E il Parlamento, come si può tagliare?

I quattro deputati ravennati a confronto sulla proposta M5s e non solo

Tema sempre attuale, i tagli ai costi della politica sono al centro del dibattito pubblico da tempo e più che mai in questi giorni. Mentre infatti la Regione Emilia Romagna prosegue con il processo di riduzione dei costi dell’Assemblea legislativa (vedi articoli correlati), in Parlamento i grillini hanno presentato una proposta di legge per ridurre l’indennità lorda dei parlamentari che però al momento è stata rispedita in commissione. Abbiamo chiesto ai quattro parlamentari del territorio qual è il loro pensiero su questo tema e come voterebbero se fossero chiamati a esprimersi sulla legge una volta tornata alla Camera.

Intanto un po’ di conti. Oggi un deputato italiano riceve uno stupendio lordo che al netto include circa 5.500 euro di “vero” stipendio, o indennità di funzione, ed è su questa che vorrebbero incidere i grillini nella riforma, loro che già oggi si vantano di restituirne una parte ritenendola troppo alta, dimezzando di fatto il lordo che è pari a 10.435,00 euro. A questi si aggiungono 3.600 euro per l’espletamento del mandato che in pratica significa innanzitutto lo stipendio di un collaboratore, ma anche libri, riviste e tutto ciò che può servire al paralmentare per documentarsi e svolgere la propria funzione di legislatore. Di questa cifra, tuttavia, il parlamentare è tenuto a rendicontarne solo la metà, cioé 1.800 euro e il resto può restare a sua disposizione. Forfettaria anche la diaria, che viene corrisposta in dodici mensilità di circa 3.500 euro. A questo va aggiunto che gran parte dei parlamentari versano una cifra del proprio stipendio al partito di cui fanno parte per garantirne il funzionamento. I deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale e dispongono di una somma annua di 3.098,74 euro per le spese telefoniche. La Camera non fornisce invece cellulari.

Gianluca Pini (Lega Nord):
«Solo demagogia, ho votato la riduzione dei nostri stipendi sette anni fa, senza tante storie»

Tra di loro c’è Gianluca Pini della Lega Nord, che contattiamo mentre è a Londra per ragioni istituzionali. «Sette anni fa ho votato per ridurmi l’indennità parlamentare del 30 percento e senza tante storie – ci risponde quando gli chiediamo cosa pensa della proposta dei suoi colleghi – pertanto dai grillini non prendo lezioni, men che meno quando una proposta non ha nessuna corrispondenza con la meritocrazia ma solo con un atteggiamento demagogico. Detto ciò, se la revisione dell’indennità sarà collegata alla produttività, come avviene in ogni azienda normale, voterò a favore. Quindi sì, mi auspico che vi siano modifiche in senso “meritocratico” in commissione: una su tutte la parametrazione dell’indennità sulla base dei redditi personali. Perché il Parlamento non può diventare, come nel caso dei 5 stelle (l’80 percento dei loro aveva redditi ridicoli prima di essere eletti), uno stipendificio per gente disoccupata in cerca di un posto di lavoro». E dell’idea di Matteo Renzi di introdurre una sorta di gettone di presenza anche per i parlamentari, così come accade per i consiglieri comunali? Non sarebbe meritocratico? «Renzi ogni giorno non perde occasione per dimostrare la sua profonda ignoranza: quello che lei chiama “gettone di presenza” esiste nel regolamento della camera sin dal 1948. Ogni giorno di assenza vengono detratti 250 euro. È veramente imbarazzante avere un Presidente del consiglio, non eletto, che non conosce i meccanismi parlamentari». Lo stesso non si potrà dire però della proposta di legge in Regione di cui è relatrice la faentina Manuela Rontini del Pd e dove la Lega Nord siede con i propri consiglieri, tra cui anche il faentino Andrea Liverani. «Non conosco nè la proposta nè la signorina Rontini – risponde il deputato del Carroccio – ma da quel che sento dire dai nostri rappresentati, in Regione è in atto una corsa a chi è più antipolitico tra Pd e 5stelle, forse perché sono espressioni della stessa area politica di sinistra e quindi pescano nello stesso bacino di voti. È una gara che non ci appassiona, ma se ci sono proposte serie per la riduzione dei costi della politica le valuteremo positivamente».

Alberto Pagani (Pd):
«Meglio sarebbe ragionare di come far assumere direttamente i collaboratori»

Del resto la prima legge regionale sulla riduzione dei costi ottenne l’unanimità, cosa che in Parlamento pare si sia ben lontani anche solo dall’immaginarla. Alberto Pagani, deputato Pd che non ha mai fatto nulla per guadagnarsi l’etichetta di “renziano” di nessuna ora, pur non essendo nemmeno chiaramente iscrivibile alla minoranza (per esempio, ha sempre difeso le ragioni del sì alla riforma del referendum) non riesce ad appassionarsi particolarmente al tema. Quando gli chiediamo della legge proposta dai grillini si limita a un: «È tornata alla commissione affari costituzionali appunto per essere discussa, ma io non ne faccio parte, e quindi non me ne occupo». In generale, ci spiega quali sono le sue perplessità sul progetto: «Forse sarebbe più serio fare come negli altri paesi e togliere dall’ammontare totale dello stipendio dei deputati la somma che va a finanziare il partito di appartenenza e che serve per pagare lo stipendio e gli oneri contributivi dei collaboratori. Negli altri Paesi i partiti sono finanziati dallo Stato e i collaboratori sono assunti e pagati direttamente dalle istituzioni, non dai singoli deputati. Se togliessimo queste cifre lo stipendio si ridurrebbe ben più della metà, e quello che risulterebbe nella busta paga corrisponderebbe ad un compenso reale. Sarebbe tutto più chiaro e trasparente, a mio parere».

Giovanni Paglia (Sinistra Italiana):
«Stipendio parificato a quello di un sindaco di un capoluogo di regione»

Una linea, quella di Pagani, per certi versi vicina a quella di Giovanni Paglia, eletto nelle file di Sel, oggi in via di scioglimento, e in prima linea nella costituzione di Sinistra Italiana (che è già anche un gruppo parlamentare). «Secondo noi sarebbe meglio che fosse la Camera ad assumere i collaboratori indicati dai parlamentari, in modo più chiaro e trasparente, così come vorremmo che non fossero monetizzati i rimborsi e la diaria. Meglio sarebbe, al momento dell’elezione, ricevere la chiave per una stanza in cui alloggiare e indicare chi si vuole assumere come collaboratore. Posto che sarei anche pronto a votarla, va detto che in realtà la proposta grillina rischia di incidere in modo davvero marginale sul costo della Camera e che si potrebbe e si dovrebbe intervenire, magari attraverso modifiche ai regolamenti, su altre voci che non sono stabilite per legge. Abbiamo proposto emendamenti durante la discussione del bilancio della Camera, quando si discute tutto. Il punto vero è che credo ci sia un’ipocrisia di fondo nella proposta grillina perché tagliando così poco, i parlamentari possono continuare a finanziare le iniziative politiche con la diaria. Ma io preferirei piuttosto reintrodurre un sistema di finanziamento pubblico ai partiti vero che non passi dai parlamentari, perché se a un certo punto sono solo i parlamentari a finanziare la forza politica, questi rischiano di diventarne i padroni, di finanziare solo le iniziative politiche che vogliono con un rischio per la democrazia interna. E indennità per i parlamentari pari a quelli di un sindaco di capoluogo di regione». Eppure anche Giovanni Paglia versa al partito una lauta parte dello stipendio. «È vero – risponde –, ma almeno partiti strutturati come noi o anche il Pd, a differenza dei 5 Stelle, hanno una tesoreria, i parlamentari versano e poi non decidono come vengono spesi. Diversa è una struttura dove invece appunto a decidere e a spendere possono essere solo gli eletti».

Andrea Maestri (Possibile):
«Si discuta la nostra proposta di legge già depositata per ridurre davvero costi e privilegi»
E anche Andrea Mestri, eletto nelle file del Pd da cui è fuoriuscito per poi entrare in Parlamento nel gruppo guidato da Pippo Civati, Possibile, fa distinguo importanti quando gli chiediamo un’opinione sulla legge proposta da Di Maio & Co. «È una proposta parziale e demagogica anche se la ratio è totalmente condivisibile – spiega il deputato ravennate, che è anche avvocato –. Non credo che sarà mai votata, non ci sono le condizioni dato l’arroccamento del Pd. Non prendo seriamente in considerazione la boutade di Renzi che si sta esercitando da tempo in un antiparlamentarismo d’accatto. Le forze politiche che hanno a cuore davvero una proposta rigorosa e seria dovrebbero votare la proposta di Possibile». Tra i punti salienti di questa proposta ci sono la parametrazione dell’indennità dei deputati allo stipendio dei docenti universitari al secondo scatto di carriera, la riduzione della parte forfetaria a 2mila euro, spese di alloggio per un massimo di 1.500 euro per chi alloggia fuori Roma, l’abolizione dei vitalizi e l’omologazione del sistema pensionistico al metodo contributivo e, tra le altre misure, è anche contemplato un contributo di solidarietà da parte di chi già ora incassa mensilmente gli assegni più alti.

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