In un momento di forti tensioni all’interno del Partito democratico nazionale, quello ravennate sta dando invece prova di una certa coesione interna. A dimostrarlo è il recente voto all’unanimità di una serie di documenti e proposte su vari temi, dalle infrastrutture allo statuto del partito stesso, dall’immigrazione all’istituzione di un’area vasta che è uscito dall’ultima assemblea provinciale svoltasi in occasione del congresso regionale alla presenza del candidato unitario Paolo Calvano. In quell’occasione il segretario provinciale Michele de Pascale, come già anticipato su R&D, ha inoltre nominato Roberto Fagnani coordinatore della segreteria, in pratica suo vice, al posto di Manuela Rontini, eletta a novembre in consiglio regionale. E se Fagnani come Rontini è un renziano del primo momento, altrettanto vero è che nel congresso provinciale sostenne la candidatura di Manfredi contro lo stesso De Pascale. Ma di quella divisione è vero che ormai, almeno in superficie, è quasi impossibile vederne le tracce. Nella assemblea le dimissioni, fatto salvo quella di Serena Fagnocchi, sono state in numero fisiologico e per ragioni prevalentemente non politiche (peraltro per la prima volta sono stati nominati nuovi membri a prendere il posto di quelli dimissionari in modo da mantenere il numero di cento). Del partito fuori e dentro Ravenna ne parliamo con il segretario De Pascale, ex bersaniano, che ora preferisce non schierarsi.
Nel momento in cui nel partito a livello nazionale si parla di scissione, a Ravenna votate documenti all’unanimità. Come si spiega? Siete diventati tutti renziani?
«All’interno ovviamente ci sono dibattiti anche molto accesi, ma poi riusciamo a trovare una sintesi. Bisogna però distinguere due piani: anche a Ravenna ci sono divisioni molto nette tra i cosiddetti “renziani” e la minoranza di chi ha sostenuto Cuperlo o Civati all’ultimo congresso. Tuttavia, il fatto di aver tenuto un congresso provinciale al di fuori degli schemi di quello nazionale ci permette qui di lavorare insieme su temi e obiettivi che riguardano il territorio, quelli peraltro di nostra effettiva competenza. In effetti, così come avevamo promesso, dal giorno dopo la mia elezione non si sono formate in assemblea divisioni o appartenenze settarie, grazie al contributo di tutti».
Unità quindi sui temi locali. E sui nazionali?
«Cerchiamo di favorire in tutti modi un dibattito che tenga conto della varietà di posizioni che è normale ci siano in un partito che vuole essere del 40 percento. Per esempio sull’Italicum abbiamo fatto un dibattito con ospiti come l’onorevole Lattuca e il senatore Collina, che poi abbiamo visto prendere posizioni molto diverse in Parlamento».
Eppure è il deputato ravennate Alberto Pagani stesso a parlare di “lenta scissione silenziosa” di tanti iscritti che non si riconoscono più nelle posizioni dominanti nel partito…
«Ho letto la sua dichiarazione. Credo tuttavia che questo sia vero soprattutto altrove. A Ravenna nel 2014 abbiamo avuto un tasso di conferme delle iscrizioni record, pari al 95 percento, ed era l’anno successivo a quello di un congresso, in cui di solito questo dato tende a calare. Mi piace pensare che la ragione stia proprio nel fatto che qui il partito si apre alle diverse istanze e nessuno si sente escluso».
L’uscita di Pippo Civati la preoccupa? Ci saranno ripercussioni sul piano locale?
«Naturalmente non è da sottovalutare, ma mi pare che molte persone che a livello locale lo hanno sostenuto non abbiano intenzione di uscire dal partito, come del resto non stanno facendo molti esponenti nazionali e regionali di quell’area».
A livello locale va citata però la mossa di Giuseppe Roccafiorita, renziano della prima ora che ha di recente annunciato l’uscita dal partito.
«Quando qualcuno lascia il Pd ovviamente mi dispiace sempre, con Roccafiorita ho condiviso una lunga esperienza politica. Mi pare però che le motivazioni che mi sembrano derivanti più da questioni nazionali con critiche al segretario Renzi che nascono forse anche dalle sue aspettative, critiche che personalmente non condivido, non mi aspettavo da Renzi cose molto diverse da quello che sta facendo. Spero che Roccafiorita voglia comunque partecipare al processo di partecipazione dal basso in vista delle amministrative (vedi tra i correlati, ndr)».
Ma lei, da ex promotore dei comitati pro Bersani, come vive la situazione del partito a guida Renzi e soprattutto la dura contestazione dell’ex segretario?
«Personalmente non ho condiviso la scelta di non votare la fiducia al governo, e credo che per molte delle persone che l’hanno presa si sia trattato di un fatto molto doloroso e senza precedenti. A Renzi non deve mai venire meno il sostegno di tutto il Partito democratico nello sforzo, senza precedenti per il Pd, di cambiare il paese e di farlo avendo a cuore crescita sostenibile e giustizia sociale. Va garantito rispetto ed ascolto a chi ha punti di vista diversi, dentro e fuori dal Pd, pretendendo in cambio lealtà e gioco di squadra».
Si considera di minoranza, oggi?
«Non intendo iscrivermi a nessuna corrente nazionale, sia per convinzione personale che per difendere il percorso originale e unitario che stiamo portando avanti a Ravenna (All’ultimo congresso De Pascale non dichiarò se votò Cuperlo, Renzi o Civati, ndr) Ovviamente, come ho fatto fin’ora, intendo anche continuare a dire la mia opinione e a esprimermi liberamente sul merito delle cose. Per stare a una metafora “turistica”, non compro pacchetti “all inclusive”. Non penso sia tutto giusto o tutto sbagliato, non sono entusiasta, ad esempio, dell’Italicum ma apprezzo molto la Riforma Costituzionale.»
Ci sono molti temi che anche qui in città stanno mobilitando un elettorato storicamente vicino al Pd, come gli iscritti alla Cgil. Ci sarà uno sciopero anche mercoledì prossimo sul Jobs act, per esempio…
«Credo che su un tema come questo, dopo il dibattito che si è concluso e che ha prodotto importanti risultati di modifica del testo, ci si possa e ci si debba esprimere di fronte ai numeri e alle statistiche che il Jobs act determinerà. La realtà non va mai piegata alle proprie convinzioni, questo vale tanto per il Governo che per i sindacati».
La sciopero della scuola, unitario, ha visto in provincia un’adesione più alta che a livello nazionale. E dalla Cgil lamentano che il Pd non si sarebbe presentato all’incontro pubblico a cui era stato invitato.
«Quell’assenza è stata dovuta a un’emergenza dell’ultimo minuto che ha richiamato il deputato Alberto Pagani a Roma, non certo a una mancata volontà di confronto. Io ero a Bologna il giorno in cui è intervenuto Renzi e l’ho visto personalmente incontrare i precari che manifestavano e mi pare di capire che alcune modifiche saranno sicuramente accolte. Mi auguro che nel percorso parlamentare si possano correggere ulteriormente alcuni punti della riforma».
In generale, però, i sindacati da Renzi sembrano essere trattati come un ostacolo…
«Io posso dire che a livello territoriale riusciamo a lavorare insieme in modo proficuo. Recentissimo è per esempio un documento in cui condividiamo le linee guida fondamentali sul tema dell’Ausl unica della Romagna e di come dovrà evolversi. E anche su Hera, vorrei sottolineare come la posizione del Comune di Ravenna, che non ha svincolato nemmeno un’azione in più da vendere, sia quella che comunque raccoglie meglio gli stimoli portati avanti, fra i tanti, sia dalla Cgil che dalla Cisl».
Tra i documenti che l’assemblea Pd ha votato ce ne sono che riguardano anche l’investimento in cultura, le politiche sull’immigrazione. Eppure quest’anno il Comune di Ravenna sarà costretto a tagliare su queste voci di spesa. Mentre a Cervia, per esempio, il sindaco Coffari si dice costretto a mettere la tassa di soggiorno, nonostante le recenti promesse elettorali, per far tornare i conti. Renzi ha fregato i sindaci?
«Non mi spingerei a tanto, ma certo da un ex sindaco e dall’ex presidente dell’Anci (Delrio, ndr) ci si poteva aspettare una norma di cui c’è davvero bisogno e che preveda innanzitutto premialità per i Comuni virtuosi che fanno tornare i conti e non più sanatorie per quelli che invece li sforano, come è il caso anche della vicina Cesenatico, per non andare troppo lontano con gli esempi».
Una previsione sulle elezioni a Faenza?
«Malpezzi e la sua giunta hanno ben governato in questi cinque anni e sono certo che i faentini gli confermeranno la loro fiducia. Dopo le divisioni del 2010 Giovanni ha saputo riunire attorno a lui il Partito e la città su un progetto innovativo e di qualità».
Una previsione su quelle di Ravenna? L’obiettivo è confermare il 56 percento delle Europee e, immagino, evitare l’astensionismo delle regionali?
«Come ho già detto, immagino un percorso di partecipazione forte per arrivare a quattro o cinque idee sul futuro della città. Fra i tanti temi stiamo lavorando su strumenti innovativi per attrarre lavoro e investimenti, sul superamento dell’isolamento infrastrutturale, e su un nuovo protagonismo della città su sanità e università. Piena apertura a eventuali nuove esperienze di civismo, dialogo con gli alleati che ora stanno dibattendo, come è naturale che sia, al proprio interno e primarie di coalizione entro l’anno, senza preclusioni a più candidature targate Pd. Ci presenteremo con una squadra di persone capaci e competenti, per portare tanti elettori alle urne e sì, per raggiungere quel 56 percento. Perché per quanto in questo momento il Pd abbia grande consenso e Renzi abbia consenso all’interno e all’esterno del partito, non si deve dar nulla per scontato».
Ma secondo lei potrebbe accadere che nel 2016 a Ravenna si presenti invece che il Pd, il Pn, il Partito della Nazione, di cui si parla in questi giorni?
«Se per Partito della Nazione si intende il sogno indecente di parte del ceto politico del centrodestra che, dopo aver drammaticamente fallito la sfida del Governo, spera di riciclarsi nella nuova fase politica, la risposta è scontata. Il Partito Democratico che si presenterà a Ravenna, così come quello che, guidato da Renzi, è arrivato alle Europee sopra al 40% sarà un grande partito di centrosinistra che, saldo nei suoi valori, saprà agire non solo negli interessi di una parte, ma per il bene di tutta la città».
Un’ultima domanda che ha anche a fare con il tema della laicità. Una serie di associazioni sta lanciando una petizione per la trascrizione dei matrimoni omosessuali. Il Pd cosa ne pensa? Al futuro candidato sindaco sarà chiesto di prendere posizione su questo tema?
«Il dato positivo è che in questi giorni è finalmente in discussione in Parlamento il riconoscimento di diritti e doveri delle coppie omosessuali. Personalmente penso che la provocazione portata avanti da molti sindaci sulla trascrizione, insieme a tante altre azioni, come quelle portate avanti dal Comune di Ravenna, abbiano dato un contributo fondamentale ad accelerare questo processo».