell’associazione, gli equi indennizzi per i titolari delle proprietà interessate dal passaggio del gasdotto e una corretta informazione nei confronti della cittadinanza attraverso incontri di divulgazione e comunicati.

«Nei giorni scorsi, alle porte dell’abitato della frazione di San Pancrazio, nel Comune di Russi, in prossimità della biforcazione fra Via Santa Caterina e Via Barlete, su terreno agricolo, sono iniziati i lavori di realizzazione di un cantiere, con delimitazione di un’area di diversi ettari occupante tutto lo spazio fra la strada carrabile e l’argine sinistro del Fiume Montone, e sono stati depositati materiali ad uso del cantiere stesso. La mattina di giovedi 23 maggio è comparso un cartello esplicativo (per altro molto lontano dal ciglio della strada e in caratteri piccolissimi, tali da non rendere leggibile gran parte del contenuto), dal quale si evince che si tratta dei lavori per la costruzione della rete Snam, lotto Sestino-Minerbio, quindi il tratto nord del gasdotto “Linea Adriatica”. 

Altre opere di perimetrazione tramite picchettatura, anche se meno visibili e prive di qualsivoglia insegna descrittiva, sono rintracciabili, secondo una direttrice perfettamente in continuità con il cantiere sopra descritto, nei campi coltivati a destra del fiume Montone, in direzione dell’abitato di Roncalceci, raggiungibili da Via Ragone, all’altezza del civico 34.  

Non vi è dubbio pertanto che stiano partendo i lavori di costruzione di un’ opera, sulla quale come Coordinamento “Per il Clima – Fuori dal Fossile” abbiamo reiteratamente chiesto –  tramite i mezzi d’informazione – che si dessero risposte a numerosi interrogativi, senza per altro ricevere risposta alcuna. 

In una seduta di alcuni mesi fa, il Consiglio Comunale di Ravenna aveva sostanzialmente e acriticamente ratificato la realizzazione del gasdotto “Linea Adriatica”, votando il punto denominato “Ottimizzazioni metanodotto Sestino – Minerbio (…), tratto ricadente nel Comune di Ravenna”.  

Da sempre cerchiamo di sostenere che non si tratta affatto di prevedere alcune minime migliorie e proporre alcune raccomandazioni: Bisognerebbe avere il coraggio di rimettere in discussione l’intero progetto. 

Innanzi tutto tale opera nel tratto sud è oggetto di contestazioni civili e legali da parte della popolazione e anche di diverse istituzioni, e a tutt’oggi i lavori sono fermi a Sulmona, ove viene messa in dubbio la stessa legittimità del cantiere di costruzione della Centrale di Compressione, che insiste in un territorio di notevolissimo pregio naturalistico ed archeologico, nonché ad alto rischio sismico.  

Per cui può ancora accadere che i lavori nel tratto sud vengano bloccati. A quel punto non si capisce che senso abbia iniziare le opere di costruzione in un territorio (il nostro) centinaia di chilometri più a nord.  

Come detto in numerosi nostri interventi a mezzo stampa, e come ripreso anche da un’interrogazione in Consiglio Regionale, alcuni mesi fa il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIg), associazione che si occupa costantemente degli aspetti legali nelle criticità ambientali, aveva inviato un’ istanza al Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica e al Ministero della Cultura per sollecitare un provvedimento che dichiari la perdita di efficacia dei decreti che hanno dato giudizio positivo al progetto di gasdotto “Rete Adriatica”.

Anche se i decreti ministeriale  su cui il GrIg concentrava la propria attenzione, interessano prevalentemente  il tronco Foligno-Sestino,  e quello Sulmona-Foligno, è evidente che  il tema riguarda tutto il tracciato della Linea Adriatica, e quindi anche il lunghissimo tratto che partendo da Sestino (in Provincia di Arezzo) dovrà attraversare amplissime aree della Romagna e del territorio ravennate, interessando i Comuni di Ravenna, Russi, Alfonsine e Bagnacavallo. 

I decreti autorizzativi sono vecchi di molti anni, mentre la più recente giurisprudenza afferma che i procedimenti di valutazione d’impatto ambientale (V.i.a.) debbano avere durata quinquennale, anche se emanati prima della riforma del Codice dell’ambiente del 2008, come nei casi in argomento. Le autorizzazioni a suo tempo emesse, a nostro avviso (e non solo) vanno considerate scadute. Tanto è vero che, in risposta all’interrogazione in Consiglio Regionale  di cui sopra, il sottosegretario alla Presidenza ha affermato che si sarebbe dovuta coinvolgere la Conferenza Stato Regioni per una rivalutazione d’insieme della questione. 

Il progetto di gasdotto Rete Adriatica  è il ben noto “gasdotto dei terremoti”, visto che il tracciato prescelto riesce, oltre che a provocare un immane scempio ambientale sull’Appennino, a interessare buona parte delle zone a maggiore rischio sismico  a livello europeo.  

È un’opera che ha caratteristiche pesantemente impattanti: una lunghezza complessiva di km. 687 (con tubazione di diametro di un metro e venti, a cinque metri di profondità, che decorre in uno spazio di una larghezza di 40 metri, quanto un’autostrada), attraversa dieci Regioni, interessa aree di rilevante importanza naturalistica, fra cui tre parchi nazionali, un parco naturale regionale, ventuno siti di importanza comunitaria, ed anche aree a alto rischio sismico e idrogeologico. Dopo l’alluvione del 2023, nella nostra regione sono state censite 80.000 (ottantamila) frane, in buona parte proprio nelle zone dove dovrà passare il gasdotto. Comporterà sia l’abbattimento di svariati milioni di alberi che emissioni climalteranti elevatissime per la sua realizzazione.

Non è stato effettuato un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale come richiesto da normativa e giurisprudenza comunitaria, né una procedura di valutazione ambientale strategica.  

Bisogna poi parlare del costo dell’opera, stimato ormai in ben 2,4 miliardi di euro, e del fatto che (lo ammette lo stesso Gruppo Snam) nel 2030 si avrà un consumo di circa 60 miliardi  di metri cubi di gas, e forse anche meno, visto che nell’anno passato il consumo ha di poco superato i sessanta miliardi ed è in costante calo, a fronte di una capacità complessiva, da parte delle infrastrutture già oggi esistenti, di 100 miliardi di metri cubi all’anno. Il che significa che saranno opere fortemente sottoutilizzate (e la loro costruzione grava sulle tasche degli Italiani), in presenza di rischi assai elevati anche dal punto di vista della sicurezza complessiva, come dimostrano per esempio il ben noto disastro occorso in un importante gasdotto iraniano e altri episodi nel tempo.

Pertanto, è convinzione nostra e di tanti esponenti del mondo scientifico e giuridico che chiedere che vengano riviste le procedure autorizzative sia un atto di puro e semplice buon senso.  

Tutte le Istituzioni interessate dovrebbero fare propria questa richiesta. Parlare di “ottimizzazioni”, riferendosi alla tutela di alcune piante monumentali e a minime deviazioni, ha il sapore della beffa vera e propria. E se poi – come si sente dire – si proporranno eventuali “compensazioni” sarà l’ammissione di tutte le criticità che l’opera comporta e della volontà di non volerle contrastare. 

Per quanto riguarda i lavori attualmente in via di cantierizzazione, facciamo notare che di qui a poco quell’area sarà fortemente appesantita dalla chiusura del ponte sul fiume Montone fra San Pancrazio e Ragone, per rifacimento della struttura, da gran tempo prevista e annunciata, ma a tutt’oggi non ancora avviata. Il periodo di inutilizzabilità del ponte comporterà uno stravolgimento del traffico locale, con moltiplicazione del numero di veicoli circolanti, per diversi mesi. Aggiungere a tale forte stato di disagio i lavori di un cantiere, che comporterà anch’esso diversi mesi di lavoro e traffico di mezzi pesanti, rischia di trasformare la vita della zona, abitualmente tranquilla;  in un vero e proprio inferno, fra l’altro in un periodo in cui si svolgono lavori agricoli importanti. 

Chiediamo quindi di sapere: 

  • Se le pratiche amministrative-autorizzative da parte dei Comuni e di ogni altra istituzione coinvolta, ivi comprese la Regione Emilia Romagna e l’Autorità di Bacino, in quanto referenti per la gestione degli ambiti fluviali, siano state espletate correttamente in ogni loro parte 
  • Se SNAM abbia comunicato ai Comuni con almeno trenta giorni di anticipo, come previsto per legge, l’avvio del cantiere; e in caso negativo, se vi sia consapevolezza che la mancata opposizione costituisca sostegno ad un’azione illegale. 
  • Se si sia presa in considerazione l’ipotesi, più volte ritenuta necessaria dai comitati della cittadinanza attiva e da esperti dell’ambito giuridico, di adire ad una nuova Valutazione di Impatto Ambientale unica per l’intera opera, visto che gli atti autorizzativi a suo tempo emessi risalgono a molti anni addietro e nel frattempo sono emersi elementi nuovi e massimamente importanti sia dal punto di vista idrogeologico, che economico-energetico, che ecologico. 
  • Se siano state già espletate le pratiche di indennizzo/esproprio ai titolari delle proprietà interessate, o se siano state concordate servitù. E in tali casi, visto che l’opera impatta gravemente e in vari modi  l’ambiente per una superficie ben più vasta di quella di pertinenza di alcuni proprietari, per quale motivo non si sia avviata una capillare e dettagliata opera d’informazione delle popolazioni. 
  • Se in particolare, non si ritenga fondamentale rendere edotta la cittadinanza, con particolare riferimento alle abitazioni prossime al tracciato, dei rischi che l’opera comporta (sono noti episodi di esplosione e di incendio di gasdotti ed altre opere metanifere) e quali piani di evacuazione siano stati predisposti e comunicati. 

Per parte nostra non possiamo che sottolineare, ancora una volta, come Ravenna e i Comuni limitrofi siano un territorio già fortemente provato dalla presenza soffocante delle strutture metanifere. Fra l’altro, come la popolazione ben ricorda, era stato  ampiamente sbandierato che l’arrivo del rigassificatore avrebbe comportato l’indipendenza dai gasdotti provenienti dall’estero, e quindi – implicitamente – si era sostenuta l’inutilità di costruirne di nuovi. 

Secondo noi, purtroppo, a Ravenna, e nella Regione, le Istituzioni evidentemente stanno dando carta bianca ai colossi del gas e dell’universo estrattivista. Dobbiamo constatare che del nostro territorio si vuole fare una vera e propria zona di sacrificio in favore del solo profitto del mondo estrattivista.

Per tutte queste ragioni chiediamo esplicitamente alla Sindaca di Russi, al  Sindaco di Ravenna, agli Assessorati competenti, alla Regione Emilia Romagna e al Governo Nazionale, di rendersi disponibili ad approfondire il discorso, pronunciarsi per la revisione degli iter autorizzativi, e intanto stabilire una moratoria, anche alla luce del quadro energetico complessivo in via di profonda trasformazione. E nel frattempo si agisca per favorire realmente la riconversione ecologica. 

In ogni caso, si provveda ad un’adeguata informazione e a un reale coinvolgimento delle popolazioni interessate. 

Attendiamo un rapido riscontro, non solo e non tanto a noi, ma al popolo che amministrate». 

«La pizza è il prodotto democratico per eccellenza. Quella ravennate mi ha sorpreso»

Ne parla il “ricercatore” Renato Bosco, protagonista di una serie di incontri organizzati da Molino Spadoni per clienti e lavoratori del settore

Renato Bosco, pizzaiolo e “pizza ricercatore” veronese, noto a livello nazionale per il programma televisivo “Na Pizza”, il lancio del brand Saporè in collaborazione con Autogrill e il riconoscimento da parte della guida gastronomica “Identità Golose”, sarà a Ravenna per una serie di incontri organizzati da Molino Spadoni, dedicati ai clienti del brand e più in generale a lavoratori del settore.

La collaborazione tra Bosco e Spadoni è nata due anni fa, e questo nuovo percorso formativo è stato ideato per lanciare un forte segnale di ripresa da parte del Molino verso la propria clientela: a seguito dell’alluvione, infatti, il marchio ha registrato ingenti perdite di territorio e prodotti, riuscendo però in breve tempo a riconfermare la propria competitività sul mercato. 

L’appuntamento dello scorso 23 aprile, a numero chiuso, ha dato vita a un dialogo con i panificatori affiliati a Spadoni, che hanno potuto esplicitare le proprie richieste sui temi e le competenze da affinare durante il corso. Il calendario di appuntamenti si svilupperà nei prossimi mesi e prevede una commistione tra pratica e teoria negli spazi dell’Accademia Molino Spadoni di Villa Selva.

Tra temi principali che verranno affrontati insieme all’ambassador, la panificazione e l’attenzione alle materie prime di qualità, con un focus particolare sulla consulenza e la formazione imprenditoriale. 

Che insegnamento vorrebbe trasmettere ai partecipanti del workshop?
«L’obiettivo principale del corso è quello di accogliere e valorizzare le richieste dei clienti. Durante l’incontro introduttivo si è parlato di aggiornamenti tecnici, di selezione di farine e lieviti. La risposta del pubblico è stata eccezionale, sia in termini di affluenza all’evento che di partecipazione al dialogo. Dal canto mio però c’è una particolare attenzione al concetto di “riappropriarsi del proprio tempo”: il panificatore è un grande lavoratore, si alza presto e fatica molto. Grazie allo studio di sistemi più innovativi, come la tecnica del freddo e processi analoghi, si possono velocizzare procedure lente e complesse ritagliando tempo da dedicare ad altri aspetti dell’attività. Un altro aspetto che verrà affrontato durante il corso infatti è quello burocratico: il mondo dei panificatori è molto più legato all’artigianato che all’imprenditoria, ma al giorno d’oggi è importante avere un’idea chiara di business plan, sapendosi districare tra food cost e amministrazione».

L’appellativo che le viene conferito più spesso non è quello di pizzaiolo ma di pizza ricercatore”, può dirci qualcosa di più?
«È una domanda a cui rispondo con orgoglio, perché nella mia vita ho dedicato tanto spazio al mondo della ricerca, e questo “soprannome” nasce grazie a quell’impegno. Sono curioso di natura e, di conseguenza, non sono mai contento. Mi piace scavare a fondo tra studio della tecnica e della materia prima, è come se inseguissi sempre quel qualcosa “in più”. A chi mi dice che sarei arrivato da un pezzo, se solo mi accontentassi, rispondo che per me la ricerca è un atto quotidiano, un qualcosa che mi viene semplice e spontaneo, spinto dal desiderio di migliorarmi e dalla volontà di divulgare ciò che imparo».

Queste ricerche la portano spesso ad esplorare quelle che lei stesso definiscepizze territoriali” e che considera un valore aggiunto rispetto alla classica pizza napoletana. La pizza del ravennate come le è sembrata?
«Esattamente. La tradizione è importante anche per un pizzaiolo contemporaneo, ma lo stesso mondo napoletano si sta modernizzando: i giovani non vogliono essere ingessati dai limiti imposti dalla tradizione, e oggi attraverso la pizza si raccontano il territorio e la persona. Questa è la forza della “pizza territoriale” e il motivo per cui va valorizzata. Per quanto riguarda Ravenna, sono veramente sorpreso. Nell’ultimo decennio, il livello della pizza si alzato in modo significativo a livello nazionale, e devo dire che Ravenna è un’ottima rappresentanza di un settore in costante ascesa. Ho frequentato principalmente pizzerie che conosco e da cui so cosa aspettarmi, ma ho anche accettato validissimi inviti “al buio” da parte di colleghi della città».

Nella lotta tra “tradizionale” e “gourmet” è quindi la seconda ad avere la meglio oggi?
«Non c’è un vincitore e non c’è un vinto, a farla da padrone sono solo l’intelligenza e la voglia di fare. La pizza è il prodotto democratico per eccellenza, supera le barriere di culture e religioni e non si traduce in nessuna lingua del mondo: nasce per mettere d’accordo tutti. L’unica vittoria secondo me consiste nello spostare la propria visione, crescendo e ampliando il proprio mondo tra studio e creatività».

Per quello che riguarda gli abbinamenti invece, c’è un vincitore tra la classica accoppiata “pizza e birra” e il più moderno calice di vino?
«In questo momento sta vincendo il vino, sotto tanti aspetti. La bollicina si riconferma essere l’abbinamento più congeniale, ma la mia recente visita al Vinitaly di Verona mi ha dato tanti spunti nuovi straordinari. Tra le novità degli ultimi anni poi, l’accostamento tra pizzeria e mixology. Un’idea interessante, soprattutto con particolari tipi di gin».

E della famigerata pizza con l’ananas invece cosa ne pensa?
«Nulla di scandaloso per quel che mi riguarda. L’ho proposta anche io per un periodo, presentandola anche a Identità Golose. Ovviamente non si parla di aprire una latta di ananas sciroppata e buttarla sopra la pizza, ci deve essere sempre dietro un pensiero, una ricerca, come per l’utilizzo di qualsiasi materia prima. Se l’accostamento viene fatto solo per attirare l’attenzione, o per provocare, allora sono meno favorevole…».

Qualche consiglio per gli appassionati di panificazione che vogliono preparare la propria pizza in casa?
«Studiare a fondo la materia prima. Tra i vari corsi che tengo, uno è dedicato in particolar modo alle casalinghe e il tema principale è sempre quello della farina. È l’ingrediente principale della panificazione e quindi è importante conoscerlo, ma bisogna anche capire che a diversi tipi di farina corrispondono diverse idoneità di lavorazione. Devo ammettere però che al giorno d’oggi c’è molta più attenzione al riguardo: quando da piccolo andavo al supermercato con mia madre la scelta si giocava tra “0” e “00”; oggi invece non è raro vedere persone ferme tra gli scaffali mentre leggono con attenzione le etichette, districandosi tra termini come “contenuto proteico”, “carboidrati” e “picco glicemico”. C’è maggiore consapevolezza nell’alimentazione».

Il professor Orsini e Moni Ovadia al convegno “per la pace” del Movimento 5 Stelle

All’Almagià anche Francesca Albanese, inviata speciale Onu per la Palestina

Pignedoli
Sabrina Pignedoli

Ci saranno Mani Ovadia, il professor Alessandro Orsini e Francesca Albanese, inviata speciale Onu per la Palestina, il 28 maggio all’Almagià di Ravenna, alle ore 18, al convegno organizzato dall’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Sabrina Pignedoli dal titolo “Insieme per la pace”.

«L’Unione europea, fragilissima nella sua politica estera, ha imboccato la strada della militarizzazione come surrogato dell’autorevolezza diplomatica che non riesce a costruire – commenta Pignedoli -. Nel contesto europeo, troppo spesso la guerra in Ucraina e l’attacco della Palestina vengono presi in considerazione solo a partire dall’ultimo capitolo, non viene analizzato il percorso di decenni di tensioni e di accordi internazionali disattesi che hanno portato alla situazione attuale. In questo incontro vogliamo approfondire il contesto di questi conflitti, al di là dell’informazione mainstream che, appiattendo e semplificando la realtà, vuol far passare la guerra come l’unica soluzione possibile per raggiungere la pace. La via diplomatica e il rispetto degli accordi internazionali devono essere la risposta ai conflitti. L’Unione europea è nata per la pace».

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi