Nel college dei mormoni dove è vietato il caffè per diventare un grande del volley

Il 19enne schiacciatore Davide Gardini, figlio del bagnacavallese Andrea che vinse tutto con il Messaggero e la Nazionale, nello Utah con una borsa di studio per la squadra di pallavolo della Brigham University: «Metodi di allenamento, concezione della squadra, tecnica: ci sono tanti piccoli dettagli che penso possano fare la differenza»

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Davide Gardini nella palestra della Brigham University di Provo

Se tra una lezione e un’altra c’è un’ora libera non va al bar ma si infila in palestra con un compagno e si allena. È la nuova vita di Davide Gardini come pallavolista nel campionato universitario americano Ncaa, il massimo livello del volley oltreoceano. Lo schiacciatore 19enne – figlio del bagnacavallese Andrea Gardini che all’inizio degli anni Novanta vinse tutto con il Messaggero Ravenna e con la Nazionale della generazione di fenomeni di Julio Velasco – è stato selezionato dalla Brigham Young University (Byu) nello Utah che gli ha offerto una borsa di studio per la metà dei costi universitari. Nato in provincia di Treviso perché al tempo il padre giocava a quelle latitudini ma cresciuto a Ravenna, da un mese Davide si è trasferito a Provo, 116mila abitanti nella Salt Lake Valley.

Com’è la sistemazione negli States?
«Sono in un appartamento fuori dal campus: sto con due compagni di squadra, un brasiliano e un portoricano al secondo anno conosciuti quando sono venuto in visita un anno fa. In tutto in squadra siamo quattro stranieri con un finlandese».

Come mai nello Utah?
«Tra la terza e la quarta superiore mi ha contattato prima la Ucla e poi si sono fatti avanti anche altri college tra cui Byu. La cosa mi ha interessato e un anno fa ho deciso e firmato».

Tra Ucla che ha vinto 19 campionati e Byu che ne ha vinti tre cosa ha pesato in favore di Provo su Los Angeles?
«È stata una scelta fatta ragionando per mesi. Ho ritenuto fosse giusto dare la priorità al motivo per cui stavo facendo questa scelta: la pallavolo. E qui a Provo c’è una buona scuola ma anche un bel clima: le partite si giocano in un palazzetto solo per il volley, con il pubblico vicino. Una settimana fa sono andato a vedere la squadra femminile e c’erano 5.450 persone. Avevo la pelle d’oca io in tribuna».

Byu è un college di proprietà della Chiesa Mormone. Questo ha dei risvolti?
«È stata una delle questioni su cui ho riflettuto di più per scegliere. Sono mormoni e hanno certe regole ma pensavo peggio. Sarà anche perché in squadra i mormoni sono solo quattro o cinque su una ventina.

Viene chiesto di firmare un codice d’onore che prevede alcune limitazioni particolari tra cui la rinuncia al caffè. Per un italiano non è un sacrificio troppo grande?
«Non per me. Avevo già tolto il caffè dalla mia dieta per altri motivi, ne prendevo uno ogni tanto…»

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Davide Gardini con la maglia del Club Italia con cui ha giocato in A2 negli ultimi tre anni

L’ammissione prevede dei requisiti?
«Il contatto è iniziato per ragioni sportive ma è necessario superare un test di ingresso e uno di lingua per essere ammesso come studente».

Durante il percorso è richiesto un certo rendimento scolastico?
«I regolamenti prevedono che si possa giocare nei campionati universitari al massimo per quattro anni. Come sportivi dobbiamo raggiungere un certo numero di crediti ogni semestre. Se manchiamo i risultati arriva un avvertimento e al secondo sei fuori squadra fino a quando non recuperi».

Come sono gli orari della settimana?
«Adesso la prima lezione è alle 9. Ma tre giorni a settimana prima vado in palestra a fare pesi quindi sveglia alle 5.15. A pomeriggio allenamento aerobico e in palestra con la squadra. Poi altre lezioni ma non tutti i giorni. Arrivo a casa, ceno e vado a letto. E nell’arco della settimana ci sono anche gli allenamenti individuali e le 8 ore che siamo tenuti a passare nel centro studi per studiare e leggere».

La decisione di trasferirsi in America è stata presa ascoltando i consigli dei genitori?
«Vivo fuori di casa da quando a 14 anni sono entrato nel Club Italia quindi il distacco c’è già stato e non è più un trauma. Ho parlato molto con i miei, mi hanno dato solo le loro valutazioni, come la pensavano e io ho deciso. Sono stati fantastici a darmi opinioni senza spingermi in nessuna direzione».

0a62bfe1 Bb81 4469 9031 78f2878977cbSarà un’esperienza più utile per la formazione sportiva o per la formazione accademica?
«Penso che mi aiuterà di più per la parte pallavolistica. I metodi di allenamento, la concezione della squadra, la tecnica: ci sono tanti piccoli dettagli che penso possano fare la differenza per uno che vuole fare il giocatore anche se resta per anni fuori dai campionati europei».

Ora quattro anni di college. E dopo?
«Me lo sono chiesto quando dovevo decidere. E mi sono risposto che voglio giocare a pallavolo al massimo livello che posso raggiungere, spero un campionato in Europa, magari anche quello italiano».

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