De Pascale:«Serve un sindaco fuoriclasse per cambiare la città. Noi siamo pronti»

Il candidato del centrosinistra: «Non dirò mai: qui non c’è posto per
i profughi. La giunta? Di nuova generazione. Aria nuova in Comune»

Superfavorito, al primo turno ha preso oltre 13mila voti in più dello sfidante, ma consapevole dei rischi insiti in ogni ballottaggio, ha se possibile aumentato i ritmi della campagna elettorale dopo il 5 giugno. Il segretario del Pd Michele de Pascale – sostenuto anche da Pri, Idv, Ixc, Sinistra per Ravenna, Ravviva Ravenna e Ama Ravenna – dopo aver fallito l’obiettivo al primo tentativo, sta ora spingendo sull’acceleratore in tema di discontinuità e cambiamento e sta aprendo all’elettorato in particolare di CambieRà e Ravenna in Comune prendendo alcuni impegni concreti su temi condivisi e mettendo in rilievo le distanze dalla Lega.

Come sta andando questo lavoro di dialogo?
«Direi bene, stiamo cercando di mettere in evidenza il nostro programma e gli elementi che già condividiamo a cui aggiungiamo ulteriori proposte. Gli elettori di Raffaella Sutter e molti di quelli di Michela Guerra sono persone che al primo turno hanno ritenuto un’altra proposta migliore della nostra, ma che al secondo sono certo che riterranno, tra i due progetti in campo, il nostro di gran lunga migliore rispetto a quello di una Lega estremista».
Immagino che il riferimento sia soprattutto al tema dell’immigrazione che nel vostro programma è trattato in riferimento a scuola e giovani e non è collegato alla sicurezza. Non teme che questa scelta le abbia fatto perdere voti?
«Sì, ma se essere coerente con i miei valori mi fa perdere voti, sono pronto a perderli. E da amministratore contrasterò a testa alta le ricette leghiste. Noi vogliamo occuparci di tutti coloro che hanno difficoltà, dei poveri, senza fare distinzioni e andando anche al di là dei semplici obblighi di legge. Sulla sicurezza c’è un corposo capitolo, ma a parte. Immigrazione e integrazione sono invece legati alla scuola e alla necessità di non lasciare soli gli insegnanti e assistere le classi con la mediazione culturale perché lì si prepara la società del futuro. Lo vediamo negli Usa, l’abbiamo visto in Francia, l’odio si alimenta in persone che sono nate e cresciute in quei paesi per le quali è fallito un percorso di integrazione».
Ma in casi di arrivi straordinari, potremmo mai sentirle dire che qui siamo arrivati al limite e non possiamo più accoglierne?
«No, lo escludo. Certo bisogna impegnarsi perché tutti i Comuni facciano la propria parte, perché l’Unione europea faccia la propria parte in termini di pianificazione. Ma davanti all’emergenza non dirò mai no, qui no; non fa parte della nostra storia».
E questo sarà sicuramente gradito agli elettori della sinistra. Invece, un tema su cui non sta accontentando le sollecitazioni giunte da più parti è quello delle nomine in giunta, tutto top secret. Eppure in altre città anche candidati del Pd come Giachetti e Sala stanno svelando qualche nome…
«In genere i nomi prima del voto vengono fatti da chi è in difficoltà e sa che potrebbe non vincere. Tutti sanno chi sono le persone che mi circondano e che stanno lavorando come. Sarà richiesta competenza, condivisione del progetto e saranno tutti esponenti di una nuova generazione, senza figurine, che saprà prendersi responsabilità».
Ci dice almeno se ci saranno conferme?
«Sì, ci saranno persone con esperienze di giunta, altre di consiglio, altre con esperienze maturate fuori».
Si terrà qualche delega?
«Mi terrò trasversalmente alcuni progetti strategici, ma non veri e propri temi. Penso in particolare alla riorganizzazione delle istituzioni culturali, la nuova pianificazione territoriale e l’escavo dei fondali del porto».
Quando dice che i risultati in giro per l’Italia hanno premiato i sindaci che hanno lavorato bene, sembra implicare una bocciatura per Matteucci a Ravenna. È così?
«Fin dall’inizio abbiamo detto che alla città serviva un cambio di passo, che andavano riconosciuti gli errori fatti, tutti coloro che abbiamo incontrato ci hanno chiesto discontinuità. E quei pochi che non erano convinti penso lo abbiano capito bene dopo il primo turno dove è arrivata la prova scientifica: la città non vuole passare a chi vuole privatizzare l’acqua, ma vuole un cambiamento forte. Questo non significa che Ravenna è una città allo sfascio, ma che su certe questioni ha bisogno non solo di un cambio di marcia ma di un’inversione a U».
Lei però negli ultimi tre anni era segretario del partito di maggioranza. Perché non ha inciso prima?
«Su alcuni punti abbiamo iniziato a imprimere alcuni cambiamenti, altri sono temi amministrativi in capo al sindaco. Fabrizio era stato eletto sulla base di un programma, io su certe questioni avevo idee diametralmente opposte, ma è giusto che alcuni cambiamenti passino attraverso le elezioni».
Non starà però esagerando con le promesse? Bypass e tangenziale in cinque anni quando ancora aspettiamo la rotonda all’incrocio Adriatica-Ravegnana?
«I soldi ci sono. Dopo lo stralcio della E 55, a cui ero contrario, il governo ha messo un miliardo in tre anni per la E 45 e la Regione e il governo hanno già messo nero su bianco che ci sono 300 milioni per Ravenna ed è tutto collegato all’escavo dei fondali. Il prossimo sindaco, se è un fuoriclasse, potrà cambiare la città, ci sono le condizioni e noi siamo pronti a lavorare dal primo giorno. Con i soldi sbloccati dal patto di stabilità potremo riparare le buche, ma questo non servirà a dare prospettive e risposte a un giovane in cerca di lavoro…».
Di recente ha parlato anche di semplificazione burocratica. In una delle ultime interviste Matteucci l’ha definita una sorta di missione impossibile…
«Io credo invece che il sindaco di un comune così grande abbia molto margine di manovra e possa intervenire. Va sicuramente messo mano agli uffici del territorio, edilizia e urbanistica, bisogna rivedere le previsioni, ma anche immaginare una Pubblica amministrazione più in grado di essere vicina alle aziende. Abbiamo in mente pochi interventi da fare subito con immissione di personale e anche nuovi dirigenti e poi una riorganizzazione generale nel giro di sei mesi…».
Quindi persone del suo gabinetto e dirigenti di nomina?
«Esatto. Se sarò eletto, ci saranno cambiamenti importanti. Anche in termini di turn over, ci saranno concorsi per alcuni settori. Aria nuova».
Tra i temi sollevati da tutti i suoi avversari c’è quello della legalità. Alberghini propone addirittura un assessorato, c’era chi parlava di osservatorio. Le infiltrazioni del resto sono un tema importante, basti vedere cosa è successo a Reggio Emilia all’insaputa dell’allora sindaco Graziano Delrio…
«Il problema esiste sicuramente anche dalle nostre parti e dobbiamo vigilare, per quanto mi sento di escludere che nelle nostre amministrazioni pubbliche ci siano stati mai comportamenti conniventi. Più che un assessorato, credo serva lavorare sulle gare d’appalto per evitare che prevalga la logica del prezzo più basso perché è in quella situazione che si infiltrano più facilmente sfruttamento e illgalità».
Negli ultimi anni ci sono stati appalti storici persi da cooperative del territorio, ritiene di dover intervenire per evitare che accada in futuro?
«Dire che si vuole favorire una cooperativa del territorio è illegale e per me il principio di legalità è indiscutibile. Ma è anche vero che le cooperative del territorio quando perdono nove volte su dieci è proprio per il prezzo. Quindi sono fiducioso che cambiare il sistema degli appalti le porterà a migliorare ancora ed essere ancora più competitive ».
E gli stipendi degli operatori in appalto che lavorano per il Comune a 6 euro all’ora? Anche questo è stato un tema sollevato in campagna elettorale da Guerra e Sutter e trascurato dal Pd.
«Vero. Credo che sia ora di finirla con situazioni dove ci sono persone che lavorano per il Comune e altre per le coop che svolgono le stesse mansioni con trattamenti così diversi. O un servizio è pubblico o viene completamente appaltato. E credo che anche le coop debbano fare la propria parte: se noi diciamo che non premieremo più il prezzo negli appalti, deve significare anche una migliore retribuzione del lavoro. Non avrebbero più alibi».
Dopo il voto resterà segretario provinciale del Pd? Del resto il premier è il segretario nazionale…
«No, in ogni caso no, tanto meno se sarò eletto. Il sindaco deve essere il sindaco di tutti, non mi pare un ruolo compatibile. Per una città, il sindaco è come il presidente del consiglio e il presidente della Repubblica insieme, è un ruolo istituzionale».
Quindi quando avremo il prossimo segretario?
«Spero e credo già a luglio».
Un congresso?
«O un voto in assemblea, vedremo. Comunque ci sarà un passaggio democratico, come si fa da noi…»
La vedremo impegnata nella campagna per il sì al referendum di ottobre? E cosa pensa dell’indicazione di Renzi di andare giù con il lanciafiamme contro la minoranza del Pd?
«Ho fatto il segretario per tre anni e la nostra federazione è sempre stata tra le più coese d’Italia, spero naturalmente che chi mi succederà continuerà questo lavoro. Sul referendum, esprimerò la mia opinione a favore: nella riforma secondo me ci sono più luci che ombre. Credo si dovrà fare lo sforzo di entrare nel merito dei temi evitando lo scontro politico».
Chiunque sarà eletto domenica sarà verosimilmente votato in realtà da una minoranza degli elettori. Quanto indebolisce questo il futuro sindaco?
«Sicuramente è un elemento che indebolisce. C’è un potere del sindaco che non è dato dalla legge ed è quello che viene dalla fiducia dei concittadini. Per questo cercherò di attivare il maggior numero di strumenti di partecipazione possibile per riaccendere speranza e desiderio. Comunque andrà, mi impegno perché a queste parole possano seguire fatti, l’unica cosa che può riavvicinare le persone alla politica».
L’ultima curiosità: Se sarà eletto resterà iscritto all’Università?
«Il mio percorso universitario è stato piuttosto particolare, ho frequentato per tre anni Medicina sostenendo tutti gli esami, poi giunto ai tirocini pratici ho realizzato di non sentire la “missione” che deve contraddistinguere un Medico e mi sono iscritto a Giurisprudenza. Laurearmi è un impegno che ho preso molti anni fa con mio padre, che purtroppo non c’è più, ed è un obbiettivo che, compatibilmente con lavoro e famiglia, raggiungerò».

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