Pini (Lega): «Dopo Brexit e Trump punto al triplete con la vittoria del no»

«Con il voto spazzeremo via una pessima riforma e consegneremo all’oblio il venditore di fumo Renzi»

ggggIn quella che Matteo Renzi senza forse troppa eleganza ha definito “accozzaglia del no” una parte cruciale è giocata anche dalle Lega Nord tra i cui protagonisti sul piano nazionale c’è il parlamentare ravennate Gianluca Pini a cui abbiamo rivolto una serie di domande, le stesse che abbiamo riservato anche a Giovanni Paglia di Sinistra Italiana (vedi sotto).
Dica la verità, quanto conta nel suo no la speranza di mandare a casa Renzi e quanto il merito della riforma?
«Visto che Renzi per primo si è voluto intestare l’onere di una sconfitta, è chiarissimo che il 4 si vota sia sul contenuto della riforma sia sul futuro del suo governo. Ritengo tuttavia che il voto, in prospettiva di una vera tenuta democratica del Paese, debba essere prevalentemente contro il tentativo di stravolgere garanzie costituzionali irrinunciabili sia per il singolo cittadino che per gli enti locali. Non sono ipocrita e non lo nascondo, la combinazione è molto intrigante: con un solo voto spazzeremo via una pessima riforma che vuole riportare ogni potere nelle mani di un centralismo romano e consegneremo definitivamente all’oblio il peggior venditore di fumo che la storia repubblicana ricordi. Guardi, mi sbilancio anche sull’esito: sono convinto della vittoria del NO, anche di larga misura. Ho già azzeccato sia la vittoria della Brexit che quella di Trump, punto al triplete…»
Cosa proprio non le piace della riforma Boschi? Il bicameralismo non è da superare?
«Non mi piace praticamente nulla, ad eccezione della riduzione del numero dei senatori, ma la cosa non basta a mitigare il resto: è un enorme pasticcio costituzionale che non semplifica nulla, incasina ancor di più la formazione delle leggi e toglie poteri agli enti locali, vero motore della gestione quotidiana della cosa pubblica. In merito al bicameralismo, certo che sarebbe da superare, il problema è che la Riforma Renzi-Boschi non solo non lo fa, ma lo complica in maniera incredibile, oltre a togliere ai cittadini ogni possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti. Ho troppo rispetto per il concetto di democrazia per accettare che dei senatori che dovrebbero rappresentare dei territori ben definiti siano scelti da una cerchia ristretta di persone, magari nel segreto di una segreteria di partito. Invito ogni lettore curioso a verificare ciò che dico andandosi a leggere l’attuale art. 70 della Costituzione e compararlo con quanto propone Renzi: passiamo da 2 a 50 righe di testo: alla faccia della semplificazione…»
Se ora passa il no, il rischio non è che per altri trent’anni almeno tutto resterà bloccato?
«Balle: chi dice ciò o è profondamente ignorante (e ne ho sentiti diversi di ignoranti patentati inventarsi costituzionalisti ultimamente) o è in malafede. Nel 1993 la costituzione venne ritoccata in alcuni articoli. Nel 2001 la costituzione venne profondamente modificata nel Titolo V e vennero introdotti alcuni elementi di federalismo, seppur timidi e con troppe contraddizioni, Nel 2005 noi cambiammo la costituzione assegnando molti più poteri alle Regioni ma gli stessi fenomeni di sinistra che oggi sbraitano che se non passa la Riforma casca il mondo pensarono bene di bocciarla, proprio con un Referedum. Nel 2009 sono state apportate modifiche sostanziali e infine nel 2014 e 2015 Renzi l’ha modificata (male, anzi, malissimo)…. Non mi pare sia cosi difficile cambiare una costituzione obsoleta se vi è la volontà di farlo in senso democratico. La prossima legislatura sarà quella buona a mio avviso: è chiaro a tutti (ma evidentemente non a Renzi) che per fare un bel lavoro certe riforme vanno fatte a larga maggioranza, non a colpi di voti di fiducia. Che nemmeno in Pakistan si sognano di fare. Dato che ci attendono sfide importanti come la revisione dei trattati Ue, sarà scontato modificare anche la costituzione: lo Stato nazionale ormai è fallito, si va sempre più verso un’Europa dei Popoli e l’attuale Costituzione è una gabbia troppo stretta. E con la riforma Renzi diventa ancor più stretta».
La imbarazza votare come Grillo o la sinistra di Paglia, ma anche come Bersani?
«No, nessun imbarazzo, come Lega siamo stati coerenti fin dal primo momento nel dire a chiare lettere che una modifica della Costituzione fatta a colpi di voti di fiducia nasconde solo rischi. Forse saranno in imbarazzo loro, dato che qualcuno di questi signori che mi ha citato ha sostenuto e votata la riforma per ben 5 volte. Ora, per fortuna, ammettono l’errore e fanno marcia indietro: meglio tardi che mai. Storia diversa per Grillo, al quale poco importa del contenuto della Riforma mentre cerca, legittimamente, di far cadere Renzi sperando in un voto a breve. Cosa che in tanti auspicano anche se temo che il sistema romano di potere non molli facilmente l’osso».
Cosa succede il 5 dicembre se vince il no?
«Le ripeto, vincerà il No, e di larga misura. Ma questo non determinerà nessun cataclisma, così come non è successo nulla di devastante con la Brexit o con Trump. Ci sarà forse qualche giorno di speculazione, ma i mercati cercano stabilità e Renzi, a prescindere dalla riforma, non è più in grado di darne. Gli allarmi del Financial Times e del WSJ, dopo le figure da peracottari fatte con Trump, sono poco meno che barzellette: solo un tonto del resto può pensare che il semplice fatto di cambiare la Costituzione dia fiducia ai mercati. Gli investitori li si attirano con sistemi fiscali e giudiziari seri e maturi, non certo con un Senato di autonominati che leccano i piedi al Premier di turno. L’unico dramma lo vivranno Renzi e i suoi ministri, anche se non tutti. Molti verranno riciclati con l’ennesimo governo tecnico che i soliti noti si preparano a varare con la scusa dello spread, della stabilità e della legge elettorale da cambiare (non dimentichiamoci che la consulta ancora non si è espressa). L’unica vittima il 5 dicembre, sarà Renzi; vittima della sua stessa arroganza».

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