Cassani non sarà nello staff del sindaco «Dopo vent’anni faccio un passo indietro»

L’ex coordinatore di Ra2019 difende la candidatura europea
e lamenta «l’imbarbarimento del confronto pubblico»

Il suo ingresso nello staff del nuovo sindaco, per seguire la complessa partita del riordino delle istituzioni culturali in città, era ormai dato per certo da più parti e si attendeva solo la delibera ufficiale entro luglio invece Alberto Cassani non farà parte del gabinetto di Michele de Pascale. L’ex coordinatore di Ravenna 2019, che proprio con questo incarico era entrato nel gabinetto dell’ex sindaco Fabrizio Matteucci nel 2011, ha infatti deciso di rinunciare.

Lo fa con una lettera aperta inviata al primo cittadino, e segretario provinciale del Pd, in cui spiega le motivazioni del suo no. In buona sostanza Cassani – già assessore alla Cultura nella prima giunta Matteucci e durante i due mandati di Vidmer Mercatali – lascia amareggiato dalle polemiche sollevate da più parti politiche dopo che il suo nome era circolato sulla stampa. Le critiche erano piovute al suo indirizzo e a quello di Mara Roncuzzi, ex assessore provinciale che dovrebbe entrare nello staff De Pascale per occuparsi di pianificazione. Si è parlato di poltronificio Pd e di tradimento delle promesse di rinnovamento e discontinuità fatte durante la campagna elettorale.

Ecco il testo integrale della lettera di Cassani.

Caro Sindaco,

è con rammarico che ti comunico la mia decisione di non entrare a far parte del tuo staff, pur essendoti profondamente grato per avermelo proposto. È stata una decisione sofferta, presa al termine di una lunga riflessione, resa nelle ultime settimane ancora più pesante dal fatto che gli organi di informazione avevano già dato per acquisita la mia accettazione di quell’incarico.

È bene chiarire subito che la ragione della mia decisione non sta nelle polemiche di questi giorni, peraltro sempre le solite, frutto di un clima politico avvelenato, che non risparmia né le persone né le istituzioni e che non fa il bene di Ravenna.

Certo, questo clima non mi piace, ma la vera ragione della mia scelta è più profonda e personale, ma anche molto semplice da comprendere: in questo momento, dopo vent’anni di impegno pubblico, spesso sovraesposto, speso senza risparmio di energie e in prima linea, sento fortemente l’esigenza, prima di tutto umana, di fare un passo indietro.

In tutti questi anni, ho avuto la fortuna di vivere esperienze appassionanti, prima come amministratore, quando ancora era gratificante spendersi in quel ruolo, e poi come coordinatore di quella che è stata la più importante avventura collettiva vissuta in tempi recenti dalla città. Ho vissuto tutti questi anni dando tutto me stesso, mettendomi sempre in gioco (altro che attaccamento alla poltrona!), sviluppando progetti innovativi e mai limitandomi a gestire l’esistente, e l’ho fatto con spirito di servizio e onestà morale e intellettuale, magari non piacendo a tutti, ma tenendo sempre la schiena dritta, perseguendo l’interesse generale e non piegandomi mai davanti ai gruppi di potere e alla pressione dei più forti. Poi, soprattutto negli ultimi tempi, mi sono reso conto, io come molti, che l’imbarbarimento del confronto pubblico, la strumentalizzazione di ogni scelta, la banalizzazione dei fatti e delle parole, rendevano sempre più difficile ogni sforzo di costruire ancora progetti condivisi.

La cosa che più mi ha ferito in questi ultimi tempi, più delle offese personali, è stato sentire come anche personaggi assurti a ruoli di responsabilità politica, con la disinvolta insipienza di chi gode solo a distruggere, accostassero l’esperienza della candidatura europea alla parola “fallimento”. Insisto su questo punto perché il nostro futuro dipende anche da come si racconta la storia del passato. E allora, da questo punto di vista, bisogna avere rispetto per le migliaia di persone che a quel progetto hanno creduto e hanno dato un contributo per il bene della città, facendola crescere e pensando insieme a una prospettiva comune (mentre gli ignavi, gli invidiosi e i veri conservatori stavano alla finestra). Bisogna sapere analizzare, discutere e cercare di capire, perché per l’altra strada, quella del dileggio e della polemichetta quotidiana, non si va da nessuna parte. O meglio si va verso una progressiva regressione, civile e politica. Una regressione che può colpire anche la nostra vita culturale. Ma sono certo che tu e l’Assessore Signorino saprete scongiurare questo rischio e avrete la lungimiranza di valorizzare quella visione del futuro della città che già aveva ispirato tante delle idee e dei progetti di Ravenna 2019.

Bene, caro Sindaco, a questo punto non mi resta che augurarti di cuore buon lavoro e buona fortuna. Ne avrai bisogno in quest’epoca di apprendisti stregoni e di feroci disincanti.

Con stima,
Alberto Cassani

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