Turismo, porto, sociale, edilizia Le ricette del candidato De Pascale

Il segretario Pd in corsa per il dopo Matteucci provando
a cambiare rotta: «Trasparenza e merito i criteri guida»

Trasparenza e merito. I cittadini devono sapere e poter valutare la qualità dell’offerta. Si riassume così la risposta che il candidato sindaco del Pd e di altre liste di centrosinistra, Michele De Pascale, ha dato sulla polemica che sta infuriando in questi giorni, sollevata in particolare da La Pigna e, prima, dagli organizzatori del festival Komikazen, sui presunti favoritismi ricevuti dai compagni delle assessore Bakkali e Morigi in termini di convenzioni e sovvenzioni culturali. È stato questo solo uno dei temi toccati davanti alla nutrita platea del Mariani Lifestyle dove si è svolto il terzo incontro pubblico della redazione di R&D con i candidati sindaci di Ravenna.

La domanda per la verità riguardava più in generale l’eventuale necessità di codici etici nuovi per regolare i rapporti tra un’amministrazione comunale e chi con quell’amministrazione intrattiene rapporti di tipo anche economico e la risposta di De Pascale è stata appunto: «Le regole ci sono. Credo debbano valere sopra ogni cosa la massima trasparenza degli atti e il merito delle decisioni su cui i cittadini possono poi valutare». Il tutto rivendicando il lavoro svolto in questi anni sul piano culturale ma annunciando anche la necessità di cambiare senza escludere un “turn over” dei soggetti finanziati.

Molti invece i punti su cui più o meno esplicitamente ha evidenziato la necessità di un cambiamento di rotta rispetto alla giunta uscente targata Fabrizio Matteucci. Primo fra tutti il tema a De Pascale più congeniale, quello dello sviluppo turistico. «Il turismo è l’attività economica più bella perché porta ricchezza e migliora anche la qualità della vita dei residenti». Ecco allora la proposta di un calendario di eventi già per il prossimo Natale in grado di riempire la città e richiamare visitatori: Ravenna non deve conoscere stagionalità (e non è mancata una stoccata sull’errore di aver chiuso anticipatamente la tomba di Dante la vigilia di Pasqua).

Eventi dunque sempre, e soprattutto nella nuova piazza Kennedy pedonale dove, a differenza di Matteucci, De Pascale non sembra voler investire risorse pubbliche per valorizzare reperti che la sovrintendenza reputa di scarso valore, sottraendone magari ad altri siti. «Non siamo tutti archeologi, ascolteremo il parere degli esperti». E i lidi? Oltre a un leit motiv che ci accompagna per la verità da anni – «Ogni lido deve avere una sua vocazione» – anche idee più concrete compresa una struttura fissa per grandi eventi sportivi a Marina. Marina come capitale del turismo sportivo da spiaggia e anche del divertimento, con la convinzione che gli sportivi apprezzino maggiormente un divertimento sano. Una località intergenerazionale dove sviluppare strutture per il turismo all’aria aperta, troppo spesso snobbato da queste parti. Case mobili, strutture leggere e non impattanti per resort in mezzo alla natura senza consumare suolo.

Di consumo di suolo si è parlato anche sul tema dell’edilizia popolare e sociale da rilanciare e aumentare cominciando proprio dall’acquisto di appartamenti invenduti e dalle caratteristiche ormai obsolete in termini di risparmio energetico per risolvere il problema dell’invenduto e insieme dare risposte in termini abitativi. Insomma, la parola d’ordine deve essere rigenerazione e non più consumo di territorio per il residenziale, l’unica eccezione ammessa saranno eventuali investimenti produttivi. E anzi, grazie alla nuova legge regionale in termini di urbanistica, De Pascale non ha escluso l’ipotesi che possano addirittura ridursi i volumi per progetti già approvati come gli ampliamenti di centri commerciali e di lottizzazioni residenziali già approvati. «La nuova legge prevede un tempo massimo entro cui i privati possono realizzare i progetti, scaduto quel tempo, se il progetto non è stato realizzato, si possono rivedere i volumi».

Perché il tema resta: può una città come Ravenna reggere ampliamenti di centri commerciali di quelle dimensioni e intanto immaginare, come ha fatto De Pascale, un centro storico che si amplia fino al ponte mobile includendo un’eventuale Darsena riqualificata? «Ravenna deve rivolgersi a una platea di un milione di abitanti, è la capitale naturale della Romagna, mi dispiace per le altre». E dunque, una Darsena riqualificata grazie anche a una riduzione degli extraoneri per chi deve investire, a un’eventuale bonifica del canale in cui dovrebbe essere coinvolta Hera, tante attività temporanee da incentivare insieme all’idea, di recente un po’ tramontata, ma molto in auge anni fa, di un collegamento con il centro. Spostando la stazione? Qui la ricetta ancora non è delineata. «Certo una stazione passeggeri in una città come Ravenna deve essere in centro, mentre in centro non devono più passare le merci. Le ipotesi sono diverse, ci sono anche molte tesi di studenti ravennati da cui prendere spunti interessanti. Andrà tutto valutato con Rfi».

Invece una ricetta più dettagliata De Pascale la propone per quella che ha ammesso essere stata una sconfitta degli ultimi anni, dividendo equamente le responsabilità tra i due soggetti protagonisti: Comune e Autorità Portuale. Si parla ovviamente del mancato escavo dei fondali del Candiano. «Il Comune ha delegato troppo. Deve essere il Comune che decide se è il caso di procedere con espropri delle aree o con le casse a mare». Progetto quest’ultimo che anche De Pascale avrebbe bocciato. Ecco invece la sua ricetta: dobbiamo scavare tutta l’asta per arrivare a 12,5 metri. Si stima che saranno da collocare 5 milioni di metri cubi di materiale che «secondo me può andare così suddiviso: due milioni a mare, un milione per aree della logistica effettivamente utili (non insomma delle dimensioni dell’ormai celebre Progettone, ndr) e per gli ultimi 2 milioni immagino un bando per un impianto di trattamento del sedime. Già era stato immaginato da Autorità Portuale ma di piccole dimensioni, credo che invece dovremmo pensare a qualcosa di più grande. La formula? Vediamo, magari in project financing».

Ma non si è parlato solo di economia, durante la sera. Ampio spazio ha avuto il tema del sociale rispetto al quale De Pascale ha ribadito l’intenzione di immaginare un contributo in base all’Isee per servizi oggi non a pagamento, come quelli per i disabili. Mentre non si andrà, ha assicurato, in questa direzione per quanto riguarda le scuole materne comunali, come invece altrove in Regione si sta pensando di fare. «Credo anzi che sia necessario pensare ad alleggerire il peso sulle giovani famiglie con bambini piccoli rispetto ai costi dei nidi». Il reddito minimo comunale proposto da altre liste, come Ravenna in Comune e da Michela Guerra? «Non sono contrario a priori a misure di questo tipo, per quanto abbiano anche controindicazioni e rischi di abuso. Ma credo non possano essere lasciate all’iniziativa dei Comuni: un disoccupato ravennate avrebbe un reddito minimo e uno di Bagnacavallo no? Rischieremmo una sorta di turismo sociale. Il comune fa già tanto in termini di sostegno alla famiglie con vari fondi…». E annuncia anche che risorse aggiuntive per i servizi sociali non ce ne saranno a breve, la vera novità resta dunque il ritorno in capo al Comune dei servizi tolti all’Asp: «Una mia idea non di oggi. Magari si può pensare a una gestione all’interno di un’Unione dei comuni». Alla domanda se non sarebbe di nuovo una cessione di potere del Comune a un ente superiore, De Pascale difende il modello di organizzazione politica: «Non si tratterebbe di un’azienda come è oggi ma solo di una gestione comune a cui partecipano gli assessori delle Amministrazioni coinvolte che riferiscono poi alle rispettive amministrazioni». Discorso da politico navigato, come del resto è De Pascale, nonostante i 31 anni.

E da politico un po’ della vecchia scuola e, almeno in questo, in totale continuità con Matteucci, ci dice in chiusura che la sua giunta arriverà solo dopo le elezioni, in base anche a come andrà il voto. In effetti se si presentasse anche l’Idv a sostenerlo ci sarebbero addirittura sette simboli, la metà di quelli che a oggi è ragionevole pensare saranno sulla scheda elettorale. Un vero record. Chissà se lo sarà anche in termini di consensi.

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