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    Categoria: politica

«La gestione dell’accoglienza profughi passerà dalla prefettura al Comune»

Parla Morigi, assessora all’Immigrazione: «Stiamo incontrando
la prefettura. Giusto discutere pubblicamente di questi temi»

Capolista di “Sinistra per Ravenna”, la lista a cui hanno dato vita una parte degli iscritti di Sel, ex Pd e semplici cittadini, Valentina Morigi è stata confermata in giunta da Michele de Pascale con deleghe cruciali quali il Bilancio, i Servizi Sociali e l’Immigrazione. Una delega quest’ultima che la vede in prima fila su questioni spesso foriere di polemiche e divisioni. Tra i primi atti in questo nuovo ruolo c’è stata la presentazione del centro diffuso di prima accoglienza per minori a cui partecipa il Comune di Ravenna mettendo a disposizione una ventina di posti (vedi correlati).

Assessora, questo hub per minori non accompagnati era proprio necessario a Ravenna?
«Non era solo necessario, ma auspicabile, perché il nostro è un territorio dove si è maturata un’esperienza nell’accoglienza e nell’inclusione e dove i progetti di questo tipo vanno a buon fine. Del resto, di fronte al fenomeno strutturale che vede crescere i numeri di arrivi abbiamo solo due possibilità: governare il fenomeno, oppure non governarlo. E se non lo si governa non solo si nega l’accoglienza a chi ha diritto di riceverla (i minori non possono essere espulsi in nessun caso, ndr), ma si lascia la propria città in un maggiore margine di insicurezza perché questi ragazzi, se lasciati soli e senza riferimenti, vengono facilmente reclutati dalle mafie e dalla malavita».

Sono minorenni, ma in genere vicini alla maggiore età e c’è anche chi dice che non è un caso e che se ne approfittino…
«Molti di loro arrivano dopo viaggi durati anni. Arrivano a 16 anni ma sono partiti, da soli, a 13 anni».

I ragazzi che saranno accolti a Ravenna resteranno poi sul territorio o saranno redistribuiti anche nel resto della Regione?
«Questo è un centro di prima accoglienza in cui si valutano le situazioni e, in un periodo in genere di un paio di mesi, si stabilisce quale può essere il percorso di seconda accoglienza che potrà essere in qualsiasi provincia della Regione».

Quanto costerà al Comune questo progetto?
«Zero euro. Sono tutti fondi europei che arrivano tramite il Ministero. E al progetto lavoreranno imprese che hanno dimostrato competenze e capacità e che rendiconteranno fino all’ultimo euro ricevuto, quindi si genererà anche lavoro».

Perché non è stato reso pubblico l’indirizzo del luogo dove saranno alloggiati i minori?
«Il centro in cui verranno accolti i minori è all’interno di un condominio abitato in centro storico. Il lavoro di accoglienza, il lavoro sociale è un lavoro faticoso, che ha bisogno di tempo, confronto, mediazione, e non di riflettori mediatici. Per questa ragione ci sembra più opportuno concentrarci in prima battuta sulla organizzazione dell’accoglienza. In un secondo momento, organizzeremo momenti di confronto pubblico».

E per quanto riguarda gli adulti? Il Comune di Ravenna è l’unico in provincia che non gestisce direttamente i bandi per i richiedenti asilo, ancora in mano alla Prefettura. Qual è l’indirizzo della nuova giunta?
«Stiamo facendo riunioni e da qui alla fine dell’anno contiamo di porre fine a questa anomalia: gestiremo noi direttamente i bandi tramite il nostro ufficio immigrazione che è stato un modello per tutta la regione, abbiamo una struttura operativa competente e valida. Seguiremo criteri precisi a cominciare dalla redistribuzione territoriale delle persone per evitare di creare ghetti, per esempio escluderemo l’idea di ricorrere ad alberghi, lavoreremo per un governo diffuso sul territorio del tema dell’accoglienza in particolare con le popolazioni dei vari territori».

Ora però non si potrà più “fare scudo” dietro la prefettura. Ogni atto diventerà di competenza del consiglio comunale e campo di scontro politico, non la preoccupa questo?
«Tutt’altro. Sui temi profughi e dell’accoglienza credo sia anzi necessario discuterne pubblicamente in più sedi possibili. Penso che saremo noi stessi a presentare un’informativa su questa scelta e ne discuteremo sui territori. Credo sia necessario alimentare una cultura dell’accoglienza e che lo si possa fare attraverso la trasparenza e la creazione di momenti di incontro con queste persone. Per esempio forse molti ravennati non sanno che alcuni dei 78 ospiti del progetto Sprar hanno sottoscritto un patto per i beni comuni e oggi si prendono cura del verde di alcuni parchi della città ».

E prendere in mano la gestione diretta dei bandi per i profughi quanto costerà al Comune?
«Zero euro, come sopra, è tutto a carico del Ministero. Ma in questo caso dovremo ragionare su come implementare le risorse umane degli uffici, effettueremo verifiche per capire se vi sia la possibilità di trovarle anche in altri reparti della macchina comunale».

Ma il Comune cosa ci guadagna? La possibilità di gestire al meglio la distribuzione sul territorio ed evitare potenziali conflitti?
«Diciamo che vogliamo porre fine a questa anomalia e farci carico di governare il fenomeno attraverso un bando pubblico, con cui garantire competenza nei soggetti gestori e governo diffuso sul territorio».

E come Comune pensate di poter in qualche modo intervenire rispetto al tema dei profughi che arrivano direttamente via terra alla nostra questura, soprattutto pakistani, e che spesso, pur in possesso della richiesta d’asilo, sono costretti a dormire per strada?
«È un problema reale. Parlando con loro abbiamo capito che esiste un passaparola per cui alcuni credono addirittura che, se si arriva via terra, l’unico posto dove poter presentare domanda d’asilo sia Ravenna (mentre è possibile farlo in qualsiasi questura, ndr). Questo nasce innanzitutto dall’assenza di un hub in Friuli Venezia Giulia e dal fatto che in questo momento solo la Sicilia e l’Emilia Romagna stanno davvero facendo la loro parte in termini di accoglienza. Per quanto riguarda i casi specifici, il problema al momento dovrebbe essere in via di risoluzione perché in queste settimane alcuni sono stati chiamati all’hub di Bologna e altri lo saranno a breve. Terremo monitorata la situazione».

Ma se la situazione non dovesse risolversi il Comune pensa di intervenire in qualche modo?
«Abbiamo ricevuto rassicurazioni da parte della prefettura circa l’immediata partenza per l’hub di Bologna di 10 pakistani. Qualora dovesse protrarsi ulteriormente la situazione, valuteremo di aprire in via eccezionale la struttura di via Torre».

Su questo tema abbiamo visto anche una polemica tra associazioni di immigrati e l’ex presidente della Rappresentanza per gli stranieri ExtraUe (vedi correlati). Ecco, sul tema della rappresentanza e delle associazioni, come pensa di muoversi?
«Sto incontrando le associazioni dei cittadini stranieri che hanno una lunga storia di partecipazione attiva. La Rappresentanza è nata agli inizi degli anni 2000, in un’altra stagione, di recente abbiamo visto che non ha più funzionato e bisogna capire perché, cosa è successo e in che termini si può aumentare il coinvolgimento civico. Negli anni la popolazione straniera è cambiata, si tratta di persone che vivono qui da tempo, che qui hanno relazioni sociali e amicali, hanno aperto imprese, lavorano e hanno famiglia. È tempo per riprendere una grande stagione dei diritti e riaprire il tema del diritto di voto amministrativo, purtroppo abbandonato dal dibattito pubblico».

Ma che ruolo quindi immagina per le associazioni di stranieri?
«Innanzitutto mi aspetto che entrino a far parte della rete strutturata della solidarietà, visto che molte di queste operano da tempo in questo senso e non solo per i propri connazionali. In parole più chiare: vorrei vedere molte di queste, tra cui il centro che gestisce la Moschea, sedute al tavolo delle povertà con pari dignità rispetto a quelle che già vi siedono».

Dalle associazioni è nato anche il Festival delle culture. Vedremo anche una prossima edizione?
«Il Festival è una certezza per Ravenna, confermo che resterà con il suo processo partecipato, un’unicità in questo senso».

Lei parla di cultura dell’accoglienza. Eppure la sensazione è che si siano rotti sempre più argini rispetto al razzismo, penso per esempio alla solidarietà offerta alla poliziotta che si era scagliata contro i parcheggiatori abusivi o alla commessa che ha rivolto epiteti razzisti ai clienti (vedi correlati). Secondo lei è solo un’amplificazione del web? La cosa la preoccupa?
«È una percezione di una realtà che abbiamo ben presente, è la realtà del conflitto agito verso chi ti è di fianco e non chi ti è sopra. Una guerra tra poveri che non può portare da nessuna parte e che esclude i più ricchi, proprio quelli che in questa crisi si sono arricchiti sempre più. Invito chi usa frasi razziste a fare attenzione e a riflettere sul fatto: tra gli “stranieri” che leggono e ascoltano le nostre intolleranze, ci sono il compagno di classe di nostro figlio, il nostro collega di lavoro, la moglie del nostro amico, il nostro vicino di casa. In realtà, gli “stranieri” sono parte della nostra comunità, più di quanto non pensiamo, le famiglie straniere sono radicate e ormai alla terza generazione».

A questo proposito, che effetto le fa sentir ancora parlare di classi “ghetto” per la presenza di bambini dal cognome straniero in una prima media?
«Sinceramente? Mi pare pura follia. Sono bambini che quasi sempre sono addirittura nati qui, hanno fatto tutto il ciclo scolastico qui».

A proposito, qualche notizia aggiornata sulla legge che prevede cittadinanza italiana a chi nasce in Italia da genitori con il permesso lungo soggiornanti?
«Nessuna, se ne sono perse le tracce al momento».