Il renziano Fagnani: «Ravenna sia d’esempio per il Pd nazionale»

A tu per tu con il politico ravennate intervenuto all’assemblea generale del partito, dopo il controverso esito del referendum

FagnaniÈ stato l’unico dei ravennati a intervenire all’assemblea nazionale del Pd del 18 dicembre, l’infuocato primo incontro-scontro all’interno del partito dopo l’esito del referendum e le dimissioni di Matteo Renzi da premier. Roberto Fagnani, assessore comunale nella giunta De Pascale, è quello che si dice un renziano doc, della primissima ora, e tale è rimasto. Un’assemblea che è salita alla ribalta della cronaca anche per la famosa frase del renziano Roberto Giachetti a Roberto Speranza della minoranza che aveva votato no: «Hai la faccia come il culo» (in riferimento nello specifico al tema del Mattarellum ndr).

Assessore, cominciamo da qui. Come commento l’uscita di Giachetti?
«Sicuramente non posso approvare quei toni, ma nella sostanza… La notte del 4 dicembre abbiamo visto scene davanti alle quali è difficile far finta di niente: membri del Pd che brindavano per la sconfitta del proprio partito…»

Per il no c’erano anche illustri esponenti del partito ravennate, però.
«Sì, ma qui non si è visto nessuno brindare. Credo anzi che il modello Ravenna sia davvero da esportare perché qui, anche se ci sono visioni diverse, le persone ragionano con la propria testa e comunque non vengono meno alla lealtà verso il partito. E comunque, vorrei anche ribadire che qui il sì ha vinto, il partito di fatto si è compattato».

Durante il suo intervento ha dichiarato che secondo lei non si deve andare a congresso subito. Eppure, non è paradossale che Renzi si sia dimesso da premier (laddove non si votavano le politiche) e non da segretario del Pd dopo una sconfitta di una battaglia che era proprio del Pd?
«Non credo che un segretario debba dimettersi dopo l’esito di un referendum. Ed è vero che lui si è dimesso da presidente del Consiglio pur avendo la fiducia del Parlamento. Ma questo era quanto aveva annunciato. Sono per posticipare il congresso perché il rischio sarebbe quello di parlare tra di noi, mentre dobbiamo affrontare la campagna elettorale e parlare al Paese. E raccontare anche tutte le cose buone che in questi mille giorni sono state fatte e che la campagna sul referendum ha un po’ offuscato. Perché è vero che il sì ha ottenuto 13 milioni di voti, ma alle elezioni si riparte sempre da 0 a 0».

Il Jobs Act è una di queste buone cose?
«È una delle cose che possiamo correggere, così come la “Buona Scuola“, e per cui credo che possa arrivare un input importante dai territori. Sono contento che il segretario abbia detto di voler coinvolgerci di più, anche per quanto riguarda noi amministratori».

Cosa ne pensa delle parole del ministro Poletti sui giovani fuggiti all’estero per trovare lavoro che «ci saremmo tolti dai piedi»?
«È stata sicuramente una battuta infelice e di cui il ministro si è scusato. Credo che dobbiamo piuttosto cercare di capire e parlare ai giovani che non ci votano. Perché è sicuramente vero che dagli anni Novanta sulle nuove generazioni è stato scaricato un peso eccessivo».

ll congresso nazionale è rinviato a data da destinarsi. Quello comunale? Non doveva essere imminente l’elezioni di un nuovo segretario?
«Abbiamo voluto aspettare la fine della campagna del referendum, ma, come ho detto, credo che da dopo le feste si possa tornare a parlarne, come era stato annunciato quando Gianandrea Baroncini (attuale segretario, ndr) è entrato nella giunta di De Pascale».

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