Anche la Cgil di Ravenna si schiera per il No al referendum costituzionale

Il 15 novembre un incontro alla Sala D’Attorre di Casa Melandri

La Cgil di Ravenna organizza l’iniziativa pubblica “Le ragioni della Cgil per votare No al referendum costituzionale”. L’appuntamento è per martedì 15 novembre, alle 20,30, in sala D’Attorre in via Ponte Marino a Ravenna.

All’incontro prenderanno parte Alessandro Messina, docente di diritto e coordinatore del comitato Salviamo la Costituzione di Faenza, Monica Minozzi, dottoressa in giurisprudenza del Comitato Nazionale Anpi, Andrea Lassandari, docente universitario, e Vincenzo Colla, segretario generale della Cgil Emilia Romagna. Coordinerà l’incontro Costantino Ricci, segretario generale della Cgil di Ravenna.

«La Cgil – si legge in una nota – è contraria a quanto disposto dalla riforma perché introduce, senza migliorare la governabilità né il processo democratico, un rischio evidente di concentrazione dei poteri e delle decisioni: dal Parlamento al Governo, dalle Regioni allo Stato centrale. Sono molti i problemi e le criticità indicate dalla Cgil in merito al testo licenziato dal governo Renzi. In particolare il ruolo del nuovo Senato appare contraddittorio e irrisolto. Così come pensato dalla Riforma per composizione e funzioni, avrà difficoltà a svolgere l’auspicato e necessario ruolo di luogo istituzionale di coordinamento fra Regioni e Stato, essenziale a conciliare le esigenze di decentramento con quelle unitarie. Al Senato, infatti, non è attribuita congrua facoltà legislativa in tutte le materie che hanno ricadute sulle istituzioni territoriali e la sua stessa composizione non garantisce l’adeguata rappresentanza e rappresentatività di Regioni e autonomie. Altri temi non secondari che sono andati a determinare la bocciatura della Cgil riguardano due aspetti. La semplificazione del procedimento legislativo che si voleva ottenere, con il superamento del bicameralismo perfetto, è vanificata dalla moltiplicazione dei procedimenti previsti a seconda della natura del provvedimento in esame. I nuovi criteri, infine, per l’elezione degli organi di garanzia – presidente della Repubblica, giudici della Corte costituzionale di nomina parlamentare, componenti laici del Csm – rischiano di fare venir meno la certezza del bilanciamento dei poteri di cui la Costituzione deve essere garante, con la possibilità di determinare un restringimento del pluralismo e della rappresentanza delle minoranze».

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