Lo scrittore Tahar Lamri: «Tutti noi musulmani dovremmo interrogarci»

«Perché da una piccola città come Ravenna partono così tanti foreign fighter? Forse è mancato il ruolo di argine al fenomeno…»

interno moschea ravenna

«La tomba di Dante obiettivo sensibile? Mi pare così strano». È perplesso Tahar Lamri, musulmano laico, intellettuale di origine algerina e ravennate d’adozione, autore di libri, articoli e di recente sul palco del Rasi insieme alle Albe in una co-produzione teatrale del Ravenna Festival.E si interroga con un certo scetticismo per l’allarme su Ravenna lanciato del Viminale. Lo avevamo incontrato qualche mese fa, oggi torniamo a parlare con lui dopo che si è scoperto come Ravenna sia la città italiana che ha esportato più foreign fighter in Siria e che oggi è sorvegliata speciale del Viminale per ragioni di sicurezza. «Dante è tradotto e ben conosciuto nei paesi musulmani, in una piazza di Teheran c’è perfino una sua statua. Il suo Maometto è nell’Inferno perché scismatico, e i musulmani che leggono Dante lo collocano nel suo tempo. Dante non ha mai criticato i musulmani in quanto tali, colloca ad esempio il grande filosofo musulmano Averroè nel Limbo. Immagino che se i terroristi di matrice islamica volessero scegliere un simbolo della cristianità, non credo davvero sceglierebbero Dante, che c’entra con loro?».

E il rischio che possa essere qualcuno per esempio vicino ai tanti foreign fighter partiti proprio da Ravenna per la Siria?
«Dubito che sappiano perfino chi sia Dante, per la verità».

Si parla di una dozzina di persone. Il ragazzo arrestato qualche mese fa è un tunisino arrivato con l’emergenza Nordafrica di qualche anno fa, quando in città arrivarono molte persone che stazionavano ai giardini Speyer e causarono più di un problema di ordine pubblico. Lei allora intervenne personalmente per tentare di andare incontro a quelle persone. Avrebbe mai immaginato un simile epilogo per almeno uno di loro?
«No, tutto questo allora era inimmaginabile. Anche perché si trattava di giovani tunisini che per lo più vivevano di spaccio e piccola delinquenza, che non sembravano mossi da un particolare fervore religioso e con cui nessuno voleva avere a che fare. Io cercai di parlare con loro e di capire. Credo che quel momento rappresenti tuttavia un fallimento sia per la politica anche locale, che non riuscì a interagire e a intervenire, sia per la comunità islamica e la moschea che non furono in grado di intercettare quei bisogni e diventare un punto di riferimento».

Tahar LamriEcco, questa è un’accusa che ha già rivolto pubblicamente, conquistandosi peraltro simpatie di destra.
«Non mi interessa, se una cosa credo sia vera non smetterò di dirla perché la dice qualcun altro. Io cerco di fare un ragionamento che è piuttosto semplice e si riassume in una domanda: come è possibile che da una piccola città con la seconda moschea più grande d’Italia parta un numero così alto di foreign fighter? Una città che non ha presenza di siriani peraltro, come è il caso di altre cittadine italiane? I foreign fighter partiti sono tutti tunisini, e dentro la moschea di Ravenna peraltro ci sono comunque un’impronta e forte presenza tunisina».

Dalla moschea dicono che lei non frequenta e che quindi le sue critiche sono fuori luogo.
«Ma cosa c’entra? La moschea è un luogo pubblico con un ruolo pubblico. Mi limito a dire che nei paesi arabi, come l’Algeria nel passato o la stessa Tunisia ora, sono proprio le moschee che stanno arginando il fenomeno dell’estremismo. Ruolo che qui la moschea non è evidentemente riuscita ad avere nonostante tutte le iniziative sul dialogo interreligioso e i discorsi sull’Islam religione di pace. Cosa è stato fatto davvero qui? Nulla».

Ma che cosa avrebbero dovuto fare alla moschea? Hanno preso le distanze da violenze e attentati.
«Gli eventi del Medio Oriente e le loro ricadute anche qui ci travolgono tutti e ci lasciano tutti frastornati, ma dissociarsi, specie se è sotto la pressione dei media e di certi programmi televisivi, è soltanto demagogia che non serve a nulla, non è questa la questione. Il punto è che se si prosegue con questa polarizzazione: società sempre più impaurita del “musulmano della porta accanto“ e monopolio dell’Islam da parte di moschee e alcune associazioni, senza alcuna possibilità di avere un islam alternativo alle moschee o alle associazioni “depositarie” della parola di Dio, assisteremo a una divaricazione sempre maggiore rispetto alla società. Divaricazione di cui le prime vittime siamo noi laici. E che rischia di spingere anche i più giovani verso un sentimento di esclusione dalla società. Devo dire che mi sento interrogato nel profondo da quello che sta accadendo e credo che tutti i musulmani dovrebbero esserlo, perché questi terroristi, che lo vogliamo o no, si definiscono musulmani e uccidono innocenti nel nome dell’Islam».

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