Referendum trivelle, dieci cose da sapere alla vigilia del voto

Il 17 aprile si vota sulla durata delle concessioni esistenti
entro le 12 miglia. Ecco un vademecum essenziale per le urne

La campagna referendaria in vista della consultazione popolare in calendario domani 17 aprile è stata particolarmente intensa a Ravenna dove l’offshore ha radici profonde e garantisce lavoro a migliaia di persone: alla vigilia del voto ribattezzato NoTriv proviamo a mettere in fila i temi sul tavolo con dieci domande e dieci risposte.

Ho sentito che che il 17 aprile c’è un referendum. Per cosa si va a votare?
Circa 47 milioni di italiani (cioè tutti i cittadini che votano per la Camera dei deputati, tra cui circa 300mila ravennati) saranno chiamati alle urne per un referendum abrogativo che riguarda una parte della normativa che regola le trivellazioni in mare per l’estrazione di idrocarburi: si chiede di cancellare la parte di una legge (comma 17 dell’articolo 6 del decreto legislativo 152 del 3 aprile 2006) che permette alle società che hanno ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio con piattaforme offshore entro 12 miglia (circa 22,2 km) dalla costa di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento. Il referendum sarà valido solo se andrà a votare la metà più uno degli aventi diritto.

Quindi riguarda le concessioni esistenti. E per il rilascio di nuove invece cosa è previsto?
Il decreto già stabilisce che sono vietate le nuove attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine delle acque nazionali italiane quindi la consultazione popolare non riguarda nuove trivellazioni (già impedite dalla legge che non sarà modificata in questa parte dal referendum) ma la possibilità per gli impianti già esistenti di continuare a operare fino a che i giacimenti sottostanti non saranno esauriti.

A giugno si voterà per le amministrative, perché non è stato fatto un unico election day?
Il Governo ha scelto di non accorparlo alla tornata elettorale delle amministrative, che avrebbe consentito un risparmio di circa 300 milioni di euro per le spese della macchina pubblica. Il ministro dell’Interno ha parlato di «difficoltà di natura tecnica e non superabili in via amministrativa» ma da più parti viene considerata una mossa finalizzata al tentativo di non raggiungere il quorum, obiettivo apertamente dichiarato dal premier Matteo Renzi. Va comunque detto che la legge (decreto 98 del 2011) non prevede che le elezioni possano svolgersi in concomitanza con un referendum e nell’ultimo precedente in tal senso (2009) per attuare l’abbinamento fu necessaria una legge ad hoc.

Se vince il sì le piattaforme esistenti entro le dodici miglia dovranno essere chiuse e smantellate alla scadenza della concessione in vigore ora. Di che numeri parliamo?
Sui numeri è scoppiata una vera e propria guerra in queste settimane di campagna referendaria. Una elaborazione di Legambiente dice che le piattaforme in Italia entro le 12 miglia sono 79 (collegate a circa 450 pozzi) di cui 47 in Emilia Romagna e di cui 32 (tutte di Eni) su una superficie di 770 km quadrati di fronte alle coste ravennati. Il ministero dello Sviluppo economico dice che in totale entro le 12 miglia sono 89 (collegate a 469 pozzi) su un totale di 131 nell’offshore italiano (collegate a 726 pozzi). Gli ultimi dati forniti da Filctem-Cgil per Ravenna parlano di 550 dipendenti diretti Eni e circa quattrocento aziende collegate per un indotto di alcune migliaia di posti di lavoro. L’assessorato regionale alle Attività produttive, citando dati del Roca (l’associazione ravennate dei contrattisti offshore), sosteneva che nel 2014 il distretto ravennate potesse contare settemila addetti e un fatturato di circa 2,35 miliardi di euro stimando per il 2016 una contrazione degli occupati del 27 percento e una perdita di fatturato del 44 percento. Secondo un rilevamento commissionato dalla Regione a Unioncamere, in regione ci sono976 imprese offshore che occupano 9.010 addetti, di questi rispettivamente il 13 percento e il 30 percento si concentrano su Ravenna. L’ipotesi della Cgil è che in caso di vittoria del sì al referendum possano chiudere 15 piattaforme entro il 2018. Le restanti 17 piattaforme fanno parte di concessioni che raggiungerano la scadenza tra il 2024 e 2027.

Quanto producono le piattaforme interessate dal referendum?
Secondo Legambiente la produzione italiana entro le 12 miglia nel 2015 è stata di 542mila tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di mc di gas (a Ravenna si estrae solo gas). Secondo i dati dell’associazione ambientalista l’anno scorso dal sottosuolo marino ravennate in acque territoriali sarebbero arrivati circa 670 milioni di mc, un terzo della produzione nazionale coinvolta dal referendum. Legambiente si spinge a conteggiare anche i consumi italiani: per il gas nel 2014 sono stati di 50,7 milioni di tep (milioni di tonnellate) corrispondenti a 62 miliardi di mc: la fascia costiera di 12 miglia a Ravenna quindi avrebbe contribuito al fabbisogno nazionale per l’uno percento».

È vero che le piattaforme offshore inquinano?
L’Ong ambientalista Greenpeace sostiene di sì e ha pubblicato un documento recente che si basato su dati raccolti fra il 2012 e il 2014 dall’Ispra, su commissione dell’Eni, relativi a 34 piattaforme a gas gestite dalla compagnia nell’Adriatico. Nei sedimenti marini e nelle cozze che vivono vicino alle piattaforme sono state trovate, in alcuni casi, sostanze chimiche in quantità superiori ai limiti di legge. La replica dell’Eni e delle cooperative che raccolgono le cozze dai piloni delle piattaforme intendono denunciare Greenpeace ricordando che le cozze sono sottoposte ai controlli delle Asl prima di essere messe in commercio e inoltre i limiti di legge presi a riferimento da Greenpeace valgono per le acque che distano un miglio dalla costa, mentre le piattaforme sono più lontane e sottostanno ad altre soglie.

La tragedia del Paguro però dovrebbe metterci in guardia sul rischio incidenti?
L’incendio e il crollo della piattaforma al largo di Ravenna avvenne nel 1965 ed è rimasto l’unico incidente nel mare italiano. Morirono tre persone ma l’impatto ambientale fu ridotto perché estraeva gas. 

A prescindere dal referendum, il settore come se la passa?
Occorre ricordare un dato: l’11 luglio 2008 la quotazione del petrolio toccò il massimo storico di 147,25 dollari al barile mentre le quotazioni del Brent di gennaio lo vedono precipitato a 28. In questo scenario le estrazioni di idrocarburi non sono più così convenienti e sono le stesse compagnie petrolifere che stanno bloccando gli investimenti ma a livello mondiale, dove l’incidenza delle 79 piattaforme nelle 12 miglia italiane è irrisoria.

Però sento parlare di royalties che le aziende devono pagare allo Stato. Se chiudono piattaforme si perderanno anche quelle entrate?
Chi estrae idrocarburi deve pagare imposte applicate sul valore di vendita del gas o del petrolio estratto. In Italia il 7 per cento per il gas e il 4 per il petrolio. Nel 2015 tutte le estrazioni, sia su mare che in terra, hanno prodotto un gettito da royalties pari a 352 milioni. La quota delle piattaforme entro le 12 miglia, dice il sito de L’Espresso riportando i dati del ministero dello Sviluppo, è stata di circa 38 milioni.

Quando si vota esattamente e cosa serve?
Domenica 17 aprile si vota dalle 7 alle 23. Gli elettori dovranno esibire la tessera elettorale e un documento di identificazione munito di fotografia. Nel caso la tessera elettorale non risulti più utilizzabile, per i cittadini del comune di Ravenna occorre richiederne una nuova presentando domanda all’ufficio elettorale in viale Berlinguer o in uno degli uffici decentrati delle ex circoscrizioni. Sulla tessera gli elettori troveranno indicato il numero e l’indirizzo del seggio dove recarsi a votare. L’ufficio elettorale sarà aperto sabato 16 aprile dalle 8.30 alle 18 e domenica 17 aprile dalle 7 alle 23.

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CONSAR BILLB 02 – 12 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24