La renziana Rontini: «La scissione ci condannerebbe alla sconfitta»

Parla la consigliera regionale: «In Comune a Faenza i franchi tiratori mi hanno ferita come i 101 di Prodi, ma resta una questione locale»

RontiniNon accenna a placarsi la tensione in casa Pd e anzi la scissione di una parte che fa riferimento all’ex segretario Bersani sembra ancora più vicina di qualche settimana fa. Momento cruciale è stata la direzione del partito di cui fa parte anche la renzianissima Manuela Rontini.Faentina, ex coordinatrice del Pd ravennate e oggi consigliera regionale dei dem è stata eletta nel 2014 con molti voti anche di cittadini del capoluogo nonostante la candidatura dell’assessore Ouidad Bakkali.

Le è piaciuto Renzi in direzione?
«Ho trovato la relazione di Matteo convincente e matura: ha preso atto della situazione attuale e, come chiesto da molti in queste ultime settimane, ha aperto la strada a un nuovo congresso, che dovrà essere l’occasione per tornare a parlare al Paese, facendo proposte per il futuro. Smettiamola di guardare al nostro ombelico: la nostra gente è stanca di questo sterile dibattito e ha ragione».

Non è però piaciuto alla minoranza. Il congresso effettivamente non rischia di essere una resa dei conti dove il vincitore pone tutte le condizioni?
«Sinceramente, posso dire di essere perplessa dalle dichiarazioni di alcuni componenti della minoranza? Prima volevano il congresso e ora dicono di no, prima dicevano che la fiducia al governo Gentiloni l’avrebbero data provvedimento per provvedimento e ora dicono che l’esecutivo deve arrivare a fine legislatura. Per carità, è legittimo cambiare idea ma mi sembra che ogni pretesto sia buono per arrivare a una resa dei conti, cosa che io non auspico».

Ma perché non lasciare che Gentiloni arrivi a scadenza e prendersi più tempo  per evitare la scissione?
«Le pare possibile fare una scissione sulla data (presunta) di un congresso? Detto questo, le cose non sono per forza collegate. Il Governo è in carica e ha il dovere di continuare a lavorare per combattere la precarietà, ricostruire il centro Italia, ridurre le diseguaglianze».

Ma lei teme la scissione?
«Anche solo evocarla, è un assist che facciamo ai nostri avversari. Le scissioni ci condannano inevitabilmente alla sconfitta e come centrosinistra dovremmo ricordarcelo… Non auspico nessuna scissione, ho sempre creduto in un grande partito plurale, riformista e popolare, che abbia come obiettivo il governo del Paese, per rispondere ai bisogni concreti dei cittadini».

Ma non è mancata un po’ di autocritica da parte di Renzi? E anche l’attenzione all’anima di sinistra del partito?
«Renzi si è dimesso il giorno dopo il Referendum: mi pare una bella autocritica… Forse anche alcuni dei suoi “collaboratori” avrebbero dovuto avere la stessa coerenza. Quando si governa, e non ci si accontenta di protestare o di dire no a tutto, è normale fare errori. Ora bisogna correggere le cose che non vanno. Ma mi sembra di poter affermare che la redistribuzione con gli 80 euro, i posti di lavoro creati, il record nella lotta all’evasione fiscale e la richiesta all’Europa di cambiare rotta sull’austerity siano politiche di sinistra».

Cosa immagina che succederà nel nostro territorio fino a pochi anni fa a maggioranza bersaniana?
«Auspico che anche questa volta ci confronteremo a viso aperto, con responsabilità e rispetto reciproco, sulle idee in campo, indipendentemente dai cognomi dei leader nazionali. Poi, chiunque vinca, tutti a dare una mano. Personalmente farò così».

Lei è di Faenza e lì pochi giorni fa, in consiglio comunale è mancato più volte il numero per eleggere il nuovo presidente, stiamo forse assistendo ai primi effetti della crisi interna al Pd sul territorio?
«I tre franchi tiratori del Consiglio comunale di Faenza mi hanno ferita allo stesso modo dei 101 di Prodi. Ma voglio pensare che le vicende politiche nazionali non c’entrino nulla. Mancano oramai tre anni alla fine del mandato del sindaco Malpezzi, faccio un appello a tutta la maggioranza a continuare a concentrarsi sulle grandi scelte che attendono la città, così come fatto in questi anni, senza cedimenti, dimostrando sempre grande compattezza. Dobbiamo guardare avanti, l’obiettivo è ritrovarsi insieme per immaginare la Faenza 2020».

Nel nostro territorio i beni immobili degli ex Ds oggi in mano a cooperative e fondazioni sono particolarmente consistenti. Secondo lei dobbiamo aspettarci una class action anche qui perché quei beni diventino del Pd?
«Faccio politica provando a occuparmi del mio territorio, della vita delle persone e delle imprese, non mi interessano i tesoretti delle fondazioni».

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