L’ultimo saluto a Liverani in piazza tra lacrime e il coro di Bella Ciao

Presenti due ministri e molti amministratori Pd. Pensando al futuro,
il sindaco elogia De Pascale e giura: «Resteremo uniti». LE FOTO

Lacrime, applausi, musica e una profonda commozione mista a una sensazione ancora di incredulità, di incapacità a rendersi del tutto conto che davvero si fosse lì, tutti, a piangere quel lutto.

Solo un mese fa, la piazza accanto era stata il teatro del suo primo discorso pubblico da candidato sindaco. E quelle bandiere del Pd che oggi numerose sventolavano in piazza del Popolo nel desiderio dei presenti sarebbero dovute sventolare per accompagnare la sua corsa a sindaco e la sperata vittoria. E invece, secondo un copione davvero tragico, oggi circondavano il feretro di Enrico Liverani, assessore da pochi mesi, candidato sindaco per le elezioni del 2016, morto a soli 39 anni per un improvviso malore mentre era al volante della sua auto.

In piazza, per l’ultimo saluto, sindaci delle città vicine compreso Virginio Merola, due ministri, Maria Elena Boschi e Giuliano Poletti, figure di spicco del partito nazionale come Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, Pierluigi Bersani, il presidente della Regione Stefano Bonaccini, e poi i ravennati, Vasco Errani, Sefi Idem, Alberto Pagani insieme a tutto il partito locale, consiglieri regionali, consiglieri comunali, segretari, semplici militanti. A rendergli onore ovviamente anche la Cgil, per cui Liverani aveva lavorato dieci anni prima di passare alla politica, ma anche i dirigenti della Confindustria cittadina e naturalmente gli esponenti di maggioranza e opposizione di Palazzo Merlato, con gli assessori.  Sono stati loro, al termine della cerimonia civile, i primi ad avvicinarsi al feretro dove è stata intonata, dai suoi compagni di partito, un improvvisata Bella Ciao.

Prima, l’unico a prendere la parola è il sindaco Fabrizio Matteucci, dopo aver deposto sulla bara ricoperto da un drappo giallo e rosso, lo zainetto che Liverani portava con sé con gli immancabili libri e gli appunti per il lavoro. Un gesto irrituale, un “colpo basso”, sul sottofondo di “Essere Umani” di Mengoni (a cui è seguita Dolce Enrico di Venditti e La storia siamo noi di De Gregori, mentre prima erano risunate le note di Méditation de Thais), che ha commosso tutti i presenti. Così come commovente sono stati gli annunci da parte del Primo cittadino, che ha promesso di dedicare a Liverani una biblioteca, a lui che amava leggere ed era solito consigliare letture, e un angolo della piazza Kennedy su cui il giovane assessore stava lavorando.

Un’orazione per un collaboratore, un amico, un compagno di partito e un uomo politico è stata quella di Matteucci. E qualche segnale è arrivato anche sul capitolo che nessuno ancora si sente di affrontare, ma che pure a breve dovrà aprirsi, e cioè il dopo-Liverani, la persona che dovrà prendere il suo posto nella corsa per le amministrative dal sindaco. Il sindaco ha infatti formulato addirittura un giuramento: andremo avanti uniti.

Del resto, pur se con qualche distinguo, la candidatura di Liverani era stata proprio questo: unitaria. E a volere l’ex sindacalista in quel ruolo così complesso era stato più di tutti, ha detto il sindaco proprio oggi, il segretario provinciale Michele De Pascale che ha incassato gli elogi di Matteucci.

Vero è che in questi giorni, per chi si fosse avvicinato al Municipio nei momenti di commemorazione o alla camera ardente, oltre e prima di un segretario di partito avrebbe visto in Michele De Pascale un uomo distrutto dal dolore per la perdita di un amico, di una persona cara. Un sentimento condiviso dal gruppo di trenta-quarantenni che aveva affidato a Liverani il compito non solo di vincere le elezioni ma anche di dimostrare che una nuova leva politica stava crescendo e aveva i numeri per governare anche una città complessa come Ravenna, senza peraltro rinunciare a mettere in cima alla lista temi non proprio facilissimi di questi tempi, quali l’attenzione ai migranti e i diritti delle coppie gay.

Ed è proprio questa sfera politica tutta in potenza, che ancora si fermava alla promessa e all’impegno, ad aggiungere una tragicità a quanto accaduto. Perché se la morte di un uomo di 39 anni è sempre un dramma, la morte di un uomo di 39 anni perbene, scelto dal partito più importante di un territorio, che si proponeva di governare e magari cambiare una città assume una dimensione di un lutto che diventa collettivo, che va a toccare anche chi non lo conosceva ma era pronto a riporre in lui le speranze e chi comunque sta partecipando, anche se dall’altra parte, a quella corsa verso il futuro. Uno sgomento e un dolore che la città in questi giorni ha dimostrato con i toni pacati e i comportamenti di rispetto istituzionale di tutti i consiglieri comunali (non a caso ringraziati a uno a uno dal Primo cittadino) e anche dalla stampa. Se qualcuno dovesse parlare di retorica dei buoni sentimenti, si potrà sempre opporre che, almeno in questo caso, i sentimenti erano perlomeno autentici.

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